Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 40492 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 21/11/2019), n.30492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21526 – 2018 R.G. proposto da:

MINISTERO della GIUSTIZIA, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge.

– ricorrente –

contro

S.V.;

– intimata –

avverso il decreto n. 646/2018 della corte d’appello di Perugia;

udita la relazione in camera di consiglio del 5 giugno 2019 del

consigliere Dott. Abete Luigi.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso ex lege n. 89 del 2001 alla corte d’appello di Perugia depositato in data 7.9.2012 S.V. si doleva per l’irragionevole durata della procedura di espropriazione immobiliare nei suoi confronti intrapresa innanzi al tribunale di Cassino con pignoramento notificato il 20.11.1993 ed ancora pendente alla data di proposizione del ricorso per equa riparazione.

Chiedeva condannarsi il Ministero della Giustizia a corrisponderle un equo indennizzo.

Resisteva il Ministero della Giustizia.

Con decreto n. 646/2018 la corte d’appello di Perugia accoglieva la domanda e condannava il Ministero a pagare alla ricorrente la somma di Euro 6.500,00, oltre interessi, nonchè a rimborsare le spese di lite ai difensori anticipatari.

Reputava la corte che l’espropriazione “presupposta”, alla data di proposizione del ricorso ex lege “Pinto”, aveva avuto una durata irragionevole pari a tredici anni; che l’equo indennizzo poteva quantificarsi in Euro 500,00 per ogni anni di ritardo e quindi, nel complesso, in Euro 6.500,00.

Avverso tale decreto ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

S.V. non ha svolto difese.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del decreto impugnato per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., la nullità del decreto impugnato per omessa pronuncia.

Deduce che aveva ritualmente eccepito che l’eccessiva durata dell’espropriazione “presupposta” si era risolta a vantaggio della esecutata, chè nel corso della procedura ha conservato il possesso dell’immobile.

Deduce che la corte di Perugia ha al riguardo omesso ogni pronuncia.

Il primo motivo di ricorso va respinto.

E’ sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o dell’eccezione formulate dalla parte (cfr. Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. (ord.) 6.12.2017, n. 29191).

Evidentemente, allorchè la corte di merito ha dato seguito all’iniziale domanda ed ha condannato il Ministero alla corresponsione dell’equo indennizzo, ha implicitamente rigettato l’eccezione che la medesima parte pubblica aveva inteso sollevare.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2009, art. 2.

Deduce che ha errato la corte distrettuale ad opinare per la sussistenza del danno non patrimoniale.

Il secondo motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

E’ sufficiente il riferimento agli insegnamenti di questa Corte.

Ovvero all’insegnamento a tenor del quale il debitore esecutato rimasto inattivo non ha diritto ad alcun indennizzo per l’irragionevole durata del processo esecutivo che è preordinato all’esclusivo interesse del creditore, sicchè egli – a differenza del contumace nell’ambito di un processo dichiarativo – è soggetto al potere coattivo del creditore (cfr. Cass. 7.1.2016, n. 89).

Ovvero all’insegnamento a tenor del quale la presunzione di danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo esecutivo non opera per l’esecutato, poichè costui dall’esito del processo riceve un danno giusto, sicchè, ai fini dell’equa riparazione da durata irragionevole, ha l’onere di provare un suo specifico interesse alla celerità dell’espropriazione (cfr. Cass. 9.7.2015, n. 14382, ove si soggiunge che l’esecutato ha l’onere di dimostrare che l’attivo pignorato o pignorabile fosse “ab origine” tale da consentire il pagamento delle spese esecutive e da soddisfare tutti i creditori e che spese ed accessori sono lievitati a causa dei tempi processuali in maniera da azzerare o ridurre l’ipotizzabile residuo attivo o la restante garanzia generica, altrimenti capiente; Cass. (ord.) 7.5.2018, n. 10857).

In questi termini l’accoglimento della domanda di equa riparazione per nulla si giustifica.

E ciò tanto più che è fuor di contestazione non solo che S.V. – rimasta in questa sede intimata – non ha dato prova di un suo specifico interesse alla celerità dell’espropriazione, ma altresì che “la lungaggine del giudizio presupposto ha consentito alla ricorrente di lucrare un significativo vantaggio, consistente nell’aver beneficiato del possesso dell’immobile pignorato” (così ricorso, pag. 5).

Non vi era alcun margine quindi perchè nella fattispecie potesse reputarsi superata la presunzione di insussistenza di profili di danno non patrimoniale.

In accoglimento del secondo motivo di ricorso il decreto n. 646 dei 13.11.2017/6.2.2018 della corte d’appello di Perugia va dunque cassato.

Nulla osta, giacchè non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, a che la causa, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., sia decisa nel merito e quindi a che sia rigettato il ricorso ex lege n. 89 del 2001 proposto in data 7.9.2012 da S.V. alla corte di Perugia.

In dipendenza dell’accoglimento del ricorso S.V. va condannata a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del giudizio di merito innanzi alla corte di Perugia e le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).

PQM

La Corte così provvede:

accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione e nei limiti dell’accolto motivo il decreto della corte d’appello di Perugia n. 646 dei 13.11.2017/6.2.2018 e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso ex lege n. 89 del 2001 proposto in data 7.9.2012 da S.V. alla corte d’appello di Perugia;

rigetta il primo motivo di ricorso;

condanna S.V. a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del giudizio innanzi alla corte d’appello di Perugia definito con il decreto cassato, spese che si liquidano in Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito;

condanna S.V. a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio di legittimità, spese che si liquidano in Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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