Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 40491 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 21/11/2019), n.30491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.M.G., elettivamente domiciliata in Roma, via

Gavinana 1 (studio avv. Villa) presso l’avv. Antonella Comito, dalla

quale è rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al

ricorso, con indicazione per le comunicazioni relative al processo

del fax n. (OMISSIS) e della p.e.c.

caldarinicomito.avvocati.virgilio.it;

(AMMESSA P.S.S. 22/6/2017 DELIBERA CONS. ORD. AVV. ROMA)

– ricorrente –

nei confronti di

P.P., elettivamente domiciliato in Roma, via Trionfale

6551 presso l’avv. Maria Giovanna Ruo (p.e.c.

avvocato.ruo.pec.studioruo.com; fax n. (OMISSIS)), che lo

rappresenta e difende giusta procura consolare rilasciata presso

l’Ambasciata di Algeri il 6 dicembre 2017 n. 26/2017 depositata

unitamente al ricorso.

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1250/17 della Corte di appello di Roma emesso

il 26 aprile 2017 e depositato il 2 maggio 2017 R.G. affari civili

non contenziosi n. 51002/2016;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore consigliere

Dott. Bisogni Giacinto;

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Roma, con decreto in data 8-29 aprile 2016, ha revocato l’assegno di 700 Euro mensili, imposto, a carico del sig. P.P., dalla sentenza di divorzio dei coniugi P. e G., e destinato a contribuire al mantenimento del figlio R., nato il 18 giugno 1986. Il Tribunale ha contestualmente revocato l’assegnazione della casa familiare alla sig.ra G.M.G. mentre ha respinto la domanda di revoca o riduzione dell’assegno divorzile proposta dal sig. P. e la domanda riconvenzionale della G. intesa all’elevazione della misura dell’assegno divorzile, rimanendo assorbita quella di incremento del contributo al mantenimento del figlio.

2. La Corte di Appello di Roma, con decreto n. 1250/17, ha ripristinato l’assegno di mantenimento del figlio, riducendone l’ammontare a 350 Euro mensili, e l’assegnazione casa familiare alla sig.ra G.. Ha respinto la domanda di incremento a 400 Euro dell’assegno divorzile.

3. Ricorre G.M.G. proponendo sette motivi di impugnazione, illustrati con memoria difensiva, con i quali deduce omesso esame del documento da cui risulta la ripresa del rapporto di lavoro del P. come dipendente della Cooperativa CMC, azienda leader del settore delle costruzioni, con pienezza dello stipendio; l’omessa motivazione sulla determinazione dello stipendio del P.; la contraddittoria motivazione sulla (solo) temporanea diminuzione dello stipendio del P.; la contraddittoria motivazione circa l’arricchimento delle capacità professionali del figlio in seguito alla conclusione del percorso universitario e, nello stesso tempo, il rilievo della condizione di grave disagio personale che lo affligge; l’omesso esame della condizione economica della ricorrente e della richiesta di imporre al P. la contribuzione alle spese straordinarie del figlio nella misura del 50%; l’omessa valutazione del peggioramento delle condizioni di salute della ricorrente; la carenza di motivazione e l’omesso esame delle richieste istruttorie e in particolare della richiesta di accertamenti da affidare alla Guardia di Finanza circa la situazione reddituale del sig. P..

4. Si difende con controricorso il sig. P.P..

Diritto

RITENUTO

CHE:

5. Il ricorso è infondato. La Corte di appello ha ridotto l’assegno di mantenimento in relazione all’acquisizione da parte del figlio trentaduenne (nato il 18 giugno 1986) di una qualificazione professionale (laurea in archeologia conseguita nel 2013) e alla sua accresciuta possibilità di reperire un lavoro retribuito nonchè in considerazione dell’età raggiunta ma ha anche tenuto conto delle condizioni di salute (sindrome ansiosa-depressiva). La motivazione ha anche tenuto conto dell’incidenza della grave malattia che affligge la figlia minore del P. sulle sue condizioni personali e potenzialità lavorative. Si tratta di una valutazione di merito che non risulta in contrasto con i criteri giurisprudenziali in tema di mantenimento dei figli maggiorenni e in particolare con l’affermazione per cui la cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonchè, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, dal raggiungimento della maggiore età, da parte dell’avente diritto (cfr. Cass. civ. ord. 5088 del 5 marzo 2018). Si tratta pertanto di una motivazione che non si presta a censure motivazionali compatibili con il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Altresì fondata su una valutazione di merito, che non appare suscettibile di censure riconducibili al nuovo testo dell’articolo appena citato, è la statuizione di rigetto della domanda di parte ricorrente dato che la Corte di appello ha rilevato l’insussistenza o la irrilevanza di circostanze sopravvenute tali da giustificare la modifica delle condizioni del divorzio. Infine quanto alla domanda di modifica delle condizioni del divorzio con imposizione al sig. P. dell’obbligo di contribuire alle spese mediche e specialistiche non coperte dal SSN alle spese sportive e universitarie la motivazione della Corte di Appello rende evidente il rigetto della domanda in quanto i giudici dell’appello, per le ragioni anzi esposte, hanno ritenuto di rideterminare, diminuendolo, l’onere contributivo a carico del padre.

6. Il ricorso per cassazione va pertanto respinto con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione e attestazione della esenzione dall’obbligo di versare una ulteriore somma corrispondente all’importo del contributo unificato in applicazione del D.P.R. n.115 del 2002, art. 13, per ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.600, di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.

Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in cancelleria il 21 novembre 2019

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