Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 40487 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 21/11/2019), n.30487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2074-2018 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ORLANDO

PAOLO 11, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA BRECCOLOTTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CARMELA CALLA’;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

VINCENZO STUMPO, ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 592/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 29/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO

LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 29.6.2017, la Corte d’appello di Torino ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva revocato il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Cuneo aveva ingiunto all’INPS, quale gestore del Fondo di garanzia L. n. 297 del 1982, ex art. 2, di pagare a B.R. somme per TFR;

che avverso tale pronuncia B.R. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che B.R. ha depositato tardivamente memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo di censura, il ricorrente denuncia violazione degli artt. 115,116,645,647 e 650 c.p.c. nonchè degli artt. 2697,2727,2728 ss. c.c. ed altresì omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte di merito ritenuto che l’irregolarità della notifica del decreto ingiuntivo rendesse ammissibile l’opposizione tardivamente proposta dall’INPS avverso di esso, nonostante che l’Istituto avesse comunque avuto conoscenza della notifica, per come risultava dalla richiesta di visibilità del fascicolo telematico del procedimento monitorio presentata dai legali INPS;

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per “omesso esame dell’eccezione relativa alla nullità della notifica” (così il ricorso, pag. 17), per non avere la Corte territoriale valorizzato la conoscenza comunque acquisita del provvedimento monitorio da parte dell’opponente, che aveva implicato la sanatoria delle eventuali nullità concernenti la notifica;

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione degli artt. 115,116, e 650 c.p.c. nonchè degli artt. 2697,2727,2728 ss. c.c., per avere la Corte di merito ammesso l’opposizione anche oltre il termine di cui all’art. 650 c.p.c., comma 3, ancorchè si trattasse in specie di nullità e non di inesistenza della notifica e dunque l’opposizione non potesse proporsi decorsi dieci giorni dal pignoramento;

che i tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione delle modalità di formulazione delle censure rivolte all’impugnata sentenza, e sono inammissibili per difetto di specificità, riferendosi ad atti e documenti (richiesta di visibilità del fascicolo monitorio, notifica del decreto ingiuntivo, atti di esecuzione, ricorso in opposizione dell’INPS) che non sono stati trascritti nel ricorso, nemmeno nella misura necessaria a dare alle censure un non opinabile fondamento fattuale, in spregio al consolidato principio secondo cui il ricorrente, che denunci l’omessa o inesatta valutazione di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio in procedendo, è onerato, a pena di inammissibilità del ricorso, non solo della specifica indicazione del documento e della chiara indicazione del nesso eziologico tra l’errore denunciato e la pronuncia emessa in concreto, ma anche della completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti e dei documenti di cui lamenta l’omessa o inesatta valutazione, dal momento che il potere-dovere di questa Corte di esaminare gli atti processuali non esime la parte dall’onere di indicare puntualmente gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui richiede il riesame (cfr. fra le tante Cass. nn. 11738 del 2016, 19410 del 2015);

che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che sui liquidano in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 21 novembre 2019

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