Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 40486 del 21/11/2019
Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 21/11/2019), n.30486
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12175-2018 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati
CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, NICOLA VALENTE, MANUELA MASSA;
– ricorrente –
contro
C.G.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 659/2017 del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI
GOTTO, depositata il 19/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 18/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE
ALFONSINA.
Fatto
RILEVATO
CHE:
il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in sede di opposizione ad ATP ex art. 445 bis c.p.c., recependo gli esiti della CTU disposta d’ufficio che aveva accertato l’esistenza dal gennaio 2016 di un’invalidità assoluta a carico di C.G., affetto da “malattia di Parkinson in fase avanzata”, ha riconosciuto allo stesso il diritto alla pensione di invalidità dalla stessa data, avendo accertato la sussistenza dei requisiti di legge e l’assenza di cause d’incompatibilità; ha quindi condannato l’Inps ad erogare i ratei della prestazione già maturati, comprensivi di rivalutazione ed interessi;
l’inps chiede la cassazione della sentenza sulla base di un unico motivo, C.G. rimane intimato;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps deduce “Violazione e falsa applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 19 in relazione al D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 8”; contesta che alla data alla quale il giudice del merito aveva riconosciuto il trattamento pensionistico (1.01.2016), il richiedente aveva già superato i 65 anni (era nato il 12.04.1949), e dunque, era privo del requisito anagrafico per poter beneficiare dello stesso, potendo, semmai, godere del diverso istituto della pensione sociale;
il motivo è fondato;
con una decisione resa in un’ipotesi sovrapponibile (Cass. n. 8544 del 2018) questa Corte ha espresso un orientamento con cui, ricostruendo la normativa vigente (D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 8) in materia di requisiti per ottenere la pensione d’inabilità di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 12 e successive modificazioni, ha confermato che il beneficio di legge è concesso ai mutilati ed invalidi civili che abbiano un’età compresa tra il 18 e il 65 anno;
atteso che la sentenza impugnata ha riconosciuto a C.G. il diritto alla pensione di inabilità in epoca successiva al compimento del 65 anno, va affermato, dando continuità alla giurisprudenza di questa Corte, che il giudice dell’appello ha disatteso le sopra richiamate disposizioni normative;
in definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, mediante il rigetto della domanda originaria; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la sooccombenza;
in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria. Condanna C.G. al rimborso delle spese processuali in favore dell’Inps, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 2000 a titolo di compensi professionali per ciascun grado del merito, e di Euro 200 per esborsi ed Euro 2000 a titolo di compensi professionali per il giudizio di legittimità, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 18 giugno 2019.
Depositato in cancelleria il 21 novembre 2019