Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4045 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 16/02/2021), n.4045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7859-2015 proposto da:

D.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PORTUENSE

104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS,

rappresentato e difeso dagli avvocati ROSANNA PATTA, ENRICO VASSENA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ESTER ADA

SCIPLINO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A., (già BIPIESSE RISCOSSIONI S.P.A.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 382/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 04/11/2014 R.G.N. 177/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ELISABETTA PISTIS, per delega verbale Avvocato

ROSANNA PATTA;

udito l’Avvocato CARLA D’ALOISIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 4 novembre 2014, in riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava cessata la materia del contendere in ordine ai contributi di cui alla comunicazione di sgravio del 15 marzo 2005 e rigettava, per il resto, l’opposizione proposta da D.G. avverso l’iscrizione a ruolo per contributi dovuti alla gestione commercianti, per il periodo dal (OMISSIS) e relative somme aggiuntive, come da cartella esattoriale opposta, notificata il 23 gennaio 2001.

2. Per la Corte territoriale il trasferimento di sede della società, non comunicato all’INPS ai sensi del D.L. n. 352 del 1978, art. 2 convertito in L. n. 467 del 1978, non era opponibile all’ente previdenziale con la conseguenza che doveva ritenersi efficace, ai fini interruttivi della prescrizione, il sollecito di pagamento, datato 18 dicembre 1995, destinato alla sede originaria dell’azienda, circostanza non contestata seriamente dall’attuale ricorrente, con l’ulteriore conseguenza dell’applicazione, ratione temporis, della prescrizione decennale trattandosi di contributi maturati prima dell’entrata in vigore della L. n. 335 del 1995.

3. Avverso tale sentenza ricorre D.G., con ricorso affidato ad un motivo, cui resiste, controricorso, l’INPS.

4. Equitalia Centro Sud s.p.a., ora Agenzia delle Entrate Riscossione, è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con l’unico motivo, deducendo violazione del D.L. n. 352 del 1978, art. 2 convertito in L. n. 468 del 1978 e della L. n. 335 del 1995, il ricorrente si duole della rilevata inopponibilità all’INPS della modifica dell’indirizzo della sede e dell’idoneità ad interrompere la prescrizione della diffida mai ricevuta in quanto inviata presso sede da tempo inesistente, con effetti, quanto al regime prescrizionale, dell’applicazione della prescrizione quinquennale a decorrere dalla notificazione della cartella esattoriale.

6. Il ricorso è inammissibile.

7. La ratio decidendi della sentenza impugnata, incentrata sull’essere risultata non seriamente contestata (così nella motivazione della Corte territoriale) la circostanza del sollecito di pagamento datato 18 dicembre 1995 destinato alla originaria sede dell’azienda, non è stata affatto censurata dal ricorrente che svolge l’impugnazione esclusivamente in ordine agli effetti, meramente sanzionatori, della mancata comunicazione all’INPS della nuova sede e sull’irrilevanza agli effetti interruttivi della prescrizione.

8. In altre parole, per incrinare la statuizione il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di aver specificamente contestato la circostanza relativa al sollecito di pagamento nelle sedi di merito, svolgendo adeguatamente la censura in sede di legittimità.

9. Secondo il condiviso orientamento di questa Corte, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione; l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; in riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, (v., fra le altre, Cass., Sez. Un., nn. 16598 e 22226 del 2016, nonchè nn. 7074 e 19406 del 2017).

10. Segue, coerente, la condanna alle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo; non si provvede alla regolazione delle spese per la parte che non ha svolto attività difensiva.

11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

 

 

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