Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 40446 del 16/12/2021

Cassazione civile sez. I, 16/12/2021, (ud. 28/09/2021, dep. 16/12/2021), n.40446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25202/2020 proposto da:

T.A.A., rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro

Praticò, come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO del 16 luglio 2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2021 da FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Milano del 16 luglio 2020. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente T.A.A., proveniente dalla Sierra Leone, potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 con riferimento all’esame della domanda di protezione sussidiaria. E’ dedotto che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, era stato prospettato il timore di trattamenti inumani e degradanti a seguito di un possibile arresto, documentando l’allegazione con le COI relative al Sierra Leone. Con riguardo alla fattispecie di danno grave di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), poi, viene osservato che il giudice era onerato della verifica delle condizioni della regione di provenienza del richiedente asilo e che l’indicazione di alcune delle fonti citate risulterebbe essere confusa e priva di data, mentre il report di Amnesty International relativo al periodo 2019-2020 conterrebbe informazioni non pertinenti.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente ha riferito di essere un militante attivista del partito SLPP (Sierra Leone People’s Party): durante le elezioni comunali di Makeni vi erano state tensioni con esponenti di un’altra formazione politica i quali avevano tentato di ostacolare la campagna elettorale del SLPP; ne erano scaturiti incidenti e un successivo intervento della polizia che aveva proceduto all’arresto di diverse persone. Il ricorrente ha spiegato che, essendo ricercato e temendo di essere ristretto in carcere, aveva deciso di lasciare il paese.

Con riguardo al prospettato rischio del richiedente di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, il Tribunale ha osservato che “la situazione generale del Sierra Leone non vede una sistematica violazione dei diritti politici, ma un clima generalmente libertario”, osservando, in particolare, come “le pene comminate in caso di manifestazioni illegittime non appaiono sproporzionate”. Lo stesso Tribunale ha poi osservato che, nonostante l’odierno ricorrente avesse addotto di essere ricercato, non risultava a suo carico alcuna condanna.

Ora, il ricorrente, per un verso, si limita a contestare, in punto di fatto, l’accertamento compiuto dal Tribunale quanto al libero esercizio dei diritti in Sierra Leone, investendo così questa Corte di un giudizio che sfugge al sindacato di legittimità; per altro, verso l’istante mostra di non cogliere, nella sua completa estensione, la ratio decidendi dell’impugnata decisione, giacché nulla ribatte al dato, rimarcato dal giudice del merito, della mancata allegazione di condanne pronunciate nei suoi confronti.

Il motivo è poi carente della necessaria specificità con riguardo all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Sul punto, il Tribunale ha osservato come “(I)a situazione generale del paese, secondo le informazioni aggiornate, non presenta una generalizzata condizione di violenza indiscriminata” e ha menzionato le fonti informative da cui ha tratto il detto convincimento. Il ricorrente assume, che tali richiami non darebbero ragione della conclusione cui è pervenuto il Tribunale, ma manca di riprodurre, anche riassuntivamente, i dati informativi che contesta: in tal modo impedisce alla Corte di avere precisa contezza degli elementi fattuali che sottendono la censura.

2. – Col secondo mezzo viene lamentata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 35 del 2008, artt. 8 e 32, del D.Lgs. n. 286 del 198, art. 5, comma 6, artt. 2 e 10 Cost. e art. 8 CEDU, oltre che difetto di motivazione ex art. 111 Cost. nell’esame della domanda di protezione umanitaria. Si deduce che l’affermata inesistenza di un quadro di controindicazioni al rimpatrio del richiedente, con riferimento all’esame della richiesta di protezione umanitaria, sarebbe stata frutto di una valutazione non compiuta secondo i criteri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007 e dal D.Lgs. n. 25 del 2008.

Il motivo è inammissibile.

Esso pecca di genericità. Il Tribunale ha escluso che il rimpatrio esponesse il ricorrente a una condizione di rischio, richiamando, sul punto, quanto osservato nel trattare la domanda di protezione sussidiaria. Se è vero che il rigetto di tale domanda non esimeva il giudice dal verificare se le allegazioni e le acquisizioni istruttorie ad essa pertinenti potessero condurre all’accertamento di una condizione di vulnerabilità, rilevante in chiave di protezione umanitaria, è nondimeno da osservare che il dato, evidenziato nel decreto, della mancata allegazione di condanne penali dell’istante per i fatti occorsi in occasione della campagna elettorale non è state oggetto di considerazione nemmeno col secondo motivo. Ne’, ai fini della domanda protezione, potrebbero contare le condizioni generali del paese: anche a voler prescindere dal rilievo per cui il giudice del merito ha escluso che in Sierra Leone si attui una “sistematica violazione dei diritti politici”, è da ricordare che la situazione di vulnerabilità che qui rileva deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, perché altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, quanto piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (Cass. Sez. U. 13 novembre 2019, n. 29459 e Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione; Cass. 2 aprile 2019, n. 9304).

3. – Il ricorso è in definitiva inammissibile.

4. – Nulla deve disporsi in punto di spese.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della la Sezione Civile, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2021

 

 

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