Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4043 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 16/02/2021), n.4043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7539-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati dall’avvocato

PIERA MESSINA;

– ricorrente –

contro

M.R., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato STEFANO GIAMPIETRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 85/2014 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 11/12/2014 R.G.N. 88/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PIERA MESSINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello Trento, in riforma della sentenza del Tribunale, ha dichiarato l’illegittimità del diniego opposto dall’INPDAP, ora Inps, alla richiesta di prestito presentata il 17/7/2008 da M.R., dipendente della Provincia di Trento fino al pensionamento in data 1/9/2008.

La Corte ha esposto che l’Inps aveva rigettato la domanda in quanto la dipendente non era in attività di servizio e non aveva aderito al Fondo Credito Tesoro; che, tuttavia, dall’esame delle buste paga emergeva l’applicazione alla stessa di una ritenuta denominata Fondo credito tesoro; che tale circostanza era prova dell’avvenuta iscrizione automatica alla gestione autonoma delle prestazioni creditizie e sociali dell’Inpdap in virtù dell’iscrizione obbligatoria prevista per i pubblici dipendenti dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 242, 243, 244. Ha rilevato, inoltre, che l’appartenenza a detta categoria comportava che l’iscrizione alla gestione credito ai sensi del D.M. n. 45 del 2007, art. 2, comma 2, come modificato dal D.L. n. 159 del 2007, art. 3 bis decorreva automaticamente dal sesto mese successivo alla data di entrata in vigore di detta disposizione trattandosi di un trasferimento di gestione sia per i dipendenti sia per i pensionati e che neppure la carta di servizi Inpdap prevedeva la necessità di un’ulteriore istanza non prevista dal citato art. 3 bis.

Secondo la Corte, pertanto, alla data di presentazione della domanda, la ricorrente era in servizio ed era automaticamente aderente alla gestione credito ed ha continuato anche da pensionata in virtù dell’art. 3 bis citato che prevedeva una iscrizione sia per i dipendenti che per i pensionati, già aderenti alla gestione credito Inpdap, decorrente dal sesto mese dall’entrata in vigore del D.L. n. 159 del 2007 conv. in L. n. 222 del 2007, in vigore dall’1/12/2007 senza necessità di istanze ulteriori.

Infine la Corte ha precisato che, comunque, non era ammissibile un ordine di procedere al prestito in quanto l’erogazione era subordinata all’esistenza di disponibilità finanziaria.

2. Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un unico articolato motivo. Resiste la M..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. L’Inps denuncia violazione del D.M. n. 45 del 2007, art. 2 sostituito e modificato dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 3 bis conv. con L. n. 222 del 2007.

Censura l’affermazione della Corte secondo cui la M. aveva continuato ad essere iscritta al Fondo Tesoro anche successivamente alla cessazione del rapporto senza necessità di istanze ulteriori.

Rileva che con la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 347, ed il relativo regolamento di attuazione l’iscrizione alla gestione unitaria credito era stata estesa ai pensionati che fruivano del trattamento di quiescenza (in precedenza l’iscrizione cessava con il pensionamento) e ai dipendenti di enti ed amministrazioni pubbliche iscritti alla gestione Inpdap e che in base all’art. 2 del regolamento l’iscrizione era automatica.

L’Istituto ha poi rilevato che tale art. 2 era stato sostituito con il D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 3 bis conv. con modifiche nella L. n. 222 del 2007, in base al quale era prevista la possibilità per i dipendenti in servizio ed i pensionati di iscriversi con obbligo di versamento dei contributi previa comunicazione scritta all’Inpdap della volontà di adesione con la conseguenza che i pensionati, cessati dal servizio dall’1/6/2008, potevano chiedere prestazioni solo in forza di una domanda specifica di iscrizione all’atto del collocamento a riposo.

Il ricorrente ha quindi rilevato che la concessione del prestito alla ricorrente non era possibile in quanto collocata a riposo dall’1/9/2008 senza che avesse presentato la specifica domanda.

4. Il ricorso è infondato.

5. La Corte d’appello ha accertato che la ricorrente era iscritta alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali dell’Inpdap ed a conferma ha rilevato che dalle buste paga risultava che alla stessa negli anni 2007/2008 era stata applicata una trattenuta denominata Fondo credito tesoro pari allo 0,350 su 100, circostanza che provava tale avvenuta iscrizione.

Secondo la Corte il D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 3 bis convertito nella L. n. 222 del 2007, prevedeva sia per i pensionati sia per i dipendenti già aderenti alla gestione credito INPDAP, quale era la ricorrente, una iscrizione decorrente dal sesto mese successivo alla entrata in vigore del D.L. n. 159 del 2007 convertito in L. n. 222 del 2007. Secondo la Corte la norma non richiedeva alcuna ulteriore istanza.

5. Alla luce dell’inequivocabile affermazione della Corte territoriale che la M. era iscritta alla gestione unitaria delle prestazioni e che ciò trovava conferma nella corresponsione da parte della lavoratrice dello specifico contributo risulta invero del tutto superata anche ogni questione in diritto sollevata dall’Inps. Non emerge, tra l’altro, che le norme prevedessero particolari modalità di formulazione della domanda di iscrizione alla gestione e dunque l’accertamento effettuato dalla Corte, non censurato adeguatamente dall’Inps, consente di concludere per la bontà della domanda della M. effettuata, tra l’altro, dalla stessa allorchè era ancora in servizio e nella ricorrenza degli altri requisiti previsti dalla legge.

6. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna dell’Inps a pagare le spese di lite.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna l’Inps a pagare le spese di lite liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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