Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4042 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 16/02/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 16/02/2021), n.4042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2723-2015 proposto da:

G.G., nella qualità di erede di G.S.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. CUBONI 12, presso lo

studio dell’avvocato ANDREA GANGEMI, rappresentato e difeso

dall’avvocato G.G.;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MESSINA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 547/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 10/04/2014 R.G.N. 1660/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Messina ha rigettato la domanda proposta da G.G., quale erede di G.S., nei confronti del Comune di Messina ravvisando il difetto di legittimazione passiva del Comune sussistendo quella dell’Inpdap.

La Corte territoriale ha esposto che il defunto G.S. aveva prestato servizio presso il Comitato Provinciale del Patronato Scolastico di Messina dall’1/3/1950 al 21/2/1979 e, soppresso il Patronato, era transitato al Comune di Messina; che ai fini pensionistici non risultavano corrisposti contributi per 8 mesi avendo il Patronato regolarizzato un periodo inferiore e che l’Inpdap aveva provveduto al ricalcolo del trattamento pensionistico rapportato all’effettiva contribuzione corrisposta chiedendo, inoltre, la restituzione di Euro 4.098,91 corrisposte in più.

La Corte, qualificata la domanda del G. di restituzione di indebito previdenziale e di ricalcolo del trattamento pensionistico, ha ravvisato la legittimazione passiva dell’Inpdap rigettando la domanda formulata nei confronti del Comune.

2. Avverso la sentenza ricorre G.G. con tre motivi. Il Comune è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte erroneamente qualificato la domanda di indebito previdenziale e ricalcolo del trattamento pensionistico.

Osserva che la domanda fin dal primo grado era di riconoscimento del diritto al risarcimento del danno ex art. 2126 c.c. in conseguenza dell’accertata e non contestata omissione contributiva del Patronato per 8 mesi e della conseguente prescrizione dei contributi omessi e che il petitum era chiaro ed inequivocabile.

Lamenta che la Corte aveva violato l’art. 112 c.p.c. avendo emesso una pronuncia non soltanto oltre le pretese e le eccezioni, ma esorbitando dai limiti della qualificazione della domanda.

4. Con il secondo motivo denuncia nullità della sentenza, violazione dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui ha dichiarato la legittimazione dell’Inpdap e non del Comune. Osserva che il Comune in Tribunale aveva affermato che non avrebbe potuto assumere a suo carico gli effetti negativi dei ritardi imputabili ad altri enti e che pertanto nessuna responsabilità avrebbe potuto essergli ascritta.

Denuncia che nessun riferimento esisteva nella memoria del Comune all’Inpdap ed alla sua legittimazione passiva e che, anzi, il Comune non aveva mai dedotto la propria estraneità ai fatti, nè tantomeno il difetto di legittimazione passiva, con la conseguenza che sulla legittimazione passiva si era formato il giudicato e mai la Corte avrebbe potuto sollevarla d’ufficio.

5. Con il terzo motivo rileva che si era formato il giudicato anche sul periodo scoperto da contribuzione ed a seguito della ricongiunzione la gestione di destinazione era tenuta a rispondere di tutte le obbligazioni nascenti dal rapporto assicurativo, salvo rivalsa nei confronti delle altre gestioni.

6. Va accolto il secondo motivo restando assorbiti il primo ed il terzo.

7. Dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata risulta che il G. convenne in giudizio il Comune di Messina invocando la restituzione della somma di Euro 4.048,91 ed a titolo risarcitorio la differenza di trattamento pensionistico tra quanto percepito e quanto avrebbe dovuto percepire in ipotesi di corretto versamento dei contributi da parte dell’ex Patronato. Risulta, inoltre, che il Tribunale di Messina, argomentando nel senso che del fatto, pur senza sua colpa, dovesse rispondere il Comune, subentrato ex L. n. 1 del 1979 nei rapporti giuridici attivi e passivi del soppresso Patronato, accolse integralmente la domanda condannando l’ente territoriale alla restituzione a favore del G. della somma di Euro 4.048,91, oltre alla differenza tra quanto percepito e quanto avrebbe dovuto percepire a titolo di pensione.

Dalla sentenza impugnata risulta, inoltre, che il Comune di Messina in appello, allegando la sua totale assenza di colpa, si doleva del fatto di non potere essere tenuto a rispondere del fatto altrui e, dunque, di inadempienze dell’ex Patronato.

7. Il ricorrente ha riportato, altresì, la memoria difensiva del Comune in primo grado nella quale l’ente lamentava che non potessero ricadere su di esso gli effetti negativi di ritardi imputabili ad altri enti e che, pertanto, nessuna responsabilità avrebbe potuto essergli ascritta, senza alcun riferimento alla legittimazione passiva dell’Inpdap, nonchè il ricorso in appello nel quale ancora il Comune, senza alcun riferimento alla legittimazione, si doleva di essere stato condannato a pagare pur in mancanza di colpa anche perchè non dimostrata.

8. In sostanza risulta fondato, sulla base di quanto esposto nella sentenza impugnata, nonchè di quanto riportato dal ricorrente, ciò che è denunciato dal G. e che cioè il Comune non aveva mai dedotto nei gradi precedenti la propria estraneità ai fatti di causa o il proprio difetto di legittimazione passiva e che in particolare in appello, a fronte della condanna contenuta nella sentenza del Tribunale, non era stato opposto il difetto di legittimazione passiva.

9. Si deve dunque affermare che sulla legittimazione passiva del Comune di Messina risultava formatosi il giudicato ex art. 324 c.p.c., con la conseguenza che la Corte d’appello non avrebbe potuto sollevare d’ufficio il difetto di legittimazione passiva del Comune in contrasto con quanto risultante dagli atti di causa.

10. Per le considerazioni di cui sopra, in accoglimento del secondo motivo del ricorso in cassazione la sentenza deve essere cassata ed il giudizio rinviato alla Corte d’appello di Catania anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo, assorbiti il primo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Catania anche per la liquidazione delle spese di causa.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

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