Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4041 del 15/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 15/02/2017, (ud. 01/12/2016, dep.15/02/2017),  n. 4011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27591-2013 proposto da:

S.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SAN TOMMASO D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO

DIERNA, che 10 rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENATO

SPERANZONI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 32, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO

TAMBURRO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 52/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 29/05/2013 R.G.N. 141/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA TRIA;

udito l’Avvocato FABIOLA TROMBETTA per delega Avvocato RENATO

SPERANZONI e Avvocato ANTONIO DIERNA;

udito l’Avvocato LUCIANO TAMBURRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La sentenza attualmente impugnata (depositata il 29 maggio 2013) decidendo sugli appelli avverso la sentenza del Tribunale di Venezia n. 1126/2011: 1) accoglie l’appello principale di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (d’ora in poi: RFI) e, per l’effetto, respinge tutte le domande proposte da S.L. nel ricorso introduttivo del giudizio, diretto ad impugnare il licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla suindicata società; 2) rigetta l’appello incidentale condizionato del S..

La Corte d’appello di Venezia, per quel che qui interessa, precisa che:

a) con ordinanza dell’11 dicembre 2012 questa Corte, al fine di conoscere gli esiti del sopravvenuto procedimento penale pendente a carico del S., ha disposto la produzione in giudizio di documentazione attestante lo stato del giudizio penale e degli atti divulgabili posti in essere dopo gli atti di appello in oggetto;

b) la presente vicenda nasce da una indagine della Procura della Repubblica di Belluno nell’ambito della quale è stato contestato al S. il reato di peculato in danno di RFI per sottrazioni indebite di materiale ferroso presso il tronco lavoro di Belluno nel periodo 6 giugno 2005-28 febbraio 2007;

c) la società è venuta a conoscenza del potenziale carattere fraudolento del comportamento di alcuni dipendenti impegnati nello smaltimento del materiale ferroso (sull’intero territorio nazionale) solo quando in sede penale sono scattati sequestri e perquisizioni; pertanto devono ritenersi tempestive tutte le contestazioni, in applicazione della giurisprudenza di legittimità;

d) l’appello della RFI va accolto anche con riferimento alla violazione, da parte del S., delle norme regolamentari ferroviarie e delle regole di normale diligenza, essendo stato accertato che le norme regolamentari dell’epoca – poi sostituite con altre più dettagliate – comunque prevedevano che nelle operazioni di pesatura si dovesse rispettare il contraddittorio;

e) tale ultima indicazione stava a rafforzare il dovere di diligenza che i dipendenti dovevano rispettare, trattandosi di una operazione di vendita di materiale a peso, sicchè ancor meno si giustifica la condotta del S. senza che abbia alcun rilievo in contrario l’affermazione dell’interessato secondo cui egli avrebbe agito osservando le direttive del proprio superiore gerarchico;

f) peraltro, anche gli atti del procedimento penale di cui si è chiesta l’acquisizione – e a prescindere dall’opposizione a tale acquisizione del S. – confermano il carattere anomalo e poco corretto della condotta del dipendente;

g) nessun dubbio, infine, può nutrirsi sulla proporzionalità del licenziamento alla gravità del comportamento addebitato al S., idoneo a ledere in modo irreversibile il rapporto fiduciario con la datrice di lavoro.

2. Il ricorso di S.L. domanda la cassazione della sentenza per quattro motivi; resiste, con controricorso, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.

Entrambe le parti depositano anche memorie ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente precisato che il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza con motivazione semplificata.

1 – Sintesi dei motivi di ricorso.

1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

1.1. Con il primo motivo si denunciano: a) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione ed errata applicazione del principio di immediatezza di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 3 e 4, nonchè all’art. 61, comma 3 del CCNL 16 aprile 2003 per i settore delle attività ferroviarie; b) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, attinenti l’individuazione del momento in cui la società RFI è venuta a conoscenza – o avrebbe potuto farlo – degli illeciti disciplinari poi addebitati al ricorrente.

Si contesta l’affermazione di tempestività della contestazione affettuata dalla Corte d’appello, rilevandosi che la società datrice di lavoro era in possesso da subito di tutti gli elementi documentali necessari e sufficienti per accertare i fatti che sono stati oggetto della successiva contestazione.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, attinenti la violazione delle norme regolamentari ferroviarie e delle regole di normale diligenza.

Si sostiene che se la Corte territoriale avesse valutato adeguatamente la c.d. “Procedura operativa funzionale” sarebbe pervenuta alla conclusione della mancata violazione, da parte del S., di alcuna disposizione regolamentare ferroviaria.

Si aggiunge che la Corte veneziana, diversamente dal giudice di primo grado, non ha neppure considerato che il ricorrente ha sempre operato eseguendo diligentemente le istruzioni del proprio superiore gerarchico, M.M., sicchè, almeno dal punto di vista dell’elemento psicologico (buona fede), avrebbe dovuto escludersi qualunque responsabilità disciplinare del S..

1.3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del diritto di difesa, del principio del contraddittorio e del principio di autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale, per effetto della contestata decisione della Corte d’appello di acquisire gli atti del procedimento penale.

1.4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione del CCNL da applicare e, specificamente, del principio di proporzionalità della sanzione disciplinare di cui all’art. 2106 c.c., anche in relazione all’art. 52, comma 2 CCNL 16 aprile 2003 per il settore delle attività ferroviarie.

2 – Esame delle censure.

2. Il ricorso non è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.

3. In primo luogo va dichiarata l’inammissibilità di tutte le censure proposte direttamente o indirettamente sotto il profilo del vizio di motivazione perchè esse risultano prospettate in modo non conforme all’art. 360 c.p.c., n. 5 – nel testo successivo alla modifica ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile “ratione temporis”, visto che la sentenza impugnata è stata depositata il 29 maggio 2013 e, quindi, dopo il giorno 11 settembre 2012 – in base al quale la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente incomprensibili (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 9 giugno 2014, n. 12928).

Ciò si verifica per una parte delle censure proposte nel primo e per il secondo motivo nella sua integralità.

4. Il primo motivo, per la parte in cui si ipotizza una violazione di legge, è infondato.

4.1. Infatti, in base ad un consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte in tema di licenziamento disciplinare la regola di immediatezza (del licenziamento e della contestazione) va intesa in senso relativo, potendo essere compatibile con un intervallo di tempo, più o meno lungo, quando l’accertamento e la valutazione dei fatti richieda uno spazio temporale maggiore ovvero quando la complessità della struttura organizzativa dell’impresa possa far ritardare il provvedimento di recesso, restando comunque riservata al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustificano o meno il ritardo (vedi, per tutte: Cass. 10 settembre 2013, n. 20719; Cass. 12 gennaio 2016, n. 281; Cass. 9 novembre 2016, n. 22799).

4.2. La Corte territoriale si è uniformata a tale orientamento laddove ha affermato la tempestività di tutte le contestazioni in oggetto, sul rilievo secondo cui la società RFI è venuta a conoscenza del potenziale carattere fraudolento del comportamento di alcuni dipendenti impegnati – come il S. – nello smaltimento del materiale ferroso (sull’intero territorio nazionale) solo quando in sede penale sono scattati sequestri e perquisizioni;

Tale apprezzamento resiste alla censura in esame, essendo da considerare, oltre che conforme a diritto, sorretto da una motivazione del tutto congrua sotto il profilo logico e puntualmente riferita agli elementi del giudizio.

5. Il terzo motivo è inammissibile.

Infatti, è jus receptum che l’interesse all’impugnazione, che costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c. – debba essere apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile, alla parte, dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata, sicchè è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non abbia alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (vedi, ex plurimis: Cass. 11 luglio 2014, n. 16016; Cass. 16 marzo 2011, n. 6150; Cass. 25 giugno 2010, n. 15353; Cass. 23 maggio 2008, n. 13373; Cass. 28 aprile 2006, n. 9887; Cass. 26 luglio 2005, n. 15623; Cass. 27 gennaio 2006, n. 1755).

Nella specie si verifica proprio tale ultima evenienza in quanto il ricorrente non spiega in alcun modo come, in concreto, la decisione della Corte d’appello di acquisire gli atti del procedimento penale abbia leso il proprio diritto di difesa, nonchè il principio del contraddittorio e quello di autonomia del giudizio civile rispetto a quello penale e, quindi, non illustra quale sia nei suindicati termini – il proprio interesse ad impugnare tale decisione.

6. Il quarto motivo non è fondato.

La Corte d’appello è pervenuta alla conclusione della indubbia proporzionalità del licenziamento per giusta causa in oggetto alla gravità del comportamento addebitato al S. – dandone atto, con congrua motivazione – attraverso un’attenta valutazione da un lato della gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali erano stati commessi, alla loro reiterazione ed all’intensità dell’elemento intenzionale e quindi in conformità con i principi affermati al riguardo dalla consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte (vedi, per tutte: Cass. 4 marzo 2013, n. 5280; Cass. 16 ottobre 2015, n. 21017; Cass. 25 maggio 2016, n. 10842).

In tale valutazione la Corte territoriale ha, fra l’altro, posto l’accento sul fatto che per il compito che il lavoratore era chiamato a svolgere – operazione di vendita di materiale ferroso a peso, previa pesatura – il dovere di diligenza richiesto al dipendente era rafforzato e che doveva considerarsi irrilevante l’affermazione dell’interessato secondo cui egli avrebbe agito osservando le direttive del proprio superiore gerarchico, M.M. (peraltro, ugualmente licenziato, vedi Cass. 21 dicembre 2016, n. 26465).

3 – Conclusioni.

7. In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, Euro 3.000,00 (tremila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge e spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione lavoro, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2017

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