Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4037 del 20/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4037 Anno 2018
Presidente: FRASCA RAFFAELE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

ORDINANZA
sul ricorso 5176-2017 proposto da:
VI ALLI FABIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. G.
BELLI, 36, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO CESALL
rappresentato e difeso dall’avvocato MONICA CARLIN;
– ricorrente contro
ZURICH INSITRANCE PUBLIC LIMITED COMPANY, in persona
del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO
NIASSINIO N. 95, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PIERI
NERLI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
MARCO RODOLFI, FILIPPO MARTINI;
– controricorrenti nonchè contro

Data pubblicazione: 20/02/2018

(N\

FERRO VIENORD SPA, in persona del Direttore Generale,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, rappresentata e difesa
dall’avvocato NIARIANGELA RAO;

nonché contro
KUMMLER MATTER AG, in persona del legale rappresentante,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI CONCIATORI 3,
presso lo studio dell’avvocato LORETA UTTARO, rappresentata e
difesa dagli avvocati CHRISTOPH JENNY, SIMONA GALLO;
– intimati nonché contro
HYSA MEDIRE, HYSA LULZIME, HYSA ARJAN, HYSA
ERMIRA, HYSA ILIR, HYSI SHPE1TM, a mezzo della loro
procuratrice speciale BUZHIQI EGLANTINA, IMPRESA
PIZZAROTTI & C, SPA, FIORI STEFANO, LONARDONI
DARIO, ALONZI ROBERTO, REALE MUTUA
ASSICURAZIONI

SPA,

ZURICH

VERSICHERUNGS

GESELLSCHAFT \Ci;
– intimati avverso la sentenza n. 2986/2016 della CORTE D’APPELLO di
MILANO, depositata il 14/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 13/12/2017 dal Consigliere Dott. l\L\RCO
DELL’UTRL

Ric. 2017 n. 05176 sez. M3 – ud. 13-12-2017
-2-

– intimati –

rilevato che, con sentenza resa in data 14/7/2016, la Corte
d’appello di Milano, tra le restanti statuizioni, ha confermato la
decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato Fabio
Vialli, in solido con altri, al risarcimento dei danni subiti da Medire
Hysa, Lulzime Hysa, Arjan Hysa, Ermira Hysa, Ilir Hysa e Shpetim
Hysa in conseguenza del decesso del relativo congiunto, Ylber Hysa,

della propria attività lavorativa quale dipendente della società Heso
Herzog & Sonderegger s.a. (ora Kummler+Matter AG) per la quale il
Vialli esercitava le funzioni di direttore di cantiere e di responsabile
della sicurezza;
che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha
confermato la responsabilità del Vialli per l’inadempimento degli
obblighi inerenti la sicurezza dei lavoratori impiegati nella propria
azienda, a nulla rilevando la circostanza dell’eventuale assenza dello
stesso dal cantiere all’interno del quale il lavoratore aveva perduto la
propria vita, tenuto conto dei doveri di vigilanza e di custodia del
cantiere nella specie totalmente disattesi;
che, avverso la sentenza d’appello, Fabio Vialli propone ricorso
per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione;
che la Ferrovienord s.p.a., la Zurich insurance Public Limited
Company e la Kummler+Matter AG resistono con controricorso;
che nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;
che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla
proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis il
ricorrente ha presentato memoria;
considerato che, con il primo motivo, il ricorrente si duole della
nullità della sentenza impugnata, nonché della violazione degli artt.
156 c.p.c. e 9 legge n. 890/82 (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4
c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso di rilevare l’inesistenza
della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio,
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avvenuto in occasione della prestazione, da parte di quest’ultimo,

siccome consegnato in luogo diverso da quello di residenza del
convenuto, a nulla rilevando la successiva corretta destinazione della
comunicazione di avvenuto deposito (c.d. CAD) presso l’effettiva e
reale residenza dello stesso, attesa la radicale non sanabilità della
notificazione (non già nulla, bensì) inesistente, e, in ogni caso,
l’inapplicabilità dell’art. 156 c.p.c. in relazione alle notificazioni

cui all’art. 9 della legge n. 890/82;
che la censura è manifestamente infondata;
che, al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale, nel
ritenere sanabile, ex art. 156 c.p.c., la notificazione eseguita in luogo
diverso da quello dovuto (in ragione del collegamento obiettivo con la
persona del destinatario), si è correttamente allineata al principio,
fatto proprio dalla giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il
luogo in cui la notificazione viene eseguita non attiene agli elementi
costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua
individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun
collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della
nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia

ex tunc, o per

raggiungimento dello scopo (cfr. Sez. U, Sentenza n. 14916 del
20/07/2016, Rv. 640604 – 01);
che, sotto altro profilo, del tutto priva di fondamento deve
ritenersi la pretesa inapplicabilità del meccanismo di sanatoria di cui
all’art. 156 c.p.c. alle ipotesi di notificazioni effettuate ai sensi della
legge n. 890/82, trattandosi, con riguardo alla regola di cui all’art.
156, co. 3, c.p.c., di un principio di carattere generale, suscettibile di
trovare applicazione in ogni ipotesi di procedimento notificatorio (cfr.

ex plurimis, con riguardo alla notificazione a mezzo posta, Sez. 6 – 5,
Ordinanza n. 24823 del 05/12/2016, Rv. 642027 – 01);
che, peraltro, varrà considerare come parte ricorrente abbia del
tutto trascurato di svolgere qualsivoglia considerazione critica sulle
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effettuate a mezzo posta, attesa la previsione rimediale speciale di

ragioni della pretesa inidoneità allo scopo della notificazione del
recapito del secondo avviso, essendosi lo stesso limitato ad
argomentare la sola pretesa inapplicabilità dell’art. 156, co. 3, c.p.c.,
omettendo di specificare se il ricevimento della notizia della
notificazione, mediante il secondo avviso, gli abbia effettivamente
impedito di costituirsi tempestivamente in primo grado (circostanza

all’interessato – ferma la sanatoria della nullità – la strada della
richiesta di rimessione in termini ex art. 294 c.p.c.);
che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione dell’art. 4 del d.p.r. n. 547/55, nonché per
omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art.
360 nn. 3 e 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente
riconosciuto, in capo al Vialli, la qualità di direttore di cantiere e
responsabile della sicurezza sulla base di un piano di sicurezza
redatto dalla società datrice di lavoro che non risultava sottoscritto
dal medesimo Vialli, essendo stato quest’ultimo unicamente
incaricato, dalla propria società, dello svolgimento di sole prestazioni
di consulenza e assistenza tecnica;
che, con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in
relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale
erroneamente riconosciuto la responsabilità del ricorrente, in
relazione al decesso del lavoratore, senza approfondire l’esame del
carattere decisivo, sul piano causale, della condotta tenuta dallo
stesso lavoratore in occasione dell’incidente in cui perse la vita;
che entrambi i motivi illustrati dal ricorrente – congiuntamente
esaminabili in ragione dell’intima connessione della risoluzione delle
questioni dedotte – sono inammissibili;
che, al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, attraverso
le censure indicate (sotto entrambi i profili di cui all’art. 360, nn. 3 e
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che, in ogni caso, quand’anche negativa, avrebbe comunque aperto

5, c.p.c.), il ricorrente si sia sostanzialmente spinto a sollecitare la
corte di legittimità a procedere a una rilettura nel merito degli
elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i
limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’art.
360 n. 5 c.p.c. (nuovo testo) sul piano dei vizi rilevanti della
motivazione;

ricorrente risulta aver prospettato le proprie doglianze attraverso la
denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non già
della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate
(operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’art.
360, n. 3, c.p.c.), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del
ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto
il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé
incontroverso, insistendo propriamente il Vialli nella prospettazione di
una diversa ricostruzione dei fatti di causa (con particolare
riferimento all’esatta individuazione delle proprie mansioni all’interno
della società Heso e al ruolo causalmente rilevante del
comportamento del lavoratore in occasione della vicenda ch’ebbe a
condurlo al decesso), rispetto a quanto operato dal giudice a quo;
che, con riguardo al preteso vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., è
appena il caso di sottolineare come lo stesso possa ritenersi
denunciabile per cassazione, unicamente là dove attenga all’omesso
esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia
costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo
(vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso
della controversia);
che, sul punto, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt.
366, co. 1, n. 6, e 369, co. 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il
fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il
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dato, testuale o

che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, il

extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale
fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua
decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori
non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo
qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso
in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato

n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831);
che, pertanto, dovendo dunque ritenersi definitivamente
confermato il principio, già del tutto consolidato, secondo cui non è
consentito richiamare la corte di legittimità al riesame del merito della
causa, le odierne doglianza del ricorrente devono ritenersi
inammissibili, siccome dirette a censurare, non già l’omissione
rilevante ai fini dell’art. 360 n. 5 cit. (avendo il giudice a quo
comunque considerato – anche attraverso il richiamo delle
argomentazioni, fatte proprie, del giudice di primo grado – tanto il
valore probatorio del piano di sicurezza contestato, quanto il ruolo
causale del comportamento del lavoratore deceduto), bensì la
congruità del complessivo risultato della valutazione operata nella
sentenza impugnata con riguardo all’intero materiale probatorio, che,
viceversa, il giudice a quo risulta aver elaborato in modo completo ed
esauriente, sulla scorta di un discorso giustificativo dotato di
adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, senza incorrere
in alcuno dei gravi vizi d’indole logico-giuridica unicamente rilevanti in
questa sede;
che, sulla base delle argomentazioni sin qui indicate, rilevata la
manifesta infondatezza delle ragioni d’impugnazione proposte dal
ricorrente, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la
condanna del ricorrente al rimborso, in favore di ciascuna società
controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità,
secondo la liquidazione di cui dispositivo, oltre al pagamento del

conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte, Sez. U, Sentenza

doppio contributo ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n.
115 del 2002;

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore di
ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità,

spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro
200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile — 3, il 13 dicembre 2017.

residente
le Frasca

liquidate, per ciascuna parte, in complessivi euro 7.000,00, oltre alle

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