Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4036 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. I, 18/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 18/02/2011), n.4036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19591-2005 proposto da:

P.D.M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIOACCHINO BELLI 39, presso l’avvocato

SCIARRETTA FRANCO, rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA SIDER SUD S.A.S.;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CATANZARO, depositato il

09/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato D. PALERMO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Catanzaro, con decreto del 9.6.05, respinse il reclamo ex art. 26, L. Fall. proposto dall’avv. P.D. avverso il provvedimento con il quale il G.D. al Fallimento della Sider Sud s.a.s. aveva liquidato in complessivi Euro 58.501,37 le competenze professionali a lui spettanti per l’opera prestata in favore della procedura, così riducendo, ad istanza del curatore, la somma di Euro 108.47,35 precedentemente riconosciutagli per il medesimo titolo.

Il Tribunale, premesso che la causa patrocinata dall’avv. P. in nome e per conto del Fallimento aveva ad oggetto una domanda di condanna al risarcimento dei danni per 10 miliardi delle vecchie Lire, che era però stata accolta in 1^ grado limitatamente alla somma di Euro 170.000 e poi totalmente respinta in appello, affermò che il giudice delegato, riconoscendo al reclamante i massimi tariffari previsti per le cause comprese nello scaglione da 103.000 a 258.300 Euro, aveva fatto corretta applicazione degli artt. 5 e 6 della tariffa professionale (all’epoca) vigente, la quale prevede(va) che, nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente e del cliente può aversi riguardo al valore effettivo della controversia quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del c.p.c..

L’avv. P. ha chiesto la cassazione del provvedimento, affidandola a tre motivi di ricorso. Il Fallimento della Sider Sud non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Appare opportuno premettere che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento camerale ex art. 26, L. Fall., con cui il tribunale rigetta il reclamo contro il decreto del giudice delegato di liquidazione del compenso al difensore per l’assistenza prestata in giudizio alla curatela, è ricorribile in cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., siccome definitivo ed incidente su un diritto soggettivo (Cass. nn. 15671/07, 7782/07, 5905/04).

1) Con il primo motivo di ricorso, l’avv. P., denunciando vizio di violazione di legge, lamenta che il Tribunale non abbia dato seguito alla richiesta, da lui formulata all’udienza camerale, di acquisire la documentazione che egli aveva allegato all’originaria istanza di liquidazione (parere del Consiglio dell’Ordine relativo all’attività professionale svolta in favore della Sider Sud prima della dichiarazione di fallimento, provvedimento ammissivo del credito privilegiato di L. 175.000.000, provvedimento di chiusura dello stato passivo, fascicolo di parte dei giudizi di 1^ e 2^ grado con relative sentenze) e si duole, altresì, che del collegio decidente abbiano fatto parte il dr. C., ovvero il giudice che aveva emesso il provvedimento reclamato, e la d.ssa A., “collega della stanza accanto” del primo, “che cura tabellarmente le medesime incombenze professionali” (così, testualmente, alla pag. 7 del ricorso).

1.1) Il motivo si risolve in due distinte censure, la prima delle quali, volta a sindacare l’omesso esercizio da parte del giudice di poteri istruttori discrezionali, va più correttamente inquadrata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (non a caso, l’avv. P. non ha indicato la norma che il Tribunale avrebbe violato nell’ignorare la sua richiesta) e va dichiarata inammissibile, in quanto il ricorrente, dopo aver dedotto genericamente che la documentazione (non acquisita: n.d.r.) “era fondamentale “per contrastare” (?) le motivazioni esposte nel reclamo”, non ha minimamente illustrato il contenuto di tali motivazioni nè ha chiarito le ragioni per le quali l’esame dei documenti sarebbe stato decisivo ai fini dell’accoglimento del reclamo.

1.2) Parimenti inammissibile è la seconda censura, con la quale l’avv. P. rivendica il proprio “elementare diritto” ad ottenere una diversa composizione del collegio giudicante, senza però individuare alcun vizio di costituzione del giudice e senza neppure invocare la ricorrenza, nella specie, di un dovere di astensione dei componenti del collegio (la cui mancata osservanza, avrebbe, peraltro, potuto essere fatta valere esclusivamente mediante tempestiva e rituale istanza di ricusazione: cfr., da ultimo e fra molte, Cass. n. 10900/2010).

2) Va dichiarato inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, con il quale l’avv. P., denunciando la violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 25, L. Fall., deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, il provvedimento reclamato, che richiamava esclusivamente l’istanza del curatore, doveva ritenersi privo di motivazione o, comunque, fondato su una motivazione illogica e contraddittoria.

Infatti il difetto di motivazione, costituendo motivo di nullità del provvedimento che si converte in motivo di impugnazione (art. 161 c.p.c.), non assume autonoma rilevanza ai fini dell’accoglimento o del rigetto dell’impugnazione medesima, che deve comunque essere esaminata nel merito.

Il ricorrente è pertanto privo di interesse a sindacare un accertamento del giudice del reclamo (circa la sussistenza di una – sia pur sintetica – motivazione del decreto del G.D.) che non integra una delle ragioni sulle quali è fondata la decisione di rigetto.

3) Con il terzo motivo, l’avv. P., denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 1051 del 1957 nonchè del D.M. n. 585 del 1994, artt. 5 e 6 assume che la disposizione di cui all’art. 6 delle tariffe professionali all’epoca vigenti, secondo cui il valore della causa è determinato avendo riguardo alla somma attribuita alla parte vittoriosa, e non a quella domandata, si applica solo nel caso di accoglimento parziale della domanda, ma non in caso di suo rigetto. Anche tale motivo è inammissibile, per mancanza di riferibilità al decisum, in quanto il Tribunale, nel rigettare il reclamo, non ha fatto applicazione della disposizione che il ricorrente assume violata, bensì di quella diversa (contenuta al comma 2 e non al comma 4 dell’art. 6 delle tariffe forensi approvate col D.M. n. 585 del 1994) che prevede che nella liquidazione degli onorari a carico del cliente può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice civile.

Non v’è luogo alla liquidazione delle spese in favore del Fallimento della Sider Sud s.n.c., che non ha svolto difese.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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