Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4036 del 01/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4036 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: BUFFA FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso 23198-2011 proposto da:
REGIONE

AUTONOMA

FRIULI

VENEZIA

GIULIA

C.F.

80014930327, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
COLONNA 355, presso UFFICIO DISTACCATO DELLA REGIONE
FRIULI

2015

VENEZIA

GIULI,

rappresentata e difesa

dall’avvocato ROBERTO CRUCIL, giusta delega in atti;
– ricorrente –

5055
contro

RINALDI RICCARDO C.F. RNLRCR51P14A271Z;
– Intimato –

Data pubblicazione: 01/03/2016

Nonché da:
INALDI RICCARDO C.F. RNLRCR51P14A271Z, elettivamente
omiciliato in ROMA, VIA DI TRASONE 8, presso lo
e

studio dell’avvocato ERCOLE FORGIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato ERMANNO VENTURA, giusta delega
in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

REGIONE

AUTONOMA

FRIULI

VENEZIA

GIULIA

C.F.

80014930327, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
COLONNA 355, presso UFFICIO DISTACCATO DELLA REGIONE
FRIULI VENEZIA GIULI, rappresentata e difesa
dall’avvocato ROBERTO CRUCIL, giusta delega in atti;
controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 132/2011 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 09/03/2011 R.G.N. 270/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO BUFFA;
udito l’Avvocato VENTURA ERMANNO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine rigetto per entrambi
i ricorsi.

,..›)

,

23198/11

Regione Friuli – Rinaldi

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La corte d’appello di Trieste con sentenza del 9.3.2011, in
riforma della sentenza del 2.8.07 del tribunale della tessa

pagamento in favore del dott. Rinaldi della somma
complessiva di 100.397 euro, oltre accessori, a titolo di
?
danni da risoluzione unilatera14ncarico di direttore generale
(operato a seguito di ottemperanza a giudicato
amministrativo di annullamento di atto presupposto al
contratto).
In particolare, la corte territoriale ha confermato la
pronuncia appellata nella parte in cui

t-r-é-c-à- ravvisava

l’inadempimento della Regione al contratto stipulato tra le
parti e condannava la Regione al risarcimento dei danni (a
titolo di mancato guadagno, danno biologico e morale), ma
ha rideterminato l’ammontare del danno da mancato
guadagno in un importo minore rispetto a quello
riconosciuto in primo grado; ha infine condannato la
Regione al pagamento di metà delle spese di lite dei due
gradi di giudizio di merito.

Avverso la detta sentenza ricorre la Regione per tre motivi,
cui resiste con controricorso il Rinaldi che propone ricorso
incidentale per un motivo.
Il Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione
semplificata.

sede, ha condannato la regione Friuli Venezia Giulia al

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso principale si deduce:
1) Ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione degli artt. 1223 e 2043,
1338 e 2059, per aver affermato la responsabilità dell’ente

alcun danno non patrimoniale.
2) Violazione dell’art. 112 c.p.c., per extrapetizione in relazione
alla pronuncia sul danno per perdita di retribuzioni relative a
precedente rapporto lasciato dal ricorrente per assumere il
nuovo incarico poi revocato.
3) L’ingiustizia della condanna sulle spese dei giudizi di merito.

Occorre premettere che il ricorrente ha fatto presente di
aver impugnato in cassazione anche la sentenza non
definitiva n. 600/09 resa tra le parti sulla stessa questione e
nel medesimo giudizio. Con tale sentenza, la Corte triestina
ha ritenuto che il comportamento della Regione censurato
dal G.AN11 aveva indotto il Rinaldi ad abbandonare l’analogo
incarico già intrattenuto presso la ASL umbra, così da
perdere il compenso là fissato per la residua parte del
quinquennio di durata della funzione; ha quindi stabilito che
il pregiudizio dovesse essere determinato in relazione
all’entità dei compensi che il funzionario avrebbe percepito
nella costanza del rapporto di lavoro con l’Azienda Umbra.
Tale giudizio si è concluso con la sentenza Cass. n.
10255/14 che ha rigettato il ricorso, con conseguente
passaggio in giudicato della sentenza non definitiva n.
600/09.

Ciò posto, va rilevato che i primi due motivi del ricorso
principale sono inammissibili, in quanto voltcp a censurare

pur non essendo configurabile alcun danno risarcibile, né

\‘ aspetti già definiti dalla sentenza non definitiva ed oggetto
/

tdi specifica valutazione da parte di questa Corte nel giudizio
sopra richiamato avverso la detta sentenza non definitiva.
Il terzo motivo è invece da un lato inammissibile in quanto
volto ad ottenere un diverso regolamento delle spese in
ragione di motivi di impugnazione respinti dalla medesima
sentenza e qui riproposti inammissibilmente, dall ‘altro lato,
infondato, essendo il capo della pronuncia impugnato basato
sul criterio legale della soccombenza.
Con il ricorso incidentale si deduce, ex art. 360 n. 3 e5
c.p.c., violazione degli artt. 1223 e 2043 c.c., nonché vizio
di motivazione, per aver ridotto il danno risarcibile di
somme costituenti la remunerazione di una prestazione
comunque eseguita.
Il ricorso incidentale è infondato, in quanto il pagamento
della retribuzione riduce il danno subito dal lavoratore con
riferimento al medesimo periodo, a nulla rilevando che la
retribuzione sia il corrispettivo della prestazione lavorativa,
ciò che non esclude la correttezza della riparametrazione del
danno in relazione alla sua effettività.
Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza che essenzialmente è del ricorrente, ma vanno
compensate per metà in ragione dell ‘infondata proposizione
del ricorso incidentale.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta
l ‘incidentale; condanna il ricorrente al pagamento di metà
delle spese di lite, che si liquidano per l ‘intero in Euro

k

i cinquemila per compensi, Euro cento per spese, oltre

i

accessori come per legge e spese generali nella misura del
15%.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17
dicembre 2015.

,

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