Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 40353 del 16/12/2021
Cassazione civile sez. III, 16/12/2021, (ud. 16/09/2021, dep. 16/12/2021), n.40353
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 37759/2019 proposto da:
F.A., rappresentato e difeso dall’avv. Laura Baldassini, ed
elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima, in Monte
San Giusto, via Circonvallazione, n. 97/A;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello
Stato.
– intimato –
avverso il decreto n. 12498/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato
il 19/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
16/09/2021 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
Fatto
RITENUTO
Che:
1.- F.A. è cittadino del Pakistan. Ha raccontato di essere fuggito dal suo paese perché aveva intrattenuto una relazione con una ragazza, rimasta poi incinta, senza il gradimento della di lei famiglia, i cui parenti l’hanno costretta ad abortire ed hanno poi aggredito lui, ferendolo con un’arma da fuoco alla gamba: per evitare il peggio, è andato via.
2.- In Italia ha chiesto la protezione internazionale e quella umanitaria. Il Tribunale di Ancona ha ritenuto il racconto non verosimile; ha poi escluso che in Pakistan vi sia un conflitto armato generalizzato, ed ha ritenuto che il rimpatrio non compromette il godimento dei diritti fondamentali, che in Pakistan sono comunque garantiti.
3.- Ricorre F. con sei motivi. Il Ministero si è costituito tardivamente ma non ha notificato controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
5.- I motivi primo, secondo e quarto possono valutarsi insieme.
Denunciano violazione della L. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14.
Il ricorrente si duole del giudizio di inverosimiglianza che il Tribunale ha reso del suo racconto; ritiene che i giudici non hanno adeguatamente valutato la situazione del paese di origine, da cui avrebbero potuto ricavare elementi a favore della sua versione, desumibili dalla attitudine sociale verso i matrimoni avversati o forzati.
I motivi sono infondati.
Infatti, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto. Detta valutazione, se effettuata secondo i criteri previsti dà luogo ad un apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito, essendo altrimenti censurabile in sede di legittimità per la violazione delle relative disposizioni (Cass. 14674/ 2020).
Il Tribunale ha sia considerato la vaghezza che l’incoerenza del racconto, che infine l’omessa specificazione dei particolari della vicenda, e dunque ha seguito i criteri indicati dalla legge per la valutazione della credibilità del racconto.
Non può dunque ritenersi che la decisione ha violato le regole sul riparto probatorio in questi casi, addossando interamente l’onere della prova allo straniero: non v’e’ una affermazione di principio in tal senso, né di fatto il Tribunale ha deciso ritenendo sfornita di prova la narrazione del ricorrente: piuttosto l’ha ritenuto di per sé incoerente e lacunosa.
E cosi, non può ravvisarsi violazione del dovere di cooperazione istruttoria, che presuppone una completa allegazione dei fatti, e la difficoltà di ricostruirli pienamente, dunque il dubbio del giudice circa la verosimiglianza del racconto, e la valutazione che il ricorrente ha fatto lo sforzo dovuto, in base ai criteri suindicati, per una narrazione completa e plausibile.
6.- Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 251 del 2007, art. 14 e rimprovera al Tribunale di avere compiuto una parziale e non compiuta valutazione della situazione del paese di origine ed in particolare della regione di provenienza.
Il motivo è inammissibile.
Invero, “nel caso in cui il giudice di merito abbia reso note le fonti consultate mediante l’indicazione del loro contenuto, della data di risalenza e dell’ente promanante, il ricorrente che voglia censurarne l’inadeguatezza in relazione alla violazione del dovere di cooperazione istruttoria, è tenuto ad allegare nel ricorso le fonti alternative ritenute idonee a prospettare un diverso esito del giudizio. Diversamente, nel caso in cui il richiamo alle fonti sia assente, generico o deficitario nelle sue parti essenziali, è sufficiente la censura consistente nella deduzione della carenza degli elementi identificativi” (Cass. 7105/2021; Cass. 22769/2020).
Il Tribunale indica a pagina 3 le fonti per gli anni dal 2015 al 2017 in base alle quali ha escluso una situazione di conflitto armato generalizzato in Pakistan. Per contro, non risultano indicate fonti diverse e di segno contrario da parte del ricorrente.
7.- Il sesto motivo, infine, denuncia violazione della L. n. 286 del 1998, art. 5.
Ritiene il ricorrente che il Tribunale non ha compiuto la valutazione comparativa che gli era imposta, ossia la valutazione, da un lato, della integrazione del ricorrente in Italia, e dall’altro, della situazione del paese di origine. In particolare, non avrebbe tenuto conto del suo inserimento lavorativo, con un contratto a tempo indeterminato, e della frequenza di scuole di lingua.
Il motivo è fondato.
La decisione del Tribunale contiene una approfondita e motivata analisi della situazione del Pakistan, volta ad escludere che vi possa essere lì una violazione dei diritti umani ostativa al rimpatrio, ma trascura del tutto la considerazione dell’inserimento del ricorrente in Italia, documentato da contratto di lavoro e da altre esperienze.
La vulnerabilità, infatti, è ricavabile anche dal pericolo di perdere il livello dei diritti raggiunti, ossia il tipo di vita privata (art. 8 Cedu) costruita in Italia. A questo è finalizzato il giudizio di comparazione.
8.- Il ricorso va pertanto accolto in questi termini.
P.Q.M.
La Corte rigetta primo, secondo, terzo, quarto e quinto motivo. Accoglie il sesto. Cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Ancona, in diversa composizione anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 16 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2021