Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4035 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. I, 18/02/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 18/02/2011), n.4035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19383-2005 proposto da:

SANGIORGI LEGNAMI S.P.A. (p.i. (OMISSIS)), in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 24, presso

l’avvocato CARELLO CESARE ROMANO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DORI MARCO, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO AMSA S.R.L., in persona del Curatore Avv. B.A.,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA EUCLIDE 47 – PIANO 2^ –

INT. 4, presso l’avvocato LA PORTA CARLO FERRUCCIO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 330/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2010 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Fallimento della Amsa s.r.l., dichiarato il (OMISSIS) dal Tribunale di Verona, convenne in giudizio la Sangiorgi Legnami s.r.l.

per sentir dichiarare l’inefficacia ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2 e art. 67, comma 2, L. Fall. dell’atto – qualificato datio in solutum – con il quale, il (OMISSIS), la società poi fallita aveva restituito alla fornitrice Sangiorgi una partita di tavole di legno consegnatele tre mesi prima, del valore di 78.928.890 delle vecchie Lire (pari ad Euro 40.763,36).

Il Tribunale di Verona, con sentenza del 22.10.99, respinse entrambe le domande, rilevando che l’attore non aveva dato prova che l’atto impugnato costituisse atto solutorio anomalo anzichè, secondo quanto dedotto dalla convenuta, una restituzione dovuta a risoluzione consensuale per vizi della merce ed affermando che, in tale seconda prospettiva, in cui l’inefficacia avrebbe potuto essere dichiarata ai sensi dell’art. 67, comma 2 L. Fall., difettava la prova del presupposto soggettivo dell’azione.

La sentenza fu impugnata dal Fallimento della Amsa s.r.l. dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia La Corte, ammesse ed espletate le prove testimoniali richieste dalle parti, con sentenza del 21.5.05, ritenuta accertata la datio in solutum, accolse l’appello e dichiarò l’inefficacia dell’atto ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2, L. Fall., condannando la Sangiorgi a corrispondere all’appellante la somma di Euro 40.763,36 maggiorata degli interessi legali, nonchè le spese del doppio grado del giudizio.

La Corte affermò, a sostegno della decisione, che la restituzione di merci avvenuta dopo tre mesi dalla consegna, in assenza di contestazioni scritte e quando già erano inutilmente scaduti i termini per i primi pagamenti, costituisse di per sè indizio della sussistenza del negozio solutorio, poi confermato dalle dichiarazioni rese dall’ex curatrice del Fallimento Amsa, sentita come teste, che risultavano determinanti; che, per contro, nessuno dei tre testi indotti dalla Sangiorgi, che avevano tutti sostenuto che la merce era stata restituita in quanto viziata, appariva attendibile.

Sangiorgi Legnami s.p.a. ha chiesto la cassazione della sentenza, affidandola a due motivi di ricorso.

Il Fallimento della Amsa s.r.l. ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso Sangiorgi Legnami, denunciando carenza e contraddittorietà della motivazione, lamenta l’errato apprezzamento delle prove testimoniali da parte della Corte di merito. Rileva in proposito: che il giudizio di inattendibilità dei tre testi che essa aveva citato è fondato su circostanze del tutto irrilevanti a tal fine e talora meramente ipotizzate; che la Corte non ha tenuto conto della precisione e della concordanza delle dichiarazioni rese dai predetti testi ed ha invece, contraddittoriamente, ritenuto determinante la deposizione dell’ex curatrice del Fallimento Arrisa benchè quest’ultima (che si era limitata a verbalizzare quanto, all’epoca del suo incarico, riferitole dall’amministratore della fallita Ambrosi) avesse esordito precisando di non sapere “a cosa si riferisse in concreto” la frase, attribuita nel verbale all’amministratore, “le cose si mettevano male” sulla quale è basato l’intero impianto motivazionale della sentenza; che l’errato convincimento della Corte, secondo cui la lettera inviata ad essa Sangiorgi dall’Ambrosi il (OMISSIS), nella quale l’amministratore riconosceva l’esistenza dei vizi e dei difetti della merce resa, costituiva una contromossa studiata a tavolino all’indomani del ricevimento della lettera (OMISSIS) dell’ex curatrice, che preannunciava l’azione revocatoria, contrasta con il dato documentale costituito dalla dicitura “reso non conforme” stampigliata, in epoca non sospetta, sulle bolle di consegna del (OMISSIS); che, infine, non poteva stupire la mancanza di contestazioni per iscritto, posto che, come riferito dai testi, i vizi del legname erano stati immediatamente riconosciuti.

Il motivo è infondato e deve essere respinto. Costituisce principio di diritto costantemente enunciato da questa Corte che i vizi della motivazione posti a base del ricorso per cassazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o consistere in censure che investano la ricostruzione della fattispecie concreta o che siano attinenti al difforme apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione e dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvi i casi tassativamente previsti dalla legge (da ultimo, fra molte, Cass. nn.17901/010, 10657/010).

Ebbene, la Corte territoriale ha compiuto una completa disamina degli elementi probatori acquisiti agli atti, illustrando le ragioni per le quali ha ritenuto di dover dare decisivo rilievo alle dichiarazioni rese in sede testimoniale dall’ex curatrice – che trovavano conferma in un quadro fattuale e documentale che già di per sè deponeva per la sussistenza di un negozio solutorio anomalo – piuttosto che a quelle rese dei tre testi indotti dalla Sangiorgi, considerate inattendibili. La ricorrente non ha riportato integralmente le dichiarazioni in questione, sicchè difettando sul punto il requisito dell’autosufficienza del motivo, non può essere esaminata la censura di contraddittorietà della motivazione, per essere la stessa sostanzialmente fondata su una frase dell’amministratore della AMSA, verbalizzata dall’ex curatrice, il cui significato sarebbe stato posto in dubbio proprio da quest’ultima in sede testimoniale.

Non sono, d’altro canto, sindacabili nella presente sede di legittimità le motivazioni in fatto sulle quali la Corte di merito ha fondato il giudizio di inattendibilità dei testi A. e D., per essersi costoro fra di loro contraddetti e per aver l’uno fornito una versione della vicenda diversa da quella resa alla curatrice nell’immediatezza dei fatti e l’altro essere stato consulente amministrativo della fallita.

Può invece riconoscersi la fondatezza dell’assunto della ricorrente, laddove rileva che la Corte territoriale ha erroneamente desunto l’inattendibilità del teste N. da una circostanza meramente ipotizzata (ovvero che questi, agente della Sangiorgi, fosse tenuto allo star del credere) e comunque di per se stessa inidonea a porre in dubbio la veridicità della deposizione, ma (a parte il rilievo attribuito in sentenza, ai fini della ritenuta scarsa credibilità dei testi, anche alla mancanza di contestazioni scritte), resta che la Sangiorgi non ha chiarito perchè la testimonianza del N. risulterebbe, da sola, decisiva per capovolgere la decisione impugnata. Infine, ogni altra deduzione posta a sostegno del motivo si risolve nell’inammissibile pretesa della ricorrente di sostituire la propria valutazione delle risultanze probatorie a quella compiuta dal giudice a quo;

2) L’esame del secondo motivo (con il quale la ricorrente deduce che il diverso apprezzamento delle istanze istruttorie avrebbe dovuto condurre la Corte ad inquadrare la fattispecie sotto il profilo di cui all’art. 67, comma 2, L. Fall. ed a porre conseguentemente a carico del Fallimento l’onere di provare la sussistenza del presupposto soggettivo dell’azione), siccome subordinato all’accoglimento del primo, resta assorbito dal rigetto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in favore del Fallimento della AMSA s.r.l. in complessivi Euro 1.400, di cui Euro 1.200 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna la Sangiorgi Legnami s.p.a. a pagare al Fallimento della AMSA s.r.l. le spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.400, di cui Euro 1.200 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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