Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4034 del 19/02/2013
Civile Sent. Sez. 3 Num. 4034 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: VIVALDI ROBERTA
SENTENZA
sul ricorso 9827-2007 proposto da:
CICCARESE COSIMO, elettivamente domiciliato
In
ROMA,
VIA F.CORRIDONI 23, presso lo studio dell’avvocato
SABATELLI GIOVANNI, rappresentato e difeso
dall’avvocato DE PREZZO SANTO giusta delega in atti;
– ricorrente contro
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CREDITO EMILIANO S.P.A. 00766790356, in persona del
suo Presidente e leale rappresentante p.t. Dott.
GIORGIO FERRARI,
VIA BOEZIO
14,
elettivamente domiciliata in
presso
io
ROMA,
studio dell’avvocato
Data pubblicazione: 19/02/2013
LIBERTINI MARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato
SARDELLA GIORGIO giusta delega in atti;
– controricorrente
nonché contro
NACCI PIETRO nato a CEGLIE MESSAPICA il 25/07/1954,
–
intimati
–
avverso la sentenza n. 62/2006 del TRIBUNALE di
BRINDISI SEDE DISTACCATA di FRANCAVILLA FONTANA,
depositata il 20/02/2006 R.G.N. 374/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/01/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito l’Avvocato VINCENZO DE SENSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO RASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
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NACCI PIETRO nato a CEGLIE MESSAPICA il 04/06/1951;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Credito Emiliano spa propose appello, davanti al tribunale
di Brindisi sezione distaccata di Francavilla Fontana,
avverso la sentenza del giudice di pace di Ceglie Messapica del
27.6.2003, con la quale, autorizzata la sua chiamata di terzo
Nacci in proprio, era stato condannato al pagamento, sia della
somma richiesta in favore del Ciccarese, sia delle spese
giudiziali; contestando l’inammissibilità della domanda
proposta dal Nacci nei suoi confronti.
Il tribunale, con sentenza del 20.2.2006, accolse l’appello con
la condanna del Ciccarese e dell’avv. Pietro Nacci alla
restituzione delle somme rispettivamente dovute.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo Cosimo
Ciccarese.
Resiste con controricorso illustrato da memoria il Credito
Emiliano spa.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un motivo il ricorrente denuncia la
violazione e falsa
applicazione dell’art. 107 e 270 opc in relazione all’art. 360
n. 3 opc e omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione
in relazione all’art. 360 n.
5 opc.
3
nel giudizio fra Cosimo Ciccarese, Pietro Nacci e l’avv. Pietro
Contesta l’erronea qualificazione attribuita dal giudice di
merito alla chiamata in causa del Credito Emiliano spa, non ai
sensi dell’art. 106 c.p.c, ma degli art. 107 e 270 c.p.c.
Il motivo è manifestamente infondato.
E’ principio pacifico
nella giurisprudenza della Corte di
come nella specie -, quando il convenuto intenda chiamare in
causa un terzo ha l’onere di costituirsi nel termine di rito
ed, a pena di decadenza, farne esplicita richiesta nell’atto di
costituzione, chiedendo, nel contempo, il differimento della
prima udienza, a cui il giudice deve dar luogo anche nel caso
in cui lo stesso convenuto si costituisca direttamente alla
prima udienza e si renda necessario provvedervi in base
all’attività svolta dalle parti in tale udienza.
Al di fuori di dette situazioni processuali, al convenuto non è
consentito di invocare la chiamata in causa di un terzo
all’udienza successiva alla prima che eventualmente venga
celebrata, ostandovi la struttura concentrata e tendenzialmente
completa dell’udienza prevista dall’art. 320 c.p.c., tesa a
compendiare le fasi di trattazione preliminare, istruttoria e
conclusiva (Cass. 10.4.2008 n. 9350)
Inoltre, il rito seguito nel procedimento davanti al giudice di
pace è caratterizzato dal regime di preclusioni che assiste il
procedimento dinnanzi al tribunale, le cui disposizioni sono
pur sempre applicabili in mancanza di diversa disciplina; con
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legittimità che nel procedimento davanti al giudice di pace –
la conseguenza che il convenuto, che intenda chiamare in causa
un terzo, ha l’onere di costituirsi nel termine di rito e, a
pena di decadenza, di farne esplicita richiesta nell’atto di
costituzione, chiedendo il differimento della prima udienza
(Cass. 5.8.2005 n. 16578).
come correttamente ritenuto dal giudice
dell’impugnazione – la chiamata è avvenuta ben oltre il termine
perentorio di cui all’art. 269 c.p.c..
La sentenza impugnata,
infatti,
rileva che “Con l’atto
introduttivo del giudizio di primo grado, il Ciccarese nella
sua esposizione, aveva dato atto della esistenza del titolo in
esame presso la ex Banca Tamborrino S. Giovanni. Per tale
ragione il Nacci avrebbe dovuto proporre la chiamata di terzo
direttamente in comparsa di costituzione e risposta, atteso che
la necessità della stessa era sorta immediatamente dall’atto di
citazione”.
Afferma, quindi, il giudice del merito ” che l’autorizzazione
alla chiamata in causa della banca disposta dal giudice di
prime cure soltanto all’esito dell’attività istruttoria deve
reputarsi illegittima, non sussistendo alcun impedimento tale
da precludere la formulazione di detta richiesta, da parte del
Nacci, direttamente in comparsa di costituzione e risposta”.
Concludendo, correttamente:
” L’avere, nondimeno, il giudice
di pace autorizzato tale chiamata, e l’avere poi deciso in
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Su tali basi
senso sfavorevole al terzo ingiustamente chiamato, rende
pertanto illegittima la sua pronuncia giudiziale”.
La contestazione avanzata dal ricorrente secondo cui non si
tratterebbe di chiamata ad istanza di parte, ma
lussu ludicis è
priva di fondamento.
emessa all’udienza del 29.11.2002 dal giudice di pace – il cui
omesso esame è contestato al giudice di appello al fine di
lussu ludicis –
fondarne la tesi della chiamata
il che di per
sé già comporterebbe l’inammissibilità del motivo -, nonchè dei
diversi verbali di causa cui fa cenno la resistente nel suo
controricorso e che legittimano l’ipotesi della chiamata ad
istanza di parte, sta di fatto che il tenore della stessa
ordinanza – riportato in controricorso e non contestato – è il
seguente: “Il GDP dato atto di quanto sopra autorizza il
convenuto Nacci alla chiamata in causa della Banca Credem
Emiliano, già Banca Tamburrino S. Giovanni e rinvia la
causa_.”.
Il tenore letterale dell’ordinanza toglie qualsiasi dubbio
sulla natura della chiamata in causa autorizzata ( ai sensi
dell’art. 106 c.p.c.) e non disposta (ai sensi dell’art. 107
c.p.c.).
La stessa sentenza impugnata nella parte espositiva dà atto che
” il giudice di pace di Ceglie Messapica aveva autorizzato la
chiamata di esso appellante,
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Al di là, infatti, della mancata riproduzione dell’ordinanza
Inoltre, a togliere qualsiasi residuo dubbio sta la motivazione
riportata che, nel ritenere tardiva la richiesta di chiamata
in causa del terzo non formulata nella comparsa di costituzione
e risposta, mostra chiaramente che in discussione è soltanto il
tema della tardività di una chiamata in causa ai sensi
Conclusivamente, il ricorso è rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e,
liquidate come in
dispositivo in favore della resistente, sono poste a carico del
ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese in favore della resistente, che liquida
in complessivi C 1.700,00, di cui 1.500,00 per compensi,
oltre accessori di legge.
Così deciso il 15 gennaio 2013 in Roma, nella camera di
consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione.
dell’art. 106 c.p.c..