Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 40332 del 16/12/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2021, (ud. 30/09/2021, dep. 16/12/2021), n.40332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31513-2020 proposto da:

S.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA

della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA

SCHERA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 12959/2019 del TRIBUNALE di TORINO,

depositato il 20/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE

CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, S.O., cittadino senegalese, ha adito il Tribunale di Torino impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria. Il ricorrente, di religione musulmana, riferiva di aver lasciato il suo Paese a seguito di una relazione avuta con una ragazza cristiana dalla quale aspettava un figlio. Detta relazione era stata contrastata sia dalla famiglia del richiedente, sia dalla famiglia della giovane, che pretendeva la conversione al cristianesimo del ricorrente e aveva minacciato di farlo arrestare. Il Tribunale ha ritenuto che non fosse credibile il racconto del richiedente e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, avuto riguardo anche alla situazione generale del Senegal, descritta con l’indicazione delle fonti di conoscenza; non ha riscontrato, inoltre, profili di vulnerabilità in capo al ricorrente, né ha ritenuto che le attività documentate fossero idonee a fondare il riconoscimento della protezione umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto propone ricorso per cassazione S.O., svolgendo due motivi. L’Amministrazione dell’Interno ha depositato tardivamente atto di costituzione, al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

3. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del giorno 30 settembre 2021 ai sensi dell’art. 380bis c.p.c..

4.1 motivi sono così rubricati: “I. Errores in judicando: violazione e falsa applicazione di diritto dei principi e delle norme di diritto in materia: Violazione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, art. 2, 3, 5,14 e 28; Violazione dello spirito e del contenuto della Convenzione di Ginevra del 1951; Violazione della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, art. 3, Violazione artt. 2 e 10 Cost. e TUI D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19; Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2005, art. 2, lett. f e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35bis così come modificato dalla L. n. 46 del 2017 cpc e Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b e art. 2, lett. g e D.P.R. n. 21 del 2015, art. 14, comma 4; Violazione D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11, comma 1, lett. c) ter; Violazione dei principi espressi nella Sentenza Cass. SS. UU 27310/2008 per il riconoscimento della protezione sussidiaria (capo A) e della protezione umanitaria anche in relazione al TUI D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 4bis (capo B); Violazione della CEDU 28.02.2008 ric. N. 37201 Saadi c/ Italia- in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; II. Carenza di istruttoria e motivazione”. Con il primo motivo il ricorrente censura la valutazione espressa dal Tribunale sulle condizioni del Senegal, che, ad avviso del ricorrente, presenta una generale situazione di insicurezza e di insufficiente rispetto dei diritti umani, richiama il principio di attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente, correlato ai doveri istruttori ufficiosi che assume inadempiuti, nonché deduce che in base alle COI consultate è dato constatare la suddetta situazione. Con il secondo motivo lamenta la carenza di motivazione del provvedimento impugnato ai fini del riconoscimento di tutte le forme di protezione e la mancata considerazione delle condizioni del paese di origine ai fini della valutazione del rischio di rimpatrio, anche a causa del repentino abbandono di una situazione di vita stabile.

5. I motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

5.1. Occorre ribadire che nei giudizi aventi ad oggetto l’esame di domande di protezione internazionale in tutte le sue forme, nessuna norma di legge esonera il ricorrente in primo grado, l’appellante o il ricorrente per cassazione, dall’onere – rispettivamente – di allegare in modo chiaro i fatti costitutivi della pretesa; di censurare in modo chiaro le statuizioni del giudice di primo grado; e di assolvere gli oneri di esposizione, allegazione ed indicazione richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6 (tra le tante Cass. 28780/2020).

5.2. Il ricorrente svolge deduzioni generiche ed astratte, prive di specifica critica al decisum e di precisa attinenza al caso concreto, difettando il ricorso anche dell’esposizione sommaria dei fatti di causa ex art. 366 c.p.c., n. 3. Il Tribunale ha argomentato tanto sul giudizio di inattendibilità della vicenda personale addotta a motivo di fuga, non censurato affatto in ricorso, quanto sulle condizioni del Senegal, indicando in dettaglio le fonti COI consultate (del 2020 -pag.7 decreto impugnato) e rispetto a dette argomentazioni le censure non si confrontano. Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione idonea, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui al citato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b), in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento, e non vi è ragione di attivare il dovere di cooperazione istruttoria ufficiosa in ordine a quelle forme di protezione (tra le tante Cass. Cass..27336/2018; Cass. 16275/2018; Cass.16925/2018 e Cass. 14283/2019).

5.3. Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 32064/2018 e Cass. 30105/2018). Nel caso di specie il Giudice territoriale, con motivazione adeguata ed indicando le fonti di conoscenza (del 2020; cfr. pag.n. 7 del decreto impugnato), ha analizzato la situazione politica del Paese ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nel Paese di origine del ricorrente.

Le doglianze si sostanziano, per contro, in generiche deduzioni, neppure precisando il ricorrente di aver allegato nel giudizio di merito fonti diverse o più aggiornate sulla situazione del suo Paese ai fini che qui interessano (Cass. 899/2021), a confutazione di quelle in dettaglio richiamate nel decreto impugnato.

5.4.Con riguardo alla domanda di protezione umanitaria, parimenti il ricorrente svolge deduzioni astratte e generiche, richiamando la normativa di riferimento, la giurisprudenza di questa Corte e dolendosi del mancato esercizio dei poteri ufficiosi, senza nulla specificamente dedurre in ordine a fattori di integrazione o ad elementi individualizzanti di vulnerabilità di rilevanza ai fini che qui interessano. Il Tribunale ha effettuato il giudizio di comparazione (pag. 9 decreto impugnato) nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019), ha ritenuto non dimostrato l’effettivo radicamento del richiedente in Italia, pur considerando le attività formative e di volontariato allegate e dimostrate, ed ha escluso la sussistenza in concreto di profili di vulnerabilità. Infine va ribadito che la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sé inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

La doglianza, in conclusione, in parte difetta di specificità e in parte si risolve anche in un’inammissibile richiesta di riesame del merito.

6. La natura delle censure proposte dal ricorrente, che giustifica la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in applicazione del criterio della “ragione più liquida”, esclude la necessità di soffermarsi, in questa sede, sulla questione relativa all’invalidità della procura ad litem per mancanza di certificazione della data di rilascio, risolta in senso affermativo da una recente pronuncia di questa Corte (cfr. Cass., Sez. Un., 1/06/2021, n. 15177) e su quella, successiva, di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 (cfr. Cass., Sez. III, 23/06/2021, n. 17970).

7. Nulla si deve disporre in ordine alle spese del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2021

 

 

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