Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4033 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. I, 08/02/2022, (ud. 04/06/2021, dep. 08/02/2022), n.4033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22233/2020 r.g. proposto da:

S.M., (cod. fisc (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale allegata al ricorso, dall’Avvocato Paola Urbinati,

con cui elettivamente domicilia in Roma, alla Via Muzio Clementi n.

51, presso lo studio dell’Avvocato Valerio Santagata;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI BOLOGNA depositato il 16/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 04/06/2021 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M., nativo del (OMISSIS), ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Bologna del 16 luglio 2020, reso nel procedimento n. 12118/2018, reiettivo della sua domanda volta ad ottenere una delle forme di protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria; rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari). Il Ministero dell’Interno non si è costituito nei termini di legge, ma ha depositato un “atto di costituzione” al solo fine di prendere eventualmente parte alla udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1.

1.1. Quel tribunale ritenne: i) i fatti narrati dal richiedente (che aveva riferito di essere lasciato il proprio Paese per cercare un lavoro e migliori condizioni di vita, anche al fine di fare fronte a problemi economici della propria famiglia indebitatasi con usurai), inidonei ad integrare i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b); ii) insussistenti, nel (OMISSIS), le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c) dell’appena menzionato D.Lgs.; iii) indimostrati, né dedotti, eventuali fatti o accadimenti giustificativi dell’invocato rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’Interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosene il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (cfr. Cass. n. 5400 del 2006). Anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c. (introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. n. 196 del 2016), alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370 e 366 c.p.c., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. Cass. n. 10813 del 2019; Cass. n. 16261 del 2012; Cass. n. 5586 del 2011).

2. I formulati motivi denunciano, rispettivamente:

I) “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b), per omesso esame di un fatto decisivo, ovvero le dichiarazioni circa le minacce subite”, ascrivendosi al tribunale di non aver preso in considerazione, ai fini della protezione D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b), le subite minacce riferite dal ricorrente;

II) “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e precisamente, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 in relazione all’obbligo di assumere ufficiosamente le informazioni sulla incapacità di tutela degli organi dello Stato”, contestandosi il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria per non avere il richiedente dimostrato di essersi rivolto alle Autorità del proprio Paese per ottenere protezione;

III) “Nullità del decreto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per motivazione perplessa (il sig. S. viene ritenuto credibile, ma anche non credibile per non aver portato prove documentali in relazione alla domanda di protezione umanitaria”, censurandosi il rifiuto del permesso di soggiorno per motivi umanitari fondato su argomentazioni asseritamente inconciliabili.

3. Tali doglianze sono complessivamente inammissibili, risolvendosi, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo, cui il ricorrente intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio motivazionale e/o di violazione di legge, una diversa valutazione, totalmente obliterando, però, da un lato, che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (formalmente invocato dal S. con il primo motivo), nel testo, qui applicabile ratione temporis (essendo stato impugnato un decreto decisorio reso il 16 luglio 2020), modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (cfr. Cass. n. 395 del 2021, in motivazione; Cass., SU, n. 16303 del 2018, in motivazione; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015), sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, Cass. n. 4477 del 2021, in motivazione; Cass. n. 395 del 2021, in motivazione, Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017); dall’altro, che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. Cass. n. 16700 del 2020).

3.1. In proposito, infatti, è sufficiente rimarcare che il tribunale bolognese: i) ha escluso che la vicenda riferita dal ricorrente – che aveva raccontato di aver lasciato il proprio Paese sostanzialmente per motivi economici – fosse riconducibile ad una fattispecie persecutoria suscettibile di giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato o che potesse configurarsi una ipotesi di rischio di danno grave individualizzato D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b). Tali conclusioni si rivelano ampiamente coerenti con il suddetto parametro normativo, rendendo, così, irrilevante, su questi specifici aspetti, l’effettiva situazione socio politica della sua zona di provenienza; ii) ha precisato che la parte del racconto del S. afferente pretese minacce ricevute dagli usurai cui si era rivolto per ottenere in prestito denaro, non erano integralmente credibili, adeguatamente spiegandone le ragioni. In proposito, è sufficiente ricordare che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (cfr., ex multis, Cass. n. 7112 del 2021; Cass. n. 6191 del 2020, in motivazione; Cass. n. 32064 del 2018; Cass. n. 30105 del 2018), il quale deve ponderare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in Cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (tutte fattispecie qui insussistenti), dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr., nel medesimo senso, Cass. n. 18550 del 2020; Cass. n. 17539 del 2020; Cass. n. 3340 del 2019). Nella specie, la semplice lettura del decreto oggi impugnato, nella parte in cui ha negato l’attendibilità dell’odierno ricorrente in relazione alle pretese minacce subite dagli usurai, dimostra che il corrispondente fatto (diversamente da quanto preteso dal ricorrente con il suo primo motivo) è stato realmente esaminato, e, sul punto, è stata resa una motivazione ampiamente in linea con il minimo costituzionale sancito da Cass. SU, n. 8053 del 2014. Nessun altro approfondimento istruttorio ufficioso necessitava, dunque, su questo specifico punto; iii) ha esaminato la situazione fattuale ed operato la ricostruzione della realtà socio-politica del Paese di provenienza del richiedente, compiutamente indicando le fonti internazionali consultate, ed ha rilevato che, sostanzialmente, nel (OMISSIS) non si segnala attualmente una situazione di violenza tanto diffusa ed indiscriminata da interessare qualsiasi persona ivi abitualmente dimorante; iv) ha negato il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari – astrattamente riconoscibile ratione temporis (cfr. Cass., SU, n. 29459 del 2019), ritenendo indimostrati, né dedotti, eventuali fatti o accadimenti giustificativi da cui ricavare una situazione di concreta vulnerabilità del ricorrente, del quale ha pure escluso un effettivo radicamento in Italia. La corrispondente censura, invece, si rivela inammissibilmente tesa a sollecitare, sul punto, una diversa valutazione fattuale rispetto a quella operata dal tribunale, dovendosi qui solo ricordare che la giurisprudenza di questa Corte richiede, per il riconoscimento di tale forma di protezione, il riscontro di “seri motivi” (non tipizzati) diretti a tutelare situazioni di vulnerabilità individuale (cfr. Cass. n. 23778/2019; Cass. n. 1040/2020; Cass. n. 24026 del 2020), escludendo che la stessa possa essere riconosciuta solo in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza del richiedente – poiché si prenderebbe altrimenti in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, bensì quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti (cfr. Cass. 17072 del 2018, 9304 del 2019) – né considerando, isolatamente ed astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia (cfr. Cass., SU, nn. 29459-29461 del 2019; Cass. n. 4455 del 2018; Cass. n. 630 del 2020; Cass. n. 24026 del 2020), né tenuto conto della situazione di svantaggio economico o di povertà estrema del richiedente asilo, perché non è ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire ai cittadini stranieri parametri di benessere o di impedire, in caso di rimpatrio, l’insorgere di gravi difficoltà economiche e sociali (cfr. Cass. n. 24904 del 2020).

4. L’odierno ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, senza necessità di pronuncia sulle spese di questo giudizio di legittimità, atteso che il Ministero dell’Interno è rimasto solo intimato, altresì dandosi atto – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, “sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto”, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 4 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA