Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4032 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 08/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 08/02/2022), n.4032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. FEDELE Ileana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25081-2020 proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.P., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE SANZIO,

9, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIO IVO D’ANDREA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO VORANO, MARIO

VIALI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2019 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 26/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. ADRIANO

PIERGIOVANNI PATTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza 26 marzo 2020, la Corte d’appello di Trieste rigettava l’appello di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che aveva accertato l’invalidità del patto di non concorrenza post-contrattuale dalla medesima stipulato il (OMISSIS) (in sostituzione del precedente del (OMISSIS)) con D.P., suo dipendente con mansioni di “gestore private banker”, condannato alla restituzione dell’importo percepito dalla banca a tale titolo;

2. essa riteneva, infatti, che il corrispettivo, elemento essenziale del patto, fosse ab origine non determinato, né determinabile, essendo a discrezione della datrice il recesso in ogni momento entro la fine del rapporto di lavoro (salvo un termine di preavviso di nove mesi) e il mutamento di mansioni del lavoratore: così ignaro del “prezzo” minimo della rinuncia al libero sfruttamento delle possibilità occupazionali e della propria crescita professionale, dopo la cessazione del rapporto di lavoro con la banca;

3. con atto notificato il 28 settembre 2020, la società ricorreva per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., cui il lavoratore resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. deve preliminarmente essere disattesa la richiesta, formulata con la memoria finale, della banca appellante di rimessione della causa alla pubblica udienza, non sussistendone i presupposti di rilievo nomofilattico, a fronte del consolidato indirizzo di questa Corte sulla questione;

2. la ricorrente deduce nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice, in violazione dell’art. 158 c.p.c., previa prospettazione della questione di legittimità costituzionale della L. n. 98 del 2013, artt. da 62 a 72, di conv. con mod. D.L. n. 69 del 2013, in relazione all’art. 102 Cost., comma 1, art. 106 Cost., commi 1 e 2, per invalida composizione del collegio d’appello per la partecipazione ad esso di un componente, per giunta relatore, avente qualità di giudice ausiliario (primo motivo);

2. esso è infondato;

3. non sussiste il vizio di costituzione del giudice denunciato, avendo la Corte Costituzionale, sulle ordinanze di rimessione della Corte di Cassazione 9 dicembre 2019, n. 32032 e n. 32033, dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 69 del 2013, artt. 62,63,64,65,66,67,68,69,70,71 e 72, conv. con mod. in L. n. 98 del 2013, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dal D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 32, di “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della L. n. 57 del 2016” (Corte Cost. 17 marzo 2021, n. 41);

4. essa deduce poi violazione o falsa applicazione dell’art. 2125 c.c., anche in relazione agli artt. 1346,1373 c.c., per l’erroneo assunto di indeterminabilità del corrispettivo del patto di non concorrenza in conseguenza della facoltà di recesso unilaterale della banca dal patto medesimo in costanza di rapporto di lavoro, tenuto conto del rispetto dei requisiti prescritti per la sua erogazione in corso di rapporto (fermo un importo minimo garantito) e la previsione di un congruo preavviso (di nove mesi; sei in caso di mutamento delle mansioni del lavoratore) e soprattutto della causa dell’attribuzione patrimoniale al lavoratore, in corso di rapporto e in ogni caso acquisita, a fronte di un vincolo insorgente alla cessazione del rapporto, senza alcuna incidenza sull’equilibrio contrattuale tra le parti (secondo motivo);

5. esso è infondato;

6. la previsione di risoluzione del patto di non concorrenza rimessa all’arbitrio del datore di lavoro concreta una clausola nulla per contrasto con norme imperative, atteso che la limitazione allo scioglimento dell’attività lavorativa deve essere contenuto, in base a quanto previsto dall’art. 1225 c.c., interpretato alla luce degli artt. 4 e 35 Cost., entro limiti determinati di oggetto, tempo e luogo, e va compensata da un maggior corrispettivo: con la conseguenza che non può essere attribuito al datore di lavoro il potere unilaterale di incidere sulla durata temporale del vincolo o di caducare l’attribuzione patrimoniale pattuita (Cass. 8 gennaio 2013, n. 212; Cass. 1 settembre 2021, n. 23723, secondo cui in motivazione sub p.to 6: “la previsione della risoluzione del patto di non concorrenza rimessa all’arbitrio del datore di lavoro concreta una clausola nulla per contrasto con norme imperative; inoltre, è stato altresì precisato… che il fatto che, nella fattispecie, il recesso del patto di non concorrenza sia avvenuto in costanza di rapporto di lavoro non rileva, poiché i rispettivi obblighi si sono cristallizzati al momento della sottoscrizione del patto, il che impediva al lavoratore di progettare per questa parte il proprio futuro lavorativo e comprimeva la sua libertà; ma detta compressione, appunto ai sensi dell’art. 2125 c.c., non poteva avvenire senza l’obbligo di un corrispettivo da parte del datore: corrispettivo che, nella specie, finirebbe per essere escluso ove al datore stesso venisse concesso di liberarsi ex post dal vincolo: cfr. Cass. n. 3 del 2018”);

6.1. nel caso di specie, l’erogazione del corrispettivo in pendenza del rapporto non elide i profili di nullità, sia di indeterminabilità temporale del vincolo sia di predeterminazione del corrispettivo, del patto tra le parti, per esserne rimessa la discrezionale e unilaterale recedibilità alla banca datrice, nella finalità di stipulazione del patto nel suo “esclusivo interesse ed in relazione alle valutazioni” dalla stessa “espresse al riguardo” (come in esso specificato e trascritto al secondo capoverso di pg. 5 della sentenza e al p.to 2.1.1. di pg. 26 del ricorso), a fronte della natura commutativa, sinallagmatica a titolo oneroso, del contratto;

7. la ricorrente deduce infine violazione o falsa applicazione dell’art. 2125 c.c., anche in relazione agli artt. 1373,1419 c.c., per la ritenuta nullità del patto di non concorrenza senza una verifica dell’essenzialità della clausola attributiva del recesso unilaterale alla datrice (terzo motivo);

8. anch’esso è infondato;

9. la Corte territoriale ha compiuto una valutazione di essenzialità, apprezzando il riflesso della recedibilità unilaterale della banca datrice sul corrispettivo del patto, “elemento essenziale ex art. 2125 c.c., del tutto incerto” (così all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza), con accertamento della potenziale volontà delle parti in relazione all’eventualità del mancato inserimento di tale clausola e dunque in funzione dell’interesse in concreto perseguito dalle stesse (Cass. 10 novembre 2014, n. 23950): essa integrando un accertamento in fatto argomentato, insindacabile nel merito, alla cui rivisitazione è sottesa la censura, in sede di legittimità;

10. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge; nulla spese nei confronti dell’Inps.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

 

 

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