Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4030 del 20/02/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4030 Anno 2018
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 18804-2015 proposto da:
MORICONI MARIA PAOLA, elettivamente domiciliata in
ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI STROZZI 32, presso lo studio
dell’avvocato BARBARA BAROLAT MASSOLE, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNA
CHILESE giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –

2017
contro

2657

GENERALI ITALIA SPA già INA ASSITALIA SPA, in persona
dei

suoi

legali

rappresentanti

p.t.

COLAIANNI

PERFRANCESCO e PORZIO MARCO elettivamente domiciliata

Data pubblicazione: 20/02/2018

in ROMA, VIA VITTORIO VENETO 7, presso lo studio
dell’avvocato PAOLO TARTAGLIA, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente-

GENTILESCHI MARCO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 3343/2015 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 01/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/12/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PELLECCHIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato BARBARA BAROLAT MASSOLE;
udito l’Avvocato DOMENICO MARTINO per delega orale;

2

nonchè contro

FATTI DI CAUSA.
1.Nel 2004, Maria Paola Moriconi convenne in giudizio Marco
Gentileschi, chiedendo l’accertamento della responsabilità del
convenuto nello svolgimento dell’incarico di c.t.u. in un procedimento
di esecuzione immobiliare, con condanna dello stesso convenuto al

nella relazione peritale, dell’immobile oggetto del suddetto
procedimento.
Si costituì in giudizio Marco Gentileschi, chiedendo di chiamare in
causa Assitalia — Le Assicurazioni d’Italia S.p.a. (oggi Generali Italia
S.p.a.), per essere da questa manlevato in caso di accoglimento della
domanda della Moriconi e, nel merito, resistendo alle avverse domande
chiedendone il rigetto.
Autorizzata la chiamata in causa, si costituì anche la compagnia
assicuratrice, eccependo la carenza di legittimazione attiva dell’attrice e,
nel merito, l’infondatezza della domanda risarcitoria; in subordine,
chiese di contenere la condanna nei limiti del massimale e al netto degli
scoperti.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 18611/2008, rigettò la domanda
risarcitoria ritenendo insussistente il nesso causale tra i danni lamentati
dall’attrice e l’operato del c.t.u.
Infatti, secondo il Tribunale, la mancata indicazione, da parte del c.t.u.
nel procedimento esecutivo, della diversa distribuzione degli spazi
interni – accertabile dai dati catastali – non poteva aver determinato il
danno dedotto dall’attrice inducendola all’acquisto, in quanto il
medesimo c.t.u. aveva evidenziato che non era riuscito ad accedere
all’interno dell’immobile e che non aveva verificato direttamente il reale
stato dei luoghi. Inoltre, dall’avviso del terzo incanto risultava che
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risarcimento dei danni subiti dall’attrice a causa dell’inesatta descrizione,

l’appartamento era adibito ad uso commerciale. Pertanto, l’attrice non
avrebbe potuto fare affidamento sulla rispondenza dell’immobile alla
situazione risultante dai dati catastali.
2. La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma, con
sentenza n. 3343de1 10 giugno 2015.

formulata dalla Moriconi sia a titolo di responsabilità contrattuale, sia a
titolo di responsabilità aquiliana, ha ritenuto non configurabile la prima,
non potendosi applicare all’attività del consulente tecnico, che svolge
una funzione pubblica quale ausiliare del giudice, gli schemi privatistici
dell’adempimento e dell’inadempimento contrattuale.
Quanto al profilo della responsabilità extracontrattuale ex artt. 64 c.p.c.
e 2043 c.c., la Corte ha condiviso la motivazione del Tribunale circa
l’insussistenza del nesso causale tra i pretesi danni lamentati dalla
Moriconi e l’operato del Gentileschi.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto altresì mancante la prova del
danno lamentato, evidenziando che la Moriconi aveva venduto
l’immobile e non aveva fornito la prova di aver affrontato alcuna spesa
di ristrutturazione né di aver subito una perdita patrimoniale nel
rivenderlo nello stato in cui lo aveva ricevuto dalla procedura esecutiva.
Né la stessa aveva dedotto nell’atto introduttivo del giudizio di aver
acquistato l’appartamento ad un prezzo superiore al valore di mercato o
di aver comprato un bene che non avrebbe mai acquistato se ne avesse
conosciuto la reale situazione.
3. Avverso tale decisione propone ricorso in Cassazione, sulla base di
un unico motivo, Maria Paola Moricone, che ha depositato anche
memoria.

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La Corte d’appello, premesso che la domanda risarcitoria era stata

3.1 Resiste con controricorso illustrato da memoria Generali Italia S.p.a.
L’intimato ing. Gentileschi non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. La ricorrente lamenta la “violazione ex art. 360, n. 3, c.p.c. degli

Dalla consulenza tecnica espletata nel giudizio di primo grado sarebbe
emerso che il Gentileschi, nell’espletare il proprio incarico nella
procedura esecutiva, non avrebbe tenuto conto di tutta la
documentazione esistente presso il N.C.E.U. e che il costo per il
ripristino dell’immobile nello stato risultante dall’ordinanza di vendita
ammonterebbe ad € 50.000, al netto di IVA.
Di conseguenza, la ricorrente avrebbe adempiuto all’onere di
dimostrare la colpa non lieve del Gentileschi.
Inoltre il danno sarebbe concreto ed accertato, per le spese sostenute
dalla iMoriconi, per le perizie di parte e per i lavori in economia
effettuati, nonché per la riduzione del prezzo di vendita a seguito
dell’accertamento di uno stato di fatto e di diritto dell’immobile diverso
da quello descritto sulla base della perizia del Gentileschi.
Il ricorso è inammissibile, perché non censura le rationes decidendi della
sentenza impugnata.
Infatti, la Corte di Appello ha rigettato la domanda risarcitoria sulla
base di due ragioni concorrenti: a) l’insussistenza del nesso causale tra i
danni lamentati e l’operato del Gentileschi; b) la mancanza di prova in
ordine ai danni lamentati.
La Moriconi, nell’esposizione del motivo, afferma essersi provato,
mediante c.t.u., la colpa del Gentileschi, nonché il quantum dei danni.
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artt. 2043 c.c. e 64, 2° c., ultima parte c.p.c”.

Contesta inoltre l’affermazione della Corte di appello secondo cui il
danno sarebbe meramente potenziale.
La ricorrente, quindi, non censura la prima delle due rationes decidendi,
limitandosi a pag. 14 ad affermare apoditticamente che nella fattispecie
sarebbe sussistente la prova del rapporto causale, senza indicare in cosa

offerta sul punto dai giudici del merito.
Già da ciò discende l’inammissibilità del ricorso, in adesione
all’insegnamento di questa Corte secondo cui, ove la sentenza sia
sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle
quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione
adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per
difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo
divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non
potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr., da
ultimo, Cass. civ. Sez. I, 27-07-2017, n. 18641).
In ogni caso, neppure l’altra ratio decidendi posta alla base della sentenza
gravata appare validamente confutata, posto che la ricorrente non ha
censurato in maniera specifica l’affermazione della Corte di appello
secondo cui non era stata fornita la prova né delle eventuali spese per il
ripristino o la ristrutturazione sostenute dalla NIoriconi né della asserita
riduzione del prezzo di vendita dell’immobile conseguente
all’accertamento delle diverse condizioni dello stesso.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
6. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente
al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi
atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002,

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consisterebbe tale prova, né sottopone ad alcuna critica la motivazione

art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1,
comma 17.

P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in
favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che

misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art.
13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza

liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella

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