Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4030 del 19/02/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4030 Anno 2013
Presidente: TRIFONE FRANCESCO
Relatore: PETTI GIOVANNI BATTISTA

SENTENZA

sul ricorso 26256-2010 proposto da:
BORASCHT

NERA

elettivamente

BRSNRE46L60G255F,

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo
studio dell’avvocato OTTAVI LUIGI, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato COLIVA MASSIMO
giusta delega in atti;
– ricorrente 2013

contro

58

INA ASSITALIA S.P.A. per incorporazione di INA VITA
S.P.A. e ASSITALIA LE ASSICURAZIONI D’ITALIA S.P.A.
in

FATA

ASSICURAZIONI

S.P.A.

1

in

persona

deL

Data pubblicazione: 19/02/2013

procuratore speciale dell’amministratore delegato
p.t. Avv. MATTEO MANDO’, AZIENDA OSPEDALIERA
UNIVERSITARIA DI PARMA 01874240342 in persona del
Direttore Generale pro tempore Dr. LEONIDA GRISENDI,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA GIUSEPPE

MARCO, che le rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– controricorrenti
nonchè contro

REGIONE EMILIA ROMAGNA 80062590379, MERIALDI ADELCHI,
MELPIGNANO MAURO, A.U.S.L. DI PARMA ;

intimati

Nonché da:
REGIONE EMILIA ROMAGNA 80062590379 in persona del
Presidente della Giunta Regionale Dott. VASCO ERRANI,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO
3, presso lo studio dell’avvocato GIANNI SAVERIO,
rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONELLA
MICELE, FAZIO DOMENICO giusta delega in atti;
– ricorrente incidentale contro

BORASCHI NERA PRSNRE46L60G255F, INA ASSITALIA S.P.A.
r

MERIALDI ADELCHI, MELPIGNANO MAURO, AZIENDA

OSPEDALIERO UNIVERSITARIA PARMA 01874240342, A.U.S.L.
DI PARMA ;

2

FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato VINCENTI

- intimati avverso

la

sentenza

D’APPELLO di BOLOGNA,

n.

1014/2009

della

CORTE

depositata il 26/08/2009,

R.G.N. 2059/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

BATTISTA PETTI;
udito l’Avvocato MASSIMO COLIVA;
udito l’Avvocato ANGELA DONATACCIO per delega;
udito l’Avvocato ANTONELLA MICELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO PRESA che ha concluso per
l’accoglimento
inammissibilità

del

in

ricorso principale,
subordine

dell’incidentale;

3

per

il

rigetto

udienza del 10/01/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
1.Boraschi Nera, con una prima citazione

del

maggio 1999,

conveniva dinanzi al Tribunale di Parma, la Azienda Ospedaliera
di Parma ed i chirurghi Adelchi Merialdi e Mauro Melpignano e
ne chiedeva la condanna in solido al pagamento dei danni

interventi chirurgici eseguiti il 25 novembre ed il successivo
21 dicembre 1993 dai chirurgi con esiti invalidanti permanenti.
Si costituivano la Azienda ospedaliera che eccepiva il difetto
di legittimazione passiva, mentre il Melpignano sosteneva di
avere svolto un ruolo secondario nel secondo intervento di
laparoistectomia, restava contumace il Marialdi.
2.Una seconda citazione era proposta dalla Boraschi, in
relazione allo intervento di laparoistectomia nei confronti
della Regione di Reggio Emilia Romagna e della AUSL di Parma,
in persona del direttore generale quale commissario
liquidatore, sempre con richiesta di risarcimento da parte
degli enti convenuti. La Regione di costituiva deducendo
difetto di legittimazione e la prescrizione del credito,
chiamava in manleva la assicuratrice Assitalia e formulava
eccezione di incostituzionalità dello art.6 della legge 724 del
1994; la AUSL di Parma deduceva a sua volta difetto di
legittimazione. La assicuratrice si costituiva ma chiedeva il
rigetto della domanda di manleva.
Le cause erano riunite ed istruite con consulenza medico legale
che accertava una invalidità permanente del dieci per cento,

4

biologici, patrimoniali e non patrimoniali conseguenti ad

ritenendo l’intervento routinario, eseguito con diligenza e
prudenza.
3.11, tribunale di Parma con sentenza del 11 marzo 2004
rigettava le domande della Boraschi e la condannava alla
rifusione delle spese di lite sostenute dal Me1pignano e dalla

4.Contro la decisione proponeva appello la parte lesa,
deducendo:
a.erronea

declaratoria

di

estinzione

del

diritto

di

risarcimento per prescrizione;
b.erronea esclusione dello accertamento del mancato consenso
informato;
c.erroneo operato dei sanitari, la erronea necessità dello
intervento a seguito della errata diagnosi di un carcinoma con
conseguente non necessità dello intervento operatorio di
laparoistectomia ed errata valutazione del danno, con
richiesta di rinnovo di CTU; d.mancata compensazione per giusti
motivi delle spese di lite. Resistevano tutte le controparti,
chiedendo il rigetto del gravame.
5.Con sentenza del 26 agosto 2009 la Corte di appello di
Bologna respingeva lo appello principale ed accoglieva
l’appello incidentale della Regione condannando la Boraschi a
rifondere le spese sostenute in primo grado da Assitalia e
condannava ka Boraschi a rifondere le spese di secondo grado a
tutti gli appellati.

5

AUSL di Parma, disponendo per il resto come in dispositivo.

6.Contro la decisione ha proposto ricorso Boraschi Nera
deducendo tre motivi di censura, illustrati da memoria; la
Regione Emilia Romagna ha resistito con controricorso e ricorso
incidentale condizionato affidato ad unici motivo;la azienda
ospedaliera universitaria di Parma unitamente all’Assítalia ha

della Boraschi.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
7.11

ricorso

principale

merita

accoglimento,

mentre

inammissibile risulta il ricorso incidentale. Per chiarezza
espositiva si offre una sintesi dei motivi di ricorso ed a
seguire la confutazione in diritto.
7.1. SINTESI DEI MOTIVI DEL RICORSO BARASCHI.
Nel primo motivo si deduce error in procedendo per avere la
Corte di appello ritenuto nuova domanda in appello la
specificazione della causa petendi non nella errata conduzione
dello intervento chirurgico ma nella errata diagnosi compiuta
dai sanitari circa la patologia da cui era affetta la paziente
e sulla cui sussistenza era stato reputato dai medici
necessario tale intervento.
Nel secondo motivo si deduce error in iudicando per violazione
dell’art.1218 c.c. ed il vizio della motivazione in relazione
allo accertamento di un peggioramento della patologia della
paziente quale conseguenza della conclusione dello intervento.
Si rileva in particolare che mentre la prova del peggioramento
è medicalmente accertata, la Corte esclude che tale esito sia

6

resistito con controricorso chiedendo il rigetto del gravame

di per sé imputabile a colpa medica, piuttosto che ad una
cd.complicanza non prevedibile.
Nel terzo

motivo si deduce la violazione degli artt.

1218,2697,cc 13 della Costltuzione e 54 cod.penale, nonché il
vizio della motivazione in relazione alla prova del danno da

informato. La tesi del ricorrente è che nella fattispecie in
esame il consenso fu disinformato o male informato. Infatti la
erroneità della diagnosi che accertava la presenza di un
tumore, peraltro inesistente, indusse il paziente a sopportare
un intervento chirurgico lesivo della sua integrità fisica
anche se per finalità salvifiche, ma l’errore diagnostico,
accertato dal consulente di ufficio sulla base di circostanze e
riscontri documentali medici, risulta aver vulnerato lo assenso
all’intervento, che ebbe esiti in parte nefasti e peggiorativi
delle condizioni preesistenti, che pure esigevano cure, ma non
invasive o invalidanti.
7.2. SINTESI DEL RICORSO DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA.
Deduce la Regione nell’unico motivo l’error in iudicando in
relazione agli artt. 2059 e 2697 cod.civile ed il vizio della
motivazione. La ricorrente incidentale chiede correggersi al
motivazione della sentenza di appello nel punto in cui
riconosce la violazione del consenso informato, senza poi
provvedere alla quantificazione del danno. La correzione deriva
dalla evidenza della corretta esecuzione dello intervento, con

7

mancato consenso informato e del diritto del paziente ad essere

tutti gli accorgimenti per la riduzione del rischio delle
complicanze.
8.CONFUTAZIONE IN DIRITTO.
8.1. ACCOGLIMENTO DEI TRE MOTIVI DEL RICORSO PRINCIPALE.
Il procuratore generale ha concluso per lo accoglimento delle

conto degli arresti di questa Corte di cassazione sulla
complessa e delicata materia della responsabilità medica, che
indotto il
il legislatore ad una recente novella depenalizzatrice
della responsabilità penale del medico per il caso di colpa
lieve. Il riferimento è allo art.3 comma primo del decreto
legge del 13 settembre 2012 n.158 convertito nella legge 8
novembre 2012, che esclude la responsabilità medica in sede
penale, se l’esercente della attività sanitaria si attiene a
linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità
scientifica. Ma la stessa norma prevede che in tali casi, la
esimente penale non elide l’illecito civile e che resta fermo
l’obbligo di cui all’art.2. 043 del codice civile, che è clausola
generale del neminem laedere, sia nel diritto positivo, sia con
riguardo ai diritti umani inviolabili quale è la salute.
La novellazione, che non riguarda la fattispecie in esame, ha
destato non poche perplessità anche di ordine costituzionale,
in

relazione

al

comma

secondo

dello

art.77

della

Costituzione, in quanto il testo originario del decreto legge
non recava alcuna previsione di carattere penale e neppure

8

tre censure, con precisa e coerente argomentazione che tiene

circoscriveva il novero delle azioni risarcitorie esperibili da
parte dei danneggiati.
La premessa che indica una particolare evoluzione del diritto
penale vivente, per agevolare l’utile esercizio dell’arte
medica, senza il pericolo di pretestuose azioni penali, rende

segue le sue regole consolidate,
responsabilità aquiliana del medico,

e non solo per la
ma anche per la

cd.responsabilità contrattuale del medico e della struttura
sanitaria, da contatto sociale. PUNTO fermo, ai fini della
filomachia, gli arresti delle sentenze delle Sezioni unite nel
novembre 2008, e tra queste la n.26973, ed in particolare nel
punto 4.3 del cd.preambclo sistematico, che attiene ai
cd.contratti di protezione conclusi nel settore sanitario, ed
agli incipit giurisprudenziali ivi richiamati, e seguiti da
decisioni di consolidamento.
Orbene, tenendo conto del diritto vigente, arricchito della
interpretazione del diritto vivente e dalla giurisprudenza
nomofilattica di questa Corte di legittimità, la prima censura
risulta fondata, posto che la Corte di appello erroneamente
ritiene nuova la specifica censura svolta nell’atto di appello
in ordine alla deduzione dell’errore diagnostico sulla
patologia che determina i medici ad un atto chirurgico invasivo
e invalidante, erroneamente assentito.
Sul punto è da osservare come il tema originario della
responsabilità

medica

sin

dai

9

due

primi

atti

tuttavia evidente che la materia della responsabilità civile

introduttivi,avesse indicato unitariamente il medesimo fatto
dannoso, evidenziando l’errore diagnostico poi riscontrato in
sede di consulenza medica, di guisa che la causa petendi,
riconducibile alla responsabilità aquiliana e alla
responsabilità da contatto sociale, si riferiva ad unico tatto

sotto la disciplina dei principi di responsabilità
professionale e della struttura sanitaria, ribaditi
sistematicamente nelle sezioni unite citate e successive
conformi tra cui Cass.III sez.civile 8 giugno 2012 n.9290 su
conformi conclusioni del PG e Cass.sez.sesta ord.13269 del
2012.
La specificazione dello error in iudicando riferito alla
sequela dello errore diagnostico e intervento chirurgico
assentito sulla base di errata informazione delle condizioni di
salute, non costituisce domanda nuova, ma è atto intrinseco
alla deduzione di una domanda diretta ad accertare la
responsabilità civile secondo le circostanze note ed allegate.
PARIMENTI incongrua è la motivazione che da un lato accerta il
peggioramento delle condizioni del paziente a seguito
dell’intervento chirurgico e d’altro lato esclude la
imputabilità soggettiva in ordine alla mancata realizzazione
della prestazione di garanzia, in un intervento detto
routinario.
LA PROVA della colpa lieve non esime dalla responsabilità
civile, che considera la colpa in una dimensione lata,

lo

costitutivo della fattispecie circostanziata, da sussumere

inclusiva del dolo e della diligenza professionale, e nel caso
di specie i medici e la struttura non hanno dato la prova
esimente della complicanza non prevedibile o non prevenibile,
prova che incombe alla parte che assume l’obbligo di garanzia
della salute, e che non è stata data, mentre, al contrario il

aggravamento delle condizioni di salute non altrimenti
spiegabile se non per una difettosa conduzione della
prestazione sanitaria nella sua continuità.
SUSSISTE pertanto e la violazione della regola generale
dell’art.1218 del codice civile in relazione ad una situazione
di inadempimento obbiettivamente grave,per la configurazione
del rapporto contrattuale di garanzia, e per la difettosa
motivazione che non considera il tema e l’onere della prova,
che il paziente fornisce come prova dell’aggravamento e della
sequenza naturale tra l’atto invasivo ed ablativo e la
invalidazione scientificamente non dovuta.
PARIMENTI FONDATO è IA. TERZO MOTIVO, che ha impegnato il
Procuratore generale in una accurata ricostruzione dello stato
della giurisprudenza, a partire dalle SU 11 gennaio 2008 n.576
richiamate dalle successive SU del novembre appena citate, cui
questa Corte aggiunge la recente sentenza del 27 novembre 2012
n.20894, che ancora puntualizza le condizioni di manifestazione
e di formazione del

consenso informato, che ha natura

bilaterale ed esprime un incontro di volontà libere e
consapevoli, consenso che si configura quale diritto

li

paziente ed i consulenti di ufficio e di parte attestano un

inviolabile della persona e che trova precisi referenti negli
artt.2,13 e 32 della Costituzione.
La fattispecie in esame Si caratterizza da un contestuale

44/

errore di informazione e di assenso all’atto chirurgico, ma
l’errore diagnostico non deriva da colpa lieve, ma da una

certezza di un tumore conclamato e diffuso tale da rendere
improrogabile lo intervento. Mentre, si assume, che si trattava
di intervento routinario.
NON è dunque avvenuto un incontro di volontà efficace in
relazione ad un contenuto di informazione medica assolutamente
carente e fuorviante.
Sulla base di queste considerazioni il ricorso principale deve
essere accolto e la cassazione è con rinvio viqcolante quanto
ai principi di diritto da osservare, pur nella valutazione
delle prove iuxta alligata et probata ma pur sempre facendo
attenzione all’onus probandi.
8.2. INAMMISSIBILITA’ DEL RICORSO DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA.
Il ricorso nell’unico motivo deduce un error in iudicando per
la violazione dello art.2059 e 2697 del codice civile, per
pervenire ad una correzione della motivazione nel punto in cui
la Corte di appello ammette in astratto l’ari debeatur per
violazione del consenso informato. Ma sul punto questa Corte
accoglie proprio la censura proposta dalla vittima di un
consenso disinformato, e dunque il motivo, nella sua
formulazione, difetta di specificità. PARIMENTI incomprensibile

12

t

gravissima negligenza, l’avere operato prima di avere la

appare il motivo dedotto come vizio motivazionale, con
citazione di un arresto giurisprudenziale di Cass. 9 febbraio
2007 n.2847, che non appare pertinente al caso di specie. ANCHE
su questo punto la censura non attiene alla logica
motivazionale ma ad un error in iudicando che sostanzialmente

P.q.M.
RIUNISCE i ricorsi ed accoglie il ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale della Regione Emilia
Romagna, cassa e rinvia anche per le spese del giudizio di
cassazione alla Corte di appello di Bologna in diversa
composizione.
Roma 10 gennaio 2013.

configura la ripetizione della prima censura.

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