Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4030 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. III, 16/02/2021, (ud. 15/09/2020, dep. 16/02/2021), n.4030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32947-2018 proposto da:

N.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

ANGELICO 35, presso lo studio dell’avvocato PIERGUIDO STANCHI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

B.N.B., B.T.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, V. COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato

PAOLO MIGLIACCIO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIANFRANCO GAGLIARDI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6215/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 3/10/2017 la Corte d’Appello di Roma, rigettato quello n via incidentale proposto dalla sig. N.A.M., in parziale accoglimento del gravame interposto dai sigg. B.N.B. e B.T.M. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Roma n. 19166 del 2012, ha condannato la prima al pagamento in favore di questi ultimi di somma a titolo di rivalutazione e interessi sulla somma devalutata all’epoca del fatto illecito con “gli interessi legali annualmente vigenti sull’importo, rivalutato anno per anno, fino alla sentenza di primo grado”, al riguardo precisando che “sugli importi così rideterminati sono dovuti gli interessi legali dalla sentenza di primo grado”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la N. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso i B. che hanno presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per la decisione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2 motivo denunzia nullità della sentenza per assenza di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 3 motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che (a fronte di vicenda unitaria, la quale “partendo da unico giudizio di primo grado” tra i sigg. B., N.R., M.G. e C.A., è poi proseguita anche “in un separato giudizio” limitatamente alla posizione della sig.ra N.A.M.”- conclusosi in 1 grado con la sentenza Trib. Roma n. 19166/2012 e quindi in sede di gravame con l’odiernamente impugnata sentenza, laddove l’altro procedimento è stato definito con altra pronunzia della Corte d’Appello di Roma), nell’odiernamente impugnata sentenza non si sia tenuto conto, diversamente che nella suddetta pronunzia App. Roma n. 6220/2017, del “fatto storico” costituito “dal passaggio in giudicato della sentenza che ha condannato la Banca di Roma a risarcire gli appellanti B.”.

Lamenta che mentre nella suindicata decisione App. Roma n. 6220/2017 tale giudicato è stato considerato idoneo a determinare l’emissione di una pronunzia di “cessazione della materia del contendere rispetto al coobbligato della condotta appropriativa sig. M.G.”, nell’odiernamente impugnata sentenza n. 6215/2017 tale “fatto storico” si è viceversa ritenuto non assumere “rilievo rispetto al coobbligato della condotta appropriativa sig.ra N.A.”.

Si duole non essersi considerato che, essendo “il sig. M.G. come anche la sig.ra N.A.M…. tra i coobbligati della vicenda appropriativa rispetto ai sigg.ri B.”, la “cessazione della materia del contendere, determinata dal pagamento della Banca, non può che valere per tutti coobbligati, e quindi non solo per il sig. M.G., ma anche per la sig.ra N.A.M.”.

Atteso che “il pagamento della Banca… un fatto storico… preso in considerazione sin dalle sentenze di primo grado”, lamenta che “nelle uniche tre righe della motivazione” dell’impugnata sentenza “dedicate al tema della Banca”, la mera espressione “nè del resto” non è invero “idonea a far capire quale sia il ragionamento giuridico sotteso seguito dal giudice di secondo grado rispetto a tale fatto storico così determinante nell’intera vicenda”.

Si duole che la corte di merito abbia omesso in particolare di pronunziare in ordine alla domanda formulata a pag. 10 dell’atto di appello incidentale, del seguente tenore: “Inoltre la sentenza è nulla sempre per ultra e/o extra petizione laddove a pag. 12 afferma che “… Avendo gli attori interesse a costituirsi un titolo verso la corresponsabile delle appropriazioni””, giacchè “Tale ricostruzione non viene mai formulata nè prospettata dalla parte attrice odierna parte appellante, e per questo il Tribunale di prime cure eccede rispetto alla volontà di parte attrice”, che “era quella di avere una condanna, ammesso e non concesso per condotta appropriativa, in solido nei confronti di tutti i convenuti alla sola somma di Euro 349.187,00″”.

Lamenta di avere a tale stregua “evidenziato che i B. non hanno mai chiesto la condanna della sig.ra N.A. alla somma di Euro 283.543,83, ma hanno sempre chiesto la condanna di tutti i convenuti in solido alla somma di Euro 349.187,00”, e che “tale domanda non è assolutamente presa in considerazione dalla sentenza impugnata”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.

La vicenda attiene – per quanto ancora d’interesse in questa sede – a complessa vicenda che muove dall’illecita sottrazione da parte del signor Be.Ma., alla morte del fratello G., di somme di denaro presenti nel c/c bancario di quest’ultimo, trasferite sul c/c bancario intestato alla N..

La domanda proposta dai sigg. B. e B.T.M. (eredi della sig. R.O.M., unica erede del defunto Be.Gi.) di condanna dei sigg.ri M.G., N.R., C.A. e N.A.M. al pagamento di somma a titolo di risarcimento dei conseguentemente subiti danni è stata – all’esito della separazione del processo disposta con sentenza parziale Trib. Roma 16/9/2009 – a carico della N. accolta da Trib. Roma n. 19166/2012.

Pronunzia dalla corte di merito successivamente con l’impugnata sentenza confermata, così testualmente argomentando: “L’appello incidentale non merita accoglimento. Va respinto il motivo con il quale N.A.M. ripropone in questa sede l’eccezione di carenza di legittimazione passiva già respinta con la sentenza gravata. Osserva la Corte che la controparte – come accertato correttamente dal Tribunale – ha posto a fondamento della pretesa risarcitoria nei suoi confronti il fatto illecito e non la petizione ereditaria, come emerge chiaramente anche dalla parte espositiva dell’atto introduttivo della domanda in primo grado. Di talchè risulta del tutto indifferente stabilire se la N. rivesta la qualità di erede. Quanto, poi, alla circostanza che il giudicato penale sarebbe intervenuto in corso di causa, appare evidente che questo non determina una pronuncia del Tribunale ultra petita per quanto sopra stabilito. Nè, del resto, il pagamento eseguito nelle more dalla Banca di Roma s.p.a. impedisce la pronuncia sulla pretesa risarcitoria formulata nei confronti dell’odierna appellante”.

Orbene, siffatta motivazione non consente invero di evincere alcunchè in merito alla vicenda in argomento, anche ai fini del richiesto controllo ex art. 112 c.p.c. in ordine alla corrispondenza tra il chiesto e il pronunziato.

In particolare in ordine alla domanda originariamente proposta nei confronti dell’odierna ricorrente e alle doglianze dalla medesima con l’appello incidentale formulate in relazione alla sentenza del giudice di prime cure; nonchè all’eccezione concernente il pagamento effettuato dalla Banca, asseritamente concernente anche quanto dalla predetta a titolo risarcitorio dovuto in favore degli originari attori.

A tale stregua, la motivazione dell’impugnata sentenza si appalesa non raggiungere invero il limite del necessario minimo costituzionale, risultando pertanto come meramente apparente, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2016, n. 22232), e quindi in realtà insussistente (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e conformemente, Cass., 20/11/2018, n. 29898), conseguentemente non sottraendosi al controllo in sede di legittimità (cfr. Cass., 5/5/2017, n. 10973).

Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

 

 

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