Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 403 del 11/01/2011

Cassazione civile sez. un., 11/01/2011, (ud. 07/12/2010, dep. 11/01/2011), n.403

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. TRIOLA Roberto – Presidente di Sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.E.D. s.n.c. di Di Monte Mario e Di Monte Alessandra in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via P.

Alpino 76, presso l’avv. Di Tosto Pietro, che la rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Comune di Giulianova in persona del Sindaco, elettivamente

domiciliato in Roma, via L. Greppi 77, presso l’avv. Bianchi Antonio

Ruggero, rappresentato e difeso dall’avv. Lino Nisii giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 513/09 del 30.1.2009;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 7.12.2 010 dal

Relatore Cons. Dott. PICCININNI Carlo;

Uditi gli avv. Di Tosto per la ricorrente e Bianchi con delega per il

Comune;

E’ presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

Dott. IANNELLI Domenico.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il relatore designato ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. rilevava quanto segue:

“La C.E.D. s.n.c. di Di Monte Mario e Di Monte Alessandra ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi avverso la sentenza n. 513/09 del Consiglio di Stato con la quale, in parziale accoglimento dell’impugnazione, era stata accolta la domanda risarcitoria formulata in primo grado nei confronti del Comune di Giulianova, per la dedotta impossibilità di costruire su un lotto di terreno da quest’ultimo ceduto, in esecuzione di una convenzione avente ad oggetto la concessione del diritto di superficie.

Ha resistito con controricorso il Comune intimato. In particolare, con i tre motivi di impugnazione la C.E.D. ha rispettivamente denunciato: 1) errato accoglimento dell’eccezione di tardività della produzione documentale depositata da esso ricorrente; 2) erronea interpretazione della domanda che, secondo la sentenza impugnata, non avrebbe compreso anche quella di nullità della convenzione conclusa il 28.12.1990; 3) errata quantificazione del danno subito.

Ciò premesso, il relatore propone la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio ritenendolo inammissibile, oltre che per la mancata formulazione dei quesiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c. (C. 08/29852, C. 08/12645), per il fatto che il sindacato delle Sezioni Unite di questa Corte sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato è limitato all’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione ovvero all’esistenza di vizi che riguardano l’essenza di detta funzione giurisdizionale, e non il modo del suo esercizio, restando quindi escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli “errores in iudicando” o “in procedendo” (C. 10/4309, C. 10/519, C. 10/462, C. 09/3688) denunciati nella specie con il ricorso.

La C.E.D. ha successivamente depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., con la quale ha ribadito i profili di erroneità riscontrati nella decisione impugnata, senza tuttavia contestare le considerazioni poste dal relatore a fondamento della rappresentate conclusioni.

Ritiene il Collegio che siano condivisibili le dette considerazioni ed osserva inoltre che dalla stessa prospettazione offerta dalla C.E.D. nel ricorso si desume un’ulteriore (e per vero pregiudiziale) causa di inammissibilità dell’impugnazione in esame.

Ed infatti nella trattazione del terzo motivo di impugnazione, avente ad oggetto l’errata valutazione del materiale probatorio acquisito, la ricorrente, nel negare che il terreno oggetto di convenzione con il Comune potesse farsi rientrare nella categoria dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile, rilevava che la conforme decisione sul punto del Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Giulianova, non era stata poi confermata dal giudice amministrativo in sede di gravame (p. 31).

La definitività di tale ultima statuizione, non impugnata, costituisce dunque causa di inammissibilità del ricorso, essendo ravvisabile nella richiamata decisione del Consiglio di Stato una pronuncia implicita, passata in giudicato, in ordine alla propria giurisdizione nella questione sottoposta al suo esame.

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011

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