Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 403 del 10/01/2018

Cassazione civile, sez. VI, 10/01/2018, (ud. 10/10/2017, dep.10/01/2018),  n. 403

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Con ricorso del 5 agosto 2016 K.S., cittadina albanese, ha proposto opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Ravenna il 22 luglio 2016 ritenendo la sua illegittimità per gravi motivi connessi allo sviluppo della figlia minore K.J. nata a (OMISSIS) e priva di qualsiasi riferimento con il paese di origine della ricorrente.

2. Il Giudice di pace di Ravenna ha respinto il ricorso rilevando che in precedenza era stato negato alla K. il rinnovo del permesso di soggiorno e respinto il reclamo gerarchico proposto al Prefetto di Ravenna; era stato respinto altresì, in data 29 febbraio 2016, il ricorso della K. al Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna per ottenere l’autorizzazione D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, a permanere nel territorio nazionale per gravi motivi connessi alla salute della figlia minore. Il Giudice di pace ha ritenuto preclusa la valutazione dell’interesse della figlia minore essendosi su di esso pronunciato il Tribunale per i minorenni con provvedimento non impugnato dalla K..

3. Ricorre per cassazione K.S. deducendo violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, per contrasto con norme imperative di carattere inderogabile e in relazione alla mancata acquisizione del rapporto dei Servizi sociali.

Rilevato che:

4. Con l’unico motivo di ricorso la K. rileva che la valutazione richiesta al Giudice di pace è diversa da quella sottoposta con il ricorso al Tribunale per i minorenni in quanto, stante il divieto di espulsione dei minori vigente nel nostro ordinamento, il giudice di pace avrebbe dovuto considerare il diritto della figlia all’unità familiare.

Ritenuto che:

5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè sostanzialmente ripropone gli stessi profili di tutela pertinenti alla domanda ex art. 31 del testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998), domanda che è stata valutata e respinta dal Tribunale per i minorenni con pronuncia non impugnata dalla ricorrente. Il riferimento al divieto di espulsione dei minori è improprio perchè al minore è riconosciuto il diritto di seguire il proprio genitore in caso di rientro nel paese di provenienza conseguente all’espulsione (cfr. Cass. civ. sez. 1^ n. 9327 del 14 luglio 2000 secondo cui la disposizione di cui alla L. n. 40 del 1998, art. 17, poi trasfusa nell’art. 19 del T.U. approvato con D.Lgs. n. 286 del 1998, secondo la quale non è consentita, salvo che per motivi di ordine pubblico o di sicurezza, l’espulsione dei minori di anni diciotto non può interpretarsi nel senso che, nel caso di minori che siano figli di genitori clandestinamente introdottisi nel territorio nazionale ovvero privi di titolo di soggiorno, il divieto di espulsione si estenda nei loro confronti, per insopprimibili esigenze di unità della famiglia. Ad un tal riguardo, infatti, lo stesso art. 19 cit. precisa che, nell’ipotesi di genitori stranieri raggiunti da provvedimento di espulsione, il minore ha il diritto di seguire il genitore, o l’affidatario, espulso, e quindi il genitore, nell’esercizio di quel diritto per conto del figlio, ha il diritto di portarlo con sè nel luogo di destinazione).

6. Nessuna pronuncia deve essere emessa sulle spese processuali.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2018

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