Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4028 del 20/02/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4028 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 18948-2015 proposto da:
UNISREDIT SPA , elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CRISTOFORO COLOMBO 177, presso lo studio
dell’avvocato MICHELE RANCHINO, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente 2017
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contro

UNICORNO IMMOBILIARE SRL, in persona del curatore
speciale avv. DARIO DE VITOFRANCESCHI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 14, presso
lo studio dell’avvocato MARCO PAOLETTI, che la

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Data pubblicazione: 20/02/2018

rappresenta e difende giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente nonchè contro

MARCONI MASSIMO;

avverso la sentenza n. 7268/2014 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/12/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PELLECCHIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato MARCO PAOLETTI;

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– intimato –

FATTI DI CAUSA.
1. Nel dicembre del 1999 la società Unicorno Immobiliare srl conveniva
in giudizio la Banca di Roma spa, ora Unicredit spa, per sentire ivi
accertare e dichiarare il perfezionamento di un negozio di transazione
avente ad oggetto l’estinzione del debito gravante sulla predetta società

Banca.
Nel contratto transattivo, raggiunto mediante una serie di missive
intercorse tra le parti, la società Unicorno debitrice si obbligava a
versare la complessiva somma di lire 1.050.000.000 (950 mm n per conto
della Pegaso Appalti e 100 mln per conto di Village Aurelia),
contestualmente alla concessione da parte della Banca alla stessa società
di un mutuo fondiario per un importo pari a 2 miliardi di lire, garantito
da ipoteca sui medesimi beni rispetto ai quali gravava ipoteca a favore
dei pregressi debiti.
La Banca accettava complessivamente la proposta avanzata,
condizionandola però alla preventiva accettazione da parte del recupero
crediti della Banca medesima del mutuo fondiario.
Le parti in causa convenivano, oltre all’importo omnicomprensivo da
versare in lire 1.125.000.000 a saldo dei pregressi debiti, la possibile
rateizzazione in 15 anni dell’ipotetico mutuo e altresì le somme da
versare per le morosità pregresse in lire 101.000.000, da rendere all’atto
di formalizzazione dell’accordo.
Le società proponenti riassumevano al responsabile del servizio
recupero crediti l’accordo già raggiunto con la Banca circa il versamento
di lire 1.125.000.000 oltre che 101 milioni di lire per morosità arretrate e
una rateizzazione del mutuo in 15 rate ad un tasso RIBOR maggiorato
al 0,4 e di uno spread di 1 punto su base annua. La Banca si dichiarava
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e sulla Società Pegaso Appalti srl e Village Aurelia srl nei confronti della

d’accordo sulla ristrutturazione del mutuo confermando uno spread

All’accordo così raggiunto non faceva però seguito la stipula dell’atto
notarile di ristrutturazione del mutuo fondiario, nonostante le società
avessero già versato le prime somme dell’importo concordato, poiché la

modificava al 4% annuo il tasso EURIBOR, prevedendo il tasso del
5,6 `)/0 annuo per i primi 10 anni e solo successivamente la tassazione
conforme agli accordi intercorsi.
La mancata ufficializzazione della transazione raggiunta ha comportato
la vendita all’incanto dei beni ipotecati.
In via subordinata, qualora il giudice avesse qualificato il contratto
come preliminare, di emettere sentenza costitutiva ex art. 2932 cc.
Si costituiva in primo grado la Banca di Roma, ora Unicredit spa,
contestando l’avversa pretesa e chiedendone integralmente il rigetto
escludendosi il raggiungimento di un accordo transattivo tra le
medesime.
Il Tribunale di Roma respingeva l’attorea domanda e affermava che le
stesse non erano mai pervenute ad un assetto contrattuale compiuto, se
non rispetto ad un unico profilo relativo ai debiti pregressi da saldare in
lire 1.125.000.000.
Proponeva appello avverso la predetta pronuncia la soccombente
Unicorno Immobiliare ribadendo quanto affermava in primo grado e
domandando la risoluzione del contratto per inadempimento della
controparte, e poiché nella more del procedimento il bene che si
ipotecava a garanzia del concordato pagamento veniva venduto dalla
Banca questa non aveva più interesse all’esecuzione del contratto ma
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banca nel contratto dalla stessa predisposto e trasmesso al notaio

soltanto al risarcimento del consequenziale danno arrecatole dalla
creditrice.
Si costituiva in Appello la Banca sostenendo la correttezza delle
argomentazioni del giudice di primo grado e contestando l’ammissibilità
del richiesto risarcimento in quanto tardivo.

2014 accoglieva il gravame proposto dalla società appellante ritenendo
raggiunto un accordo transattivo sulla ristrutturazione dei debiti della
Unicorno Immobiliare srl, Pegaso Appalti srl e Village Aurelia srl, e
pertanto dichiarava che la Banca si era stata inadempiente a tale
accordo, dichiarava la risoluzione della transazione raggiunta e
condannava l’Unicredit spa, quale successore di Banca di Roma a
risarcire i danni cagionati all’Unicorno spa in curo 50.000,00 e alle spese
di lite.
3. Avverso tale decisione propone ricorso in Cassazione la Banca
Unicredit s.p.a. con un motivo.
3.1. Resiste con controricorso illustrato da memoria la Unicorno
Immobiliari s.r.1..
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Con l’unico motivo la ricorrente lamenta “violazione e falsa
applicazione dell’art. 1326 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Violazione dell’art. 360 n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
La Corte d’Appello di Roma sarebbe incorsa nell’errore di diritto
concernente la violazione dell’art. 1326 c.c. ritenendo sussistenti tutti gli
elementi oggettivi e soggettivi necessari per la conclusione del
contratto, e non avendo questa considerato il mancato avveramento
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2. La Corte d’Appello di Roma con sentenza n. 7268 del 26 novembre

della condizione cui la Banca aveva subordinato la propria volontà di
vincolarsi (cioè la favorevole delibera del comitato Fidi).
Il motivo è infondato.
Costituisce accertamento riservato al giudice di merito, non sindacabile
in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, valutare se l’intesa

rapporto ovvero un documento con funzione meramente preparatoria
di un futuro negozio, e, nel compiere tale verifica, il giudice può fare
ricorso ai criteri dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c. per ricostruire la
volontà delle parti, tenendo conto sia del loro comune comportamento,
anche successivo, sia della disciplina complessiva dalle stesse dettata (da
ultimo Cassazione n..14006 del 2017).
Nel caso di cui si controverte infatti la Corte d’Appello di Roma ha con
motivazione scevra da vizi logico giuridici, oltre che in modo puntuale
ed esaustivo, ritenuto sussistenti tutti gli elementi soggettivi e oggettivi
per ritenersi validamente siglato un rapporto negoziale ex art. 1326 cc
tra la Banca di Roma, ora Unicredit s.p.a., e la Società Unicorno
Immobiliare s.r.l.
Anche rispetto alla condizione sospensiva cui la Banca subordinava la
validità degli accordi raggiunti con la Unicorno Immobiliari s.r.1., la
Corte ritiene sussistente l’avveramento della medesima in seguito alla
missiva del 19 settembre 1997 con cui la Banca si dichiara d’accordo
sulla ristrutturazione del mutuo con uno spred all’ 1%, come
specificamente motivato a pag 6 della pronuncia di cui si richiede la
cassazione.
Il motivo comunque si risolve in una interpretazione degli atti
processuali diversa da quella operata dal giudice e non esplicitamente
spiegata la violazione della norma enunciata. Quanto al n. 5, esso si
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raggiunta dai contraenti abbia ad oggetto un regolamento definitivo del

sostanzierebbe nell’omesso esame del fatto che una delle parti aveva
subordinato la volontà di assumere il vincolo contrattuale alla delibera
del Comitato Fidi, organo al quale era rimessa la concessione del
mutuo. Tuttavia, la ricorrente neppure dimostra la decisività della
circostanza, quale presupposto essenziale per l’impugnabilità ex art.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in
favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in Euro 20.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art.
13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 17 ottobre 2017.
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360, co. 1, n. 5, c.p.c..

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