Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4026 del 19/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 19/02/2010), n.4026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.M., elettivamente domiciliata in Roma, Via E. Manfredi

17, presso l’avv. MARINELLI Corrado, che lo rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, ed Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore,

domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 80/01/04 del 6/7/04.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/1/10 dal Relatore Cons. Dott. Paolo D’Alessandro;

udito l’avv. Marinelli;

lette le conclusioni scritte del P.M., che ha chiesto il rigetto del

ricorso per manifesta infondatezza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La contribuente propone ricorso per cassazione, illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che ha accolto l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado, che aveva accolto il ricorso dello stesso contribuente contro il silenzio-rifiuto formatosi su istanza di rimborso IRAP. Ministero ed Agenzia resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità dell’atto di appello dell’Ufficio, assumendo che l’appellante non avrebbe indicato i punti della sentenza di primo grado da esso ritenuti erronei.

1.1.- Il mezzo è inammissibile per difetto di autosufficienza. Il ricorrente avrebbe infatti dovuto riportare il contenuto dell’atto di appello dell’Ufficio per consentire a questo giudice di legittimità la valutazione riguardo alla fondatezza della censura.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente, sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge, censura la sentenza impugnata sia per quanto riguarda l’assunto secondo cui i professionisti privi di qualsiasi organizzazione sarebbero soggetti ad IRAP, sia per il difetto di un accertamento in fatto riguardo alla sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione.

2.1.- Il mezzo è fondato sotto entrambi i profili. In tema di IRAP, questa Corte ha affermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e all’art. 53, comma 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 3676/07 ed altre).

Il giudice tributario – secondo cui sarebbe illogico esentare dal tributo in base alla carenza di organizzazione – ha dunque fatto applicazione di un erroneo principio di diritto, omettendo di conseguenza il necessario accertamento in fatto.

3. – La sentenza impugnata – accolto il secondo motivo e dichiarato inammissibile il primo – deve pertanto essere cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, che procederà ad un nuovo esame dell’appello dell’Ufficio, facendo applicazione del principio di diritto enunciato sub 2.1.

P.Q.M.

la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2010

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