Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4025 del 20/02/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4025 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 6495 del ruolo generale dell’anno
2015, proposto

dal
CURATORE DEL FALLIMENTO DELLA PATAGONIA S.r.l. in
li q uidazione (P.I.: 03358480238), Donatella Berto
rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli
avvocati Marina Cavedal (C.F.: CVD MRN 59C62 L407L) e Arturo Cancrini (C.F.: CNC RTR 55C13 H501S)
-ricorrentenei confronti di
BORTOLINI Alvise (C.F.: BRT LVS 65S03 A083V)
BORTOLINI Alessio (C.F.: BRT LSS 71H15 A757E)
rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso,
dagli avvocati Maurizio Paniz (C.F.: PNZ MRZ 48E09 A7570) e
Italico Perlini (C.F.: PRL TLC 43M14 I364P)
-controricorrentiper la cassazione della sentenza del Tribunale di Belluno n.
574/2013, depositata in data 3 dicembre 2013;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in
data 19 dicembre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo;
uditi:

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Data pubblicazione: 20/02/2018

il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Anna Maria Soldi, che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
l’avvocato Valeria Ninfadoro, per delega degli avvocati Marina
Cavedal ed Arturo Cancrini, per la curatela ricorrente;
l’avvocato Matteo Silvestri, per delega dell’avvocato Maurizio
Paniz, per i controricorrenti.

Lucia Nives Pellegrini ha proposto opposizione all’esecuzione,
ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c., avverso l’atto di precetto di pagamento della somma di C 123.994,69 intimatole
dalla curatela del fallimento della società Patagonia S.r.l. in liquidazione sulla base di una sentenza di condanna emessa dal
tribunale tedesco di Leineburg e resa esecutiva in Italia con
decreto della Corte di Appello di Venezia n. 1216 del 16 dicembre 2008/19 gennaio 2009.
L’opposizione è stata accolta dal Tribunale di Belluno.
La Corte di Appello di Venezia ha dichiarato inammissibile
l’appello della curatela, ai sensi dell’art. 348 bis, comma 1,
c.p.c., ritenendo che non vi fossero ragionevoli probabilità di
un suo accoglimento.
Ricorre avverso la sentenza di primo grado la curatela del fallimento della società Patagonia S.r.l. in liquidazione, sulla base di sette motivi.
Resistono con controricorso Alvise ed Alessio Bortolini, eredi di
Lucia Nives Pellegrini, deceduta nelle more.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «Violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 36, 38, 45 e 58 Regolamento
CE/44/2001».

Il motivo è sviluppato sotto tre distinti profili.
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Fatti di causa

1.1 «L’efficacia esecutiva della sentenza n. 30 352/06 emessa
dal Tribunale di Lúneburg».
In relazione al primo profilo, il motivo di ricorso in esame non
coglie la effettiva ratio decidendi della decisione impugnata,
ed è dunque inammissibile.
L’efficacia esecutiva della sentenza tedesca, in astratto, non è
stata affatto messa in discussione nella sentenza impugnata;

tandosi di una sentenza di condanna della Pellegrini a prestare
manleva in relazione ad una obbligazione che la Patagonia
S.r.l. avrebbe dovuto adempiere nei confronti di un terzo, e
quindi di una condanna il cui stesso oggetto presupponeva
l’avvenuto futuro adempimento in favore del suddetto terzo,
perché essa potesse in concreto fondare l’esecuzione forzata
era necessario che la creditrice dimostrasse di avere corrisposto in favore di quest’ultimo i relativi importi.
1.2 «La preclusione per il Giudice italiano di “interpretare” la
sentenza straniera»
Sotto il secondo profilo, il motivo di ricorso in esame è infondato.
Non sussiste alcuna preclusione per il giudice italiano
nell’interpretazione di una sentenza straniera resa esecutiva
nel nostro ordinamento: l’interpretazione del titolo è
un’attività indissolubilmente connaturata all’attuazione del diritto a mezzo del processo esecutivo, e deve sempre essere
compiuta dal giudice dell’esecuzione in relazione al titolo stesso (essendo essa peraltro assoggettata a controllo, a mezzo
delle opposizioni esecutive proponibili dalle parti), indipendentemente dalla sua provenienza.
D’altra parte, come è stato già affermato da questa Corte, la
verifica della sussistenza di un valido titolo esecutivo azionabile nel nostro Paese spetta al giudice italiano, il quale deve
compiere detta verifica in conformità alle norme
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la corte di appello si è infatti limitata ad osservare che, trat-

dell’ordinamento nel quale il titolo stesso è venuto ad esistenza, ed è in questo quadro pienamente legittima la facoltà del
debitore precettato di adire il giudice italiano con l’opposizione
di cui all’art. 615 c.p.c. (siccome, fra l’altro, ammette Corte di
Giustizia – quinta civile, 2 luglio 1985, C.148/84 Deutsche Genossenschaftsbank c. s.a. Brasserie du Pecheur: così Cass.,
Sez. 3, Sentenza n. 12963 del 14/06/2011, Rv. 617514 –

sdizione italiana sull’esecuzione forzata in caso di titoli esecutivi stranieri resi esecutivi nel nostro paese ai sensi del Regolamento CE/44/2001 (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9350
del 12/04/2017, Rv. 643999 – 01).
1.3 «L’insussistenza, secondo il diritto tedesco, della preven-

tiva escussione dell’obbligato principale».
Sotto quest’ultimo profilo, infine, il motivo di ricorso in esame
è in parte inammissibile ed in parte infondato.
È inammissibile nella parte in cui la censura appare diretta a
contestare l’interpretazione operata dai giudici di merito in ordine all’oggetto (e precisamente all’esatto comando) della
sentenza posta in esecuzione, che è questione di fatto non
proponibile in sede di legittimità.
È infondato laddove la curatela ricorrente assume che, secondo il diritto tedesco, l’efficacia esecutiva concreta della condanna alla manleva non sarebbe subordinata all’effettivo pagamento effettuato in favore del terzo.
Oltre a trattarsi di un assunto in contrasto con il contenuto
della stessa sentenza posta in esecuzione, che esprime chiaramente tale subordinazione (secondo l’incensurabile interpretazione del suo oggetto data dal giudice di merito), non vengono neanche indicate le norme del diritto tedesco dalle quali
esso discenderebbe, e che sarebbero eventualmente state violate dal tribunale.

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01), anche in tal modo realizzandosi il monopolio della giuri-

Al contrario, è la stessa documentazione prodotta dalla curatela ricorrente con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378
c.p.c. a confermare che la sentenza posta a base del precetto
opposto non era, da sola, idonea a fondare la minacciata esecuzione per espropriazione forzata, neanche nel diritto tedesco.
Dall’ordinanza del Tribunale di Lineburg del 27 marzo 2008

posta alla base di un procedimento per l’esecuzione di obblighi
di fare in Germania, solo all’esito del quale – ed a seguito
dell’accertamento che la debitrice Pellegrini non aveva adempiuto e non era intenzionata a farlo – è stata autorizzata la
creditrice «ad effettuare essa stessa l’esenzione spettante alla

debitrice, della creditrice dal pagamento del credito della ditta
Arredogel S.p.A.» ed è stato conseguentemente fatto obbligo
alla Pellegrini «al fine dell’esenzione della creditrice dal credito

della ditta Arredo gel S.p.A. con sede a Longarone in Italia di C
101.461,15, di versare anticipatamente una somma pari ad
essa». Nella parte motiva del provvedimento è poi addirittura
espressamente chiarito che «la presente ordinanza costituisce

tuttavia solo il titolo esecutivo, non però la misura coercitiva
in senso stretto e pertanto non interviene nei diritti di sovranità italiani. Qualora la creditrice desideri imporre coercitivamente in Italia l’obbligo di pagamento anticipato derivante
dalla presente ordinanza, è tenuta ad attuare ciò in base al diritto italiano di esecuzione forzata, come dall’art. 22 cifra 5 del
Regolamento CE sulla competenza giurisdizionale, e sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni. Qualora desideri,
come reso noto da ultimo, eseguire la sua imposizione in
Germania, è tenuta ad avviare l’esecuzione per crediti pecuniari separatamente …».
In altri termini, l’originaria sentenza di condanna alla manleva
resa esecutiva in Italia con decreto della Corte di Appello di
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(n. 3 0 352/06) emerge che la sentenza in questione è stata

Venezia non era idonea a fondare direttamente il processo esecutivo per espropriazione, al fine dell’immediato recupero
del relativo importo in denaro, neanche in base al diritto tedesco, essendo necessario un procedimento per esecuzione di
obblighi di fare, solo all’esito del quale si è formato il (diverso)
titolo esecutivo di pagamento, idoneo a fondare «l’esecuzione
forzata per crediti pecuniari» (e quindi l’esecuzione forzata per

Orbene, nel nostro ordinamento si ritiene che le sentenze di
condanna alla manleva, e in generale quelle condizionate
(come ad esempio quelle dell’obbligato di regresso contestuali
alla condanna dell’obbligato principale), consentano direttamente l’esecuzione forzata per espropriazione, previa dimostrazione da parte del creditore procedente di avere posto in
essere il relativo pagamento oggetto della manleva (o, in generale, previa dimostrazione dell’avveramento della condizione: cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2680 del
11/03/1998, Rv. 513577 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 490 del
15/01/2003, Rv. 559743 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12300 del
21/08/2003, Rv. 566121 – 01: «il giudice investito da una
domanda di condanna del creditore verso un obbligato solidale
e da una domanda di regresso proposta da quest’ultimo verso
altro coobligato ben può emettere due distinte pronunce di
condanna, l’una subordinata all’altra, nel senso che la pronuncia in via di regresso può essere posta in esecuzione soltanto
ove venga dimostrato, da parte del primo condebitore,
l’adempimento nei confronti del creditore, atteso che
l’ordinamento ammette la sentenza condizionata quando
l’avvenimento futuro ed incerto cui viene subordinata
l’efficacia della condanna si configuri come elemento accidentale della decisione, così formulata in omaggio al principio di
economia processuale»).

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espropriazione, nel diritto italiano).

Si potrebbe quindi, al più, ritenere (come ha fatto il tribunale)
che la sentenza tedesca di condanna alla manleva avrebbe potuto essere posta in esecuzione in Italia secondo le suddette
modalità, senza la necessità della preventiva esecuzione diretta per obblighi di fare e la formazione del titolo esecutivo (tedesco) di condanna all’anticipazione degli importi necessari
per «l’esenzione», necessario in quell’ordinamento per pro-

In ogni caso, peraltro, la sentenza di condanna alla manleva titolo ontologicamente condizionato – di certo non poteva essere posta direttamente a base di un processo esecutivo per
espropriazione, in Italia, senza quanto meno l’allegazione – e,
in caso di contestazione, la dimostrazione – dell’avvenuto avveramento della condizione.
È infine del tutto irrilevante, per quanto fin qui osservato, la
considerazione che la sentenza sia stata spedita in forma esecutiva dallo stesso tribunale di Liineburg.

2. Con il secondo motivo si denunzia «Violazione ed errata
applicazione degli artt. 115 c.p.c., 1199, 2702, 2733, 2735,
2709 e 2710 c.c. e 30, 31, 43 L.F.».
Con il terzo motivo si denunzia «Violazione ed errata applica-

zione dell’art. 2721, primo comma e 2726 c.c.: questione di
legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 24 Costituzione».
Con il quarto motivo si denunzia «Violazione o erronea appli-

cazione dell’art. 2721, primo comma, c.c.: l’eccepibilità a istanza di parte della violazione del limite di prova».
Con il quinto motivo si denunzia «Violazione e erronea appli-

cazione degli artt. 2721, primo e secondo comma c.c.».
Con il sesto motivo si denunzia «Violazione ed erronea appli-

cazione dell’art. 2724 c.c.».
Con il settimo motivo si denunzia «Violazione ed errata appli-

cazione dell’art. 115 c.p.c.».
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muovere «l’esecuzione forzata per crediti pecuniari».

I motivi dal secondo al settimo – che hanno tutti ad oggetto la
questione della prova dell’avvenuta estinzione
dell’obbligazione oggetto della condanna alla manleva, da parte della società ricorrente – sono connessi e possono essere
esaminati congiuntamente.
Essi sono inammissibili.
È assorbente la considerazione che, come esattamente dedot-

cificamente la ratio decidendi autonoma della sentenza impugnata (espressa a pag. 5, nei primi cinque righi) per cui
l’eventuale estinzione del credito oggetto di manleva, che secondo la stessa curatela ricorrente sarebbe avvenuta anteriormente alla sentenza posta in esecuzione, avrebbe dovuto
essere fatta valere nel relativo giudizio di merito, e dunque la
questione è coperta da giudicato.
La suddetta ratio decidendi è evidentemente di per sé idonea
a determinare l’inammissibilità, come motivo di opposizione
all’esecuzione, dell’assunto di parte opposta tendente ad affermare che l’estinzione dell’obbligazione oggetto di manleva
era in realtà avvenuta negli anni 2005 o 2006 (anteriormente
alla sentenza tedesca, che peraltro aveva espressamente escluso che fosse già avvenuto il pagamento, per questa ragione rigettando la relativa domanda di condanna diretta ed incondizionata della convenuta), nonché di tutti i mezzi di prova
tendenti a dimostrarlo; essa è quindi idonea a fondare da sola
la decisione di rigetto della relativa eccezione.
A fini di completezza espositiva, si osserva che le prove acquisite nel corso del giudizio e tendenti a dimostrare l’estinzione
dell’obbligazione sono state comunque correttamente valutate
dal giudice del merito, in base ad adeguata motivazione, e tale valutazione non è censurabile in sede di legittimità.
D’altronde, nei motivi di ricorso in esame non è riportato lo
specifico contenuto degli ulteriori mezzi di prova orale articoRic. n. 6495/2015 – Sez. 3 – Ud. 19 dicembre 2017 – Sentenza – Pagina 8 di 9

to dai controricorrenti, in proposito non risulta impugnata spe-

lati in proposito e di cui si lamenta la mancata ammissione,
come sarebbe stato evidentemente necessario ai fini della verifica di ammissibilità e rilevanza degli stessi
3. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base
del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente

2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 13, co. 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto
dall’art. 1, co. 17, della citata legge n. 228 del 2012 (per
l’eventualità che vengano meno gli effetti dell’ammissione della curatela al patrocinio a spese dello Stato).
per questi motivi
La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la curatela ricorrente a pagare le spese del
giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi C 5.800,00, oltre C 200,00 per
esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per
l’eventuale versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello
stesso art. 13.
Così deciso in Roma, in data 19 dicembre 2017.

al termine previsto dall’art. 1, co. 18, della legge n. 228 del

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