Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4024 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/02/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 16/02/2021), n.4024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31819-2019 proposto da:

B.B. & C. S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA C. ALBERTO, 8, presso lo studio

dell’avvocato AURELIO GIUNCHI, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIANLUCA MONTERISI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

MAZZINI 96, presso lo studio dell’avvocato MARINA ROSSI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRA GIOMBETTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2399/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 02/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

B.B. & c. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 2399/2018 del 2 novembre 2018.

Resiste con controricorso il Condominio di (OMISSIS).

La Corte d’appello di Ancona ha accolto il gravame avanzato dalla B.B. & c. s.r.l. contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Ancona n. 41/2012 limitatamente alla installazione della cassette postali, confermando l’illegittimità delle restanti modifiche delle parti comuni realizzate dalla condomina B.B. & c. s.r.l., ed in particolare della sopraelevazione costruita con taglio dei ferri dell’armatura dell’ascensore, attesa la violazione del Reg. Condominio (OMISSIS), art. 4, il quale impone l’autorizzazione dell’assemblea per le innovazioni e le modificazioni delle cose comuni.

Il primo motivo di ricorso della B.B. & c. s.r.l. deduce la violazione dell’art. 100 c.p.c., non avendo il Condominio di (OMISSIS) dimostrato l’esistenza di un concreto interesse ad agire.

Il secondo motivo di ricorso allega la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1102,1362,1364 e 1367 c.c., avendo la Corte d’appello errato nell’interpretazione della prescrizione regolamentare che vieta le “modificazioni” delle cose comuni, dovendosi intendere tale termine limitato alle ipotesi di utilizzo maggiore del bene comune, e non estensibile alla realizzazione delle opere indispensabili per l’utilizzo delle porzioni di proprietà esclusiva.

Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 833,1175 e 1375 c.c., avendo la Corte d’appello sottovalutato l'”infima e trascurabile incidenza sui beni comuni” delle modifiche operate, e comunque ignorato le esigenze di solidarietà economica e sociale che le avrebbero giustificate.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, giacchè connessi.

La sentenza impugnata ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei tre motivi di ricorso non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilità del ricorso ex art. 360 bis c.p.c., n. 1 (Cass. Sez. U., 21/03/2017 n. 7155).

L’interpretazione consolidata di questa Corte – proprio con riguardo a disposizioni che, come il Reg. del Condominio di (OMISSIS), art. 4, impongano il consenso preventivo dell’assemblea per qualsiasi opera compiuta dai singoli condomini che possa modificare le parti comuni dell’edificio – riconosce all’autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà. Ne consegue che i singoli condomini non possono sottarsi all’obbligo, di carattere negoziale, derivante dalle disposizioni del regolamento che impongono di richiedere la preventiva autorizzazione degli organi del condominio per eseguire qualsiasi lavoro sulle cose comuni o sulle parti esclusive (cfr. indicativamente Cass. Sez. 2, 21/05/1997, n. 4509; Cass. Sez. 2, 02/05/1975, n. 1680; Cass. Sez. 2, 29/04/2005, n. 8883; Cass. Sez. 2, 24/01/2013, n. 1748; Cass. Sez. 2, 19/12/2017, n. 30528; Cass. Sez. 6 – 2, 18/11/2019, n. 29924).

In tali evenienze, le modificazioni apportate da uno dei condomini alle parti comuni, nella specie mediante taglio di alcuni ferri dell’armatura della parete portante del vano ascensore per inserirvi impianti ad uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, in assenza della preventiva autorizzazione prevista dal regolamento di condominio, connotano potenzialmente tali opere come abusive e configurano l’interesse processuale del condominio che agisce in giudizio a tutela della cosa comune.

E’ inammissibile comunque la censura volta a proporre una diversa interpretazione della nozione di “modificazione delle cose comuni” contenuta nel regolamento condominiale, risolvendosi la stessa nella mera contrapposizione tra l’interpretazione della ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, non dovendo, del resto, essere quest’ultima l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni. L’interpretazione del regolamento contrattuale di condominio da parte del giudice del merito è comunque insindacabile in sede di legittimità quando non riveli violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici.

D’altro canto, le modificazioni, cui si riferisce l’art. 1102 c.c., si inquadrano proprio nelle facoltà del condomino in ordine alla migliore, più comoda e razionale, utilizzazione della cosa, facoltà che incontrano comunque i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712).

Peraltro, in presenza di un tale limite convenzionale nel regolamento condominiale, che subordini ogni modifica delle parti comuni al consenso assembleare, comunque costituente valida deroga alle disposizioni dell’art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/11/1998, n. 11268), non ha rilievo nemmeno invocare, come fa la ricorrente, il diritto spettante ai condomini di collocare sulle cose comuni gli impianti che possano considerarsi indispensabili per l’abitabilità dei rispettivi appartamenti o comunque per trarne una utilità aggiuntiva e più intensa.

Si consideri, infine, che la domanda azionata da un condominio in base al disposto dell’art. 1102 c.c., ed avente quale fine il ripristino dello “status quo ante” di una cosa comune illegittimamente alterata da un condomino, ha natura reale, in quanto si fonda sull’accertamento dei limiti del diritto di comproprietà su un bene. Tale natura reale della pretesa esclude in radice la configurabilità del presupposto, necessario ex art. 833 c.c., per aversi atto emulativo, dell’assenza di qualsiasi utilità in capo al proprietario (Cass. Sez. 2, 31/10/2018, n. 27916; Cass. Sez. 2, 11/09/1998, n. 9001; Cass. Sez. U, 16/05/1983, n. 3359). Parimenti sussiste evidentemente l’interesse ad agire del Condominio attore per denunciare l’avvenuto superamento dei limiti di cui all’art. 1102 c.c., e curare l’osservanza del regolamento di condominio. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

 

 

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