Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4023 del 01/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4023 Anno 2016
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 20433-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrentE –

201

contro

4630

FERDINANDi VTNCENZO FRDVCN69M17C034V;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 01/03/2016

FERDINANDI

VINCENZO

ERDVCN69M170034V,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO PELLICO
36, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO TALLADIRA,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO ROSARIO
BONGARZONE, giusta delega in atti e da ultimo

DI CASSAZIONE;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585;
– intimata avverso la sentenza n. 7105/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/08/2009 R.G.N.
4602/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/12/2015 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
Avvocato FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso
per: in via principale inammissibilità in subordine
rigetto e assorbimento del ricorso incidentale.

domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA

R.G. n. 20433/10
Ud. 2 dic. 2015

La Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 24
agosto 2009, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto stipulato tra
Poste Italiane S.p.A. e Ferdinandi Vincenzo, disponendo la
conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato, la
riammissione in servizio del predetto lavoratore e la condanna della
società al pagamento delle retribuzioni a decorrere dalla data di
messa in mora.
Il contratto era stato stipulato dal 15 aprile 2000 al 30 giugno
2000, ai sensi dell’art. 8 CCNL dei dipendenti postali del 26
novembre 1994, come integrato dall’accordo del 25 settembre 1997,
“per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione
della trasformazione della natura giuridica dell’Ente, in ragione della
graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di
sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del
progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione Poste Italiane
sulla base di due motivi. Resiste il lavoratore con controricorso,
proponendo ricorso incidentale condizionato per un motivo. Il
lavoratore ha altresì depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deve preliminarmente disporsi la riunione dei ricorsi, in
quanto proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).
2. Con il primo motivo la ricorrente principale, denunciando
violazione e falsa applicazione degli artt. 8 CCNL dei dipendenti
postali del 1994, 23 L. n. 56 del 1987, 1362 e segg. cod. civ., 112

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

2

cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione, deduce che la sentenza
impugnata è affetta da ultrapetizione per avere preso in
considerazione questioni (ultrattività del contratto collettivo del 1994
e scadenza autorizzatoria a stipulare contratti a termine dopo la data
del 30.4.1998) non dedotte dal ricorrente, sulíequall non era stato
instaurato il contraddittorio.

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Deduce che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che il
CCNL dei dipendenti postali del 1994 avesse una efficacia temporale
limitata al 31 dicembre 1997. L’intenzione delle parti sociali era
quella “di applicare la normativa collettiva di cui si discute ben oltre
la data formalmente indicata quale termine di scadenza del contratto
collettivo”. In particolare l’accordo del settembre 1997, integrativo
dell’art. 8 del contratto collettivo anzidetto, costituiva la prova
inconfutabile della ultrattività della disciplina pattizia ed ulteriore
conferma della libera e reciproca volontà delle parti “di proseguire
nell’applicazione delle disposizioni contrattuali in attesa di un futuro
rinnovo contrattuale”.
4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, il
lavoratore, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 23
della legge n. 56 del 1987, in relazione all’art. 3 della legge n. 230
del 1962, deduce che la Corte di merito ha ritenuto illegittimo il
contratto perché stipulato oltre la data del 30 aprile 1998,
successivamente cioè all’efficacia temporale degli accorsi collettivi
precedenti. Ma, aggiunge il ricorrente, la società datrice era anche
tenuta a fornire la prova delle circostanze dedotte a giustificazione
del contratto, atteso che ai contratti stipulati ai sensi dell’art. 23
sopra citato erano applicabili anche le disposizioni di cui alla legge n.
230 del 1962, ed in particolare quella in materia di onere della prova
a carico del datore di lavoro (art. 3).
5. Il ricorso principale è inammissibile perché privo della
sommaria esposizione dei fatti di causa (art. 366, primo comma, n.
3, cod. proc. civ.).
Esso infatti contiene la trascrizione integrale del ricorso di
primo grado, della memoria difensiva di Poste, della sentenza di

3. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa

3

primo grado e del ricorso in appello della società, atti questi
preceduti dalla sola indicazione della causale del contratto e dalla
seguente affermazione: “Il lavoratore, sulla base di molteplici
deduzioni, chiedeva accertarsi e dichiararsi l’illegittimità del termine
apposto al contratto stipulato, con conversione del rapporto di lavoro
intercorso in rapporto a tempo indeterminato e condanna della

Al riguardo, questa Corte, ha più volte affermato, che, ai fini
della sussistenza del requisito in questione, è necessario, in ossequio
al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano
indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perché
il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione
dell’oggetto della controversia, dello svolgimento dei processo e delle
posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre
fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da
acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la
decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (Cass. 12
giugno 2008 n. 15808; Cass. 9 marzo 2010 n. 5660 e, in
precedenza, fra le altre, Cass. 24 luglio 2007 n. 16315; Cass. 31
gennaio 2007 n. 2097).
Con riguardo, poi, al ricorso confezionato mediante la
riproduzione degli atti dei pregressi atti del giudizio con
procedimento fotografico o similare, è stato affermato che esso è
inammissibile per violazione del criterio di autosufficienza, in quanto
detta modalità grafica viola il precetto dell’art. 366, primo comma, n.
3, cod. proc. civ., che impone l’esposizione sommaria dei fatti di
causa, e grava la Corte di un compito – consistente nella lettura
integrale degli atti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che
effettivamente rileva ai fini della decisione – che le è
istituzionalmente estraneo, impedendo l’agevole comprensione della
questione controversa (Cass. 12 ottobre 2012 n. 17447; Cass. 2
maggio 2013 n. 10244; Cass. 24 febbraio 2014 n. 4314).
Ed ancora, “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del
requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa
riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è,
per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si

Società al pagamento delle retribuzioni omesse”.

4

“N

dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda
processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la
necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad
affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche
quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto
effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso” (cfr. Cass. Sez.
un. 11 aprile 2012 n. 5698).
Deve pertanto dichiararsi inammissibile il ricorso principale, con
la conseguenza che il ricorso incidentale, in quanto tardivamente
proposto, perde ogni efficacia (art. 334, secondo comma, cod. proc.
civ.).
6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale
e privo di efficacia quello incidentale. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida, a favore di
Ferdinandi Vincenzo, in C 100,00 per esborsi ed C 1500,00 per
compensi professionali, oltre accessori di legge.
Cossi deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 dicembre 2015.
IDENTE

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