Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4022 del 19/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 19/02/2010), n.4022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32581/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

T.A.;

– intimato –

sul ricorso 34690/2006 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CASETTA MATTEI

239, presso lo STUDIO TROPEA SERGIO PRIMAVERA FRANCESCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato TARANTO VINCENZO, giusta delega

a margine;

– controricorrente e ricorrente incid. –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 180/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 14/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale, con cui si chiede che la Corte di Cassazione,

in Camera di consiglio, voglia rigettare il ricorso principale per

manifesta infondatezza, assorbito l’incidentale.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che T.A., con ricorso presentato nei confronti del concessionario Montepaschi Serit S.p.A. e dell’Agenzia delle Entrate, impugnava la cartella di pagamento emessa a seguito di iscrizione a ruolo del 3.1.2002 chiedendo l’annullamento dell’iscrizione a ruolo per intervenuta decadenza e l’annullamento per violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, per essere la stessa erronea in quanto l’appello era avvenuto nei termini di legge di cui all’art. 327 c.p.c.;

che si costituiva il concessionario chiedendo, tra l’altro, che venisse dichiarato il difetto di legittimazione passiva; che la C.T.P. accoglieva il ricorso;

che contro la relativa sentenza l’Agenzia delle Entrate il 2.2.2004 proponeva appello ed il contribuente resisteva;

che la C.T.R. competente con la sentenza di cui in epigrafe, rilevava che dagli atti risultava la presentazione in data 20.4.2004 di istanza di definizione della lite fiscale L. n. 289 del 2002, ex art. 16, da parte del contribuente e di comunicazione in data 24.12.2004 del relativo diniego da parte dell’Agenzia delle Entrate; rilevava inoltre che nella medesima udienza veniva in trattazione la controversia relativa al diniego di definizione della lite pendente e che tale controversia era stata decisa con l’accoglimento dei ricorso del contribuente. Alla luce di ciò la C.T.R., visto l’accoglimento dell’opposizione del contribuente contro il diniego della definizione di lite pendente, ritenuta cessata la materia del contendere, dichiarava estinto il giudizio per intervenuto condono L. n. 289 del 2002, ex art. 16;

che il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia ricorrono per Cassazione avverso tale ultima sentenza ed il contribuente resiste con controricorso e produce ricorso incidentale con il quale ribadisce: – l’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia, che ha omesso di proporre appello anche nei confronti del concessionario, costituito nel giudizio di primo grado; – la nullità della cartella di pagamento in oggetto per violazione del D.Lgs. n. 602 del 1973, art. 25.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che il Ministeso dell’Economia e delle Finanze non è stato parte del procedimento di revocazione e che pertanto il ricorso dallo stesso proposto è inammissibile;

che l’Agenzia censura la sentenza impugnata con triplice motivo deducendo: 1) – la nullità della stessa, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., per non essersi il giudice dell’appello pronunciato sull’eccepito difetto di legittimazione passiva, essendo stata la cartella emessa dal concessionario nei cui confronti andava integrato il contraddittorio; 2) – la violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, per essere nel caso di specie unico legittimato passivo il concessionario alla riscossione; 3) – la violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, per essere stato dichiarata l’estinzione del giudizio per intervenuto condono L. n. 289 del 2002, ex art. 16, mentre nella fattispecie detta agevolazione non poteva ritenersi sussistente mancando un vero e proprio atto impositivo;

che tale ricorso principale deve essere rigettato per manifesta infondatezza. Ed infatti la ratio decidendi dell’impugnata sentenza consiste nella dichiarazione di cessata materia del contendere per essere stato accolto, con altra e distinta sentenza, il ricorso del contribuente avverso il diniego di condono. Si legge infatti nella brevissima motivazione “La commissione, rilevato che è stata accolta l’opposizione del contribuente contro il diniego della definizione di lite fiscale pendente (condono) ai sensi della L. n. 289 del 1992, art. 16, dichiara cessata la materia del contendere”. Ne consegue che, in particolare, la censura svolta con il terzo motivo del ricorso, cioè la non condonabilità dell’atto, avrebbe dovuto essere eccepita in una impugnazione avverso la sentenza che ha accolto il ricorso avverso il diniego di condono da parte dell’Amministrazione Finanziaria e non nella presente sede, nella quale si esamina una sentenza che nulla dice circa tale condonabilità, costituendo solo la conseguenza di tale accoglimento;

che ciò determina, assorbiti gli altri due motivi di ricorso ed assorbito il ricorso incidentale, il rigetto de ricorso;

che tenuto conto della non linearità del percorso processuale della fase di appello appare opportuno compensare le spese del giudizio.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto da Ministeso dell’Economia e delle Finanze e rigetta il ricorso principale proposto dall’Agenzia, assorbito quello incidentale.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2010

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