Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 402 del 13/01/2010

Cassazione civile sez. I, 13/01/2010, (ud. 27/10/2009, dep. 13/01/2010), n.402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. R.G. 6255 dell’anno 2007 proposto da:

T.L. elett.te dom.to in Roma via del Tritone 102 presso

l’avv. NANNA VITO con l’avv. Attilio Spagnolo del Foro di Bari che

lo rappresenta e difende per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente in

carica, dom.to in Roma via dei Portoghesi 12 presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

Avverso il decreto della Corte di Appello di Lecce in data

28.12,2005. Udita la relazione del relatore Cons. Dott. Luigi

Macioce svolta nella c.d.c. del 27.10.2009;

Udito il difensore avv. A. Spagnolo;

Udito il P.G. nella persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Giampaolo

Leccisi che ha concluso per il rigetto del ricorso richiamando le

conclusioni ex art. 375 c.p.c..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.L. chiese alla Corte di Appello di Lecce con ricorso 21.9.2001 equa riparazione con riguardo a procedimento – avente ad oggetto il riconoscimento di pensione per causa di servizio – durato innanzi alla Corte dei Conti dal 22.2.1975 e non ancora definito in appello nel 2001. La Corte adita con decreto 10.1.2002 accolse in parte la domanda valutando come irragionevole il tempo di anni 20 e pertanto liquidando indennizzo pari ad Euro 5.164,57.

Il T. propose ricorso per cassazione e la adita Corte di legittimità, con la sentenza n. 21045 del 2004 lo accolse, cassando l’impugnato decreto con rinvio alla stessa Corte anche per le spese, statuendo, per quel che rileva, che:

1. dovesse riconsiderarsi per più versi, e come precisato, la valutazione afferente la durata irragionevole del processo;

2. dovesse rivalutarsi l’indennizzo annuo alla stregua dei parametri indicati dalla CEDU essendo inaccettabile quello applicato e pari ad Euro 258 ad anno.

3. dovesse rinviarsi allo stesso Ufficio per l’applicazione di detti principii e per determinazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

La Corte di Lecce in sede di rinvio, con decreto 28.12.2005, ha rideterminato il periodo di durata irragionevole in anni 31 e, facendo applicazione del parametro minimo CEDU, ha liquidato la somma di Euro 31.000, disponendo la integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità e di quello di rinvio “considerato il notevole ridimensionamento della domanda, per come formulata dal ricorrente”.

Per la cassazione di tale decreto il T. ha proposto ricorso il 15.2.2007 al quale si è opposta la Presidenza con controricorso. Il P.G., nelle richieste ex art. 375 c.p.c., ha concluso per il rigetto del ricorso, come manifestamente infondato, ed il ricorrente ha depositato memoria finale.

Nel ricorso il T. denunzia con un primo motivo la violazione del principio di diritto recato dalla sentenza rescindente e dei principi formulati dalla CEDU con riguardo alla necessità che l’indennizzo sia adeguato, correlato alla natura personale e previdenziale del diritto, incrementato con la progressiva durata del processo. Con un secondo e terzo motivo, quindi, il T. lamenta la invalidità e la incongruità motivazionale della decisione di compensare le spese dei due gradi sulla base di ragioni inesistenti ed illogiche. La contro ricorrente Presidenza dissente da tutte le censure.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che, manifestamente infondate le censure afferenti la determinazione dell’indennizzo (pari ad Euro 1.000,00, annui per i 31 anni di durata irragionevole), sia certamente fondata la censura attingente la incongrua motivazione a sostegno della decisione di compensare le spese dei due gradi.

Quanto alla pretesa esiguità del parametro di indennizzo annuo, che la Corte di rinvio ha motivatamente contenuto nella somma di Euro 1.000,00 facendo capo alla parametrazione indicata nella sentenza rescindente e nelle decisioni della CEDU (che si è affermato aver liquidato in analoghi casi somma annua oscillante tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.250,00), ritiene il Collegio che la determinazione sia stata adottata conformandosi ai parametri generali della CEDU, in linea con le stesse indicazioni della Corte Europea contenute nelle note sentenze del 29.3.2006 ed in una prospettiva di determinazione consentita dalle S.U. nella sentenza n. 1338/04: ed al proposito devesi richiamare il recente pronunziato di questa Corte, n. 16086/09, al quale il Collegio intende dare seguito, per il quale in determinate condizioni e previa adeguata motivazione, la liquidazione annua può attestarsi a somma anche inferiore all’importo che, nella specie, è stato determinato dalla Corte di Lecce.

Quanto alla censura sulla compensazione delle spese nei due gradi essa appare indiscutibilmente fondata, avendo la Corte di rinvio adottato motivazione macroscopicamente errata ed illogica a sostegno della sua decisione.

E’ invero noto che, se la compensazione per giusti motivi era in sè non sindacabile, la scelta – oggi obbligatoria (art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo risultante dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. A, e quindi dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11) – di adottare motivazione specifica a sostegno della compensazione era e, ratione temporis, è sindacabile in sede di legittimità per incongruità, contraddittorietà ed illogicità (S.U. n. 20598 del 2008 e Cass. n. 7253 del 2009 e n. 3218 del 2008).

Orbene, e come denunziato, la motivazione di compensare le spese del giudizio rescindente e di quello di rinvio avendo riguardo al notevole ridimensionamento della domanda, per come formulata dal ricorrente appare viziata da violazione di legge e da rilevante illogicità. In primo luogo, la Corte di rinvio ha equivocato sulla portata del petitum indennitario nella causa di equa riparazione, assegnando alle conclusioni, pervero anche erroneamente lette, un rilievo che nella logica del processo ex L. n. 89 del 2001, deve ritenersi esclusa: una volta ricordato (al seguito dei principii di cui a S.U. nn. 1338 e 1339 del 2004) che il danno non patrimoniale da irragionevole durata deve di norma presumersi essersi prodotto e che per la sua quantificazione è d’obbligo far capo, salvo a discostarsene ragionevolmente e motivatamente, alle decisioni della Corte Europea, non si scorge la rilevanza della quantificazione operata dall’attore nel giudizio di equa riparazione, essa potendo mancare totalmente od essere indifferentemente operata in difetto od in eccesso senza che la Corte adita abbia su tal dato da registrare alcun effetto di vincolo.

In secondo luogo si rileva come la Corte di rinvio abbia fatto capo ad una pretesa “quantificazione” in modo indebitamente ortopedico, ignorando che le L. 200 milioni (poco più di Euro 100.000) erano mera indicazione sollecitante l’esercizio dei poteri equitativi del giudice, infatti a tal indicazione accompagnandosi la formula della invocazione di maggior o minor somma a determinarsi.

In terzo luogo la Corte di Lecce ha ignorato che i termini entro i quali valutare la eventuale misura del soddisfacimento del profilo indennitario della pretesa erano costituiti dalla liquidazione originaria, e travolta dalla sentenza rescindente (Euro 258 ad anno), e quella correttamente applicativa dei parametri indicati dalla sentenza stessa (Euro 1.000 – 1.200 ad anno), sì che la rilevanza del petitum del T. svaniva totalmente nella sede del rinvio, nella quale al giudice del merito era imposto sia di rivalutare l’arco temporale della durata irragionevole sia di ragguagliare la liquidazione a parametro nettamente superiore a quello operato in prima liquidazione e da determinarsi in accordo con le decisioni della CEDU, in tal guisa delineandosi già per effetto della sentenza rescindente una certezza di una complessiva liquidazione superiore a quella oggetto della decisione impugnata e cassata.

Devesi pertanto cassare il decreto in parte qua e rinviare ad altra Corte perchè riesamini il regime delle spese del primo giudizio e di quello rescindente alla luce dei principi e dei criteri appena formulati e perchè regoli anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione e cassa il decreto impugnato rinviando alla Corte di Appello di Bari, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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