Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 402 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 11/01/2017, (ud. 21/07/2016, dep.11/01/2017),  n. 402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2278/2014 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende per legge;

– ricorrente –

contro

V.F., B.P.F., A.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA D. MARVASI 15, presso lo

studio dell’avvocato GIORGIO BOCCADAMO, rappresentati e difesi

dall’avvocato DANTE ANGIOLELLI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

sul ricorso 2573/2014 proposto da:

G.R., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DIOMEDE MARVASI 15, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO

BOCCADAMO, rappresentato e difeso dall’avvocato DANTE ANGIOLELLI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6062/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/07/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l’Avvocato DANTE ANGIOLELLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso, previa riunione, per il

rigetto del ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri

(Cass. sent. 17066/13) nonchè per il rigetto del ricorso

G. (Cass. sent. n. 21719/12), compensazione delle spese e

statuizione sul C.U. in subordine stralcio del ricorso G.

in attesa della decisione delle S.U..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso per Cassazione, notificato dal punto di vista del notificante il 17 gennaio 2014, contro i Dottori V.F., A.A. e B.P.F. avverso la sentenza n. 6062 del 3 dicembre 2012, pronunciata inter partes dalla Corte d’Appello di Roma.

Con detta pronuncia il giudice di seconde cure, pronunciando sull’appello proposto dagli odierni resistenti e da altro medico, G.R., in riforma della sentenza n. 3436 del 14 febbraio 2006 dal Tribunale di Roma, che aveva rigettato per intervenuta prescrizione la domanda dei medici intesa ad ottenere il risarcimento dei danni sofferti in dipendenza delle frequenza di corsi di specializzazione medica nella situazione di mancata attuazione da parte dello Stato delle direttive comunitarie 75/362/CEE, 75/363/CEE, e 82/76/CEE, ha parzialmentè il gravame proposto dai medici intimati ed ha condannato lo Stato italiano, al pagamento in favore dei medici di somme parametrate a quella di cui alla L. n. 370 del 1999, art. 11, per ciascun anno di frequenza del corso ella somma così individuate

p.2. Al ricorso della Presidenza del Consiglio, che prospetta quattro motivi, gli intimati hanno resistito con congiunto controricorso, che, per errore veniva inserito nel fascicolo iscritto a ruolo con il n.r.g. 2573 del 2014.

p.3. Tale fascicolo veniva formato in relazione al ricorso proposto contro la stessa sentenza dal G., riguardo al quale l’appello era state rigettato dalla citata sentenza, perchè egli aveva iniziato il corso di specializzazione prima del 31 dicembre 1982.

Detto ricorso è stato notificato, dal punto di vista del notificante il 15 gennaio 2014 e si è perfezionato nei confronti della destinataria il giorno successivo, ma è stato iscritto a ruolo successivamente a quello proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

p.4. Quest’ultima ha notificato controricorso.

p.5. In relazione alla fissazione della trattazione dei due ricorsi nell’odierna udienza, è stata depositata memoria dai resistenti al ricorso erariale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Il Collegio, in via preliminare, dispone, a norma dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei due ricorsi, in quanto proposti contro la stessa sentenza.

In relazione al ricorso iscritto al n.r.g. 2573 del 2014 dà atto di avere pronunciato, come da separata ordinanza, all’esito della camera di consiglio, la separazione della sua trattazione, in quanto la sua decisione supponeva l’attesa di una decisione delle Sezioni Unite della Corte, che, peraltro, è sopravvenuta successivamente alla camera di consiglio e si è concretata in un su un rinvio effettuato alla Corte di Giustizia di una questione interpretativa del diritto comunitario decisiva ai fini della soluzione da dare al detto ricorso.

p.2. La presente decisione riguarda, pertanto, soltanto il ricorso iscritto al n.r.g. 2278 del 2014 e può essere resa, ad avviso del Collegio, in forma semplificata.

p.2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2043 e 2947 c.c., nonchè dell’art. 20 paragrafi 1 e 2 e dell’art. 288, comma 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea in relazione all’art. 360, n. 3.

Vi si censura la sentenza impugnata nella parte in cui essa ha riconosciuto come configurabile un termine di prescrizione decennale ritenendo che l’azione intentata fosse diretta all’adempimento di un’obbligazione di natura indennitaria riconducibile, pertanto, alla sfera della responsabilità contrattuale. Ad avviso dell’odierno ricorrente “la figura di diritto interno cui ricondurre la fattispecie è quella dell’illecito civile ex art. 2043 c.c.”, con la conseguenza che la prescrizione applicabile sarebbe quella quinquennale, il che evidenzierebbe che al momento della domanda il diritto fato valere sarebbe stato prescritto.

p.2. Il motivo in esame è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1 e, pertanto, infondato, alla stregua di Cass. sez. un. n. 10951 del 2010.

Lo è, perchè prospetta una qualificazione dell’azione dei medici specializzatisi nella situazione di in attuazione delle direttive comunitarie, che è contraria alla giurisprudenza consolidata della Corte e lo fa, peraltro, ignorando tale giurisprudenza e, dunque, senza offrire argomenti idonei a ridiscuterla.

La qualificazione dell’azione adottata dalla sentenza impugnata è quella inaugurata da Cass. sez un. n. 9147 del 2009 e nel motivo si dissente solo da essa, ma si ignorano gli argomenti con cui essa venne coerenziata dalle sentenze gemelle di cui a Cass. nn. 10813, 10814, 1085 e 10816 del 2011 e si pretende (appunto ignorando tali sentenze) di attribuire alla giurisprudenza comunitaria, peraltro con argomenti del tutto generici, un valore qualificatorio dell’azione alla stregua dell’art. 2043 c.c..

Il Collegio non ha che da rilevare che detta qualificazione è stata ribadita in decine di casi dalla giurisprudenza di questa Sezione e di altre Sezioni (ex multis, da ultimo, Cass. n. 3653 del 2016).

Poichè la qualificazione dell’azione quale inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato comporta, come immediata conseguenza, che il termine prescrizionale non possa essere pari a cinque anni, così come previsto dall’art. 2947 c.c., ma debba essere pari a dieci, secondo quanto disposto dall’art. 2946 c.c., al momento dell’introduzione della domanda, risalente al 2003 (secondo quanto si dice nella prima pagina del ricorso ed al 2001, secondo quanto si dice a pagina 3 di esso), la prescrizione non era ancora maturata, essendo iniziato il suo decorso il 27 ottobre 1999, giusta la giurisprudenza inaugurata dalle citate sentenze gemelle del 2011. E, lo si rileva per completezza, peraltro, alla data della domanda non si sarebbe consumato nemmeno il termine quinquennale, ove fosse stato applicabile.

p.3. Con il secondo motivo di ricorso viene lamentata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il termine di prescrizione decorresse dalla L. n. 370 del 1999. Ad avviso del ricorrente, infatti, il termine di decorrenza previsto sarebbe individuato a partire dal 1991, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 1991, che ha disposto l’attuazione delle direttive comunitarie succitate.

p.3.1. Anche tale motivo impinge nell’art. 360-bis c.p.c., n. 1 e, pertanto, dev’essere rigettato, in quanto non offre alcuno spunto che metta in crisi l’orientamento ormai consolidato inaugurato dalle citate sentenze gemelle, nel senso dell’individuazione del dies a quo della prescrizione decennale dall’entrata in vigore della L. n. 370 del 1999.

p.4. Con il terzo motivo di ricorso ci si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’odierno ricorrente censura la sentenza impugnata assumendo che essa sarebbe in una inversione dell’onere della prova, non avendo dato rilievo all’onere dei resistenti di provare le condizioni fattuali necessarie a far sorgere il diritto alla remunerazione.

Ad avviso del ricorrente, in particolare, i medici avrebbero dovuto dimostrare che durante il periodo di formazione non avevano svolto alcuna attività lavorativa esterna remunerata. Con il motivo in esame si deduce, in particolare, che: “la sentenza è quindi erronea laddove ritiene sufficiente provare l’iscrizione e la frequenza alle scuole di specializzazione per ottenere, sul presupposto della inadempienza dello Stato per l’omesso recepimento delle direttive, il risarcimento del danno per la perduta adeguata remunerazione”.

p.5.1. Il motivo è inammissibile sempre alla stregua dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1 e, dunque, infondato. Esso, infatti ignora la copiosa giurisprudenza della Corte, inaugurata da questa Corte già nel 2011 (ex mutis, in particolare: Cass. n. 23577, nonchè Cass. nn. 21973, 21498, 23275 e 23276, 24816) e, poi costantemente proseguita: ex multis, nel 2013, Cass. nn. 1331, 3218, 3220, 3279, 8578, 17068, 17069, 17072, 21368; nel 2014, Cass. nn. 1064, 3438, 3439 2688, 3440, 2686, 2689; nel 2015 Cass. nn. 832, 2738, 2739, 7626, 6473, 10611).

p.6. Infine, con il quarto ed ultimo motivo di ricorso il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2043, 2056 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Si evidenzia, infatti, che, ritenendo provati gli elementi fattuali dedotti dagli odierni resistenti, la Corte territoriale avrebbe riconosciuto il danno, ancorchè esso si configurasse come perdita della chance di cui i medici avrebbero potuto godere ove avessero potuto conseguire un diploma di specializzazione nella condizione di attuazione delle direttive. Detto riconoscimento sarebbe avvenuto senza dimostrazione di quale sarebbe stata detta chance,ed in particolare dell’impossibilità di avvalersi del diploma invece conseguito in quanto si fosse voluta esercitare la professione in altro stato comunitario.

p.6.1. Il motivo – al di là della possibile configurazione di una sua inammissibilità, perchè non si dice se e dove delle relative questioni di individuazione e di prova del danno risarcibile la corte territoriale fosse stata investita ed anche ammettendo che l’odierna doglianza sia determinata dalla diversa qualificazione data alla domanda dalla corte territoriale – non considera che il danno riconosciuto dalla corte territoriale, in conformità alla giurisprudenza di questa Cote, concerne la mancata consecuzione della adeguata remunerazione, essendo l’eventuale perdita di chance che la consecuzione di un diploma di specializzazione secondo la disciplina interna di attuazione delle direttive solo un danno ulteriore e configurabile solo a certe condizioni ed anzi come tale aggiuntivo rispetto a quello liquidato alla stregua dell’art. 11 citato (si veda, in proposito, ampiamente Cass. n. 5533 del 2012).

p.7. Conclusivamente il ricorso iscritto al n.r.g. 2278 del 214 è rigettato.

p.8. Le spese relative a detto ricorso seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

PQM

La Corte riunisce il ricorso n.r.g. 2573 del 2014 a quello n.r.g. 2278 e così provvede: a) pronunciando sul ricorso n. 2278 del 2014, lo rigetta e condanna il ricorrente alla rifusione ai resistenti delle spese giudiziali, liquidate in Euro cinquemiladuecento, di cui Euro duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge; b) dispone come da separata ordinanza sul ricorso iscritto al n.r.g. 2573 del 2014.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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