Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 402 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 402 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 1457-2013 proposto da:
BARILE

VITO

BRLVTI69D21A662T,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo
studio dell’avvocato PERIFANO ESTER, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente 2013
2295

contro

MIYINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

Data pubblicazione: 10/01/2014

legis;
– controri corrente –

avverso il decreto n. 821/2012 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositate il 31/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

1

udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. FELICE

IN FATTO
Con ricorso del 12.1.2010 la Barile Pasquale e Figli s.n.c., in persona del
suo legale rappresentante, Giovanni Barile, nonché Vito Barile adivano la
Corte d’appello di Lecce per ottenere la condanna del Ministero al pagamento

relazione all’art. 6, paragrafo 1 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo (CEDU), del 4.11.1950, ratificata con legge n. 848/55, per
l’eccessiva durata di un processo civile instaurato innanzi al Tribunale di Bari
nel 1994 e definito in primo grado con sentenza del 19.10.2009.
Resisteva il Ministero.
Con decreto del 31.5.2012 la Corte territoriale accoglieva la domanda della
Barile Pasquale e Figli s.n.c., in favore della quale liquidava a titolo d’equo
indennizzo la somma di E 6.250,00, stimando in sette anni In durata del
giudizio presupposto eccedente il limite di ragionevolezza. Nulla statuiva in
ordine alla posizione processuale di Vito Barile, che non figurava neppure
nell’epigrafe del provvedimento.
Per la cassazione di tale decreto ricorre Vito Barile, in base a due mezzi
d’annullamento.
Per il Ministero della Giustizia l’Avvocatura generale dello Stato resiste
con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 161

c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c., avendo la Corte salentina ignorato,
nel proprio decreto, ogni riferimento alla posizione, alla domanda e alle
conclusioni di Vito Barile.
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di un equo indennizzo, ai sensi dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, in

2. – Il secondo mezzo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in
relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., per la conseguente omessa pronuncia
sulla domanda proposta dalla suddetta parte.
3. – I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta

decisione), sono fondati.
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che
integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato
ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di
un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle
parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che
garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che
abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale
deve essere emessa pronuncia di accog!imento o di rigetto (Cass. nn. 7653/12
e 1853/72).
Del pari, la pronuncia è omessa ove una medesima domanda giudiziale,
proposta da più parti, non sia stata esaminata con riguardo a taluna di esse.
E’ quanto è avvenuto nel caso di specie. Sebbene Vito Barile abbia agito in
proprio ai sensi della legge n. 89/01, essendo stato parte, sempre in proprio,
del giudizio presupposto (come risulta dall’esame degli atti, cui questa Corte
ha accesso trattandosi di verificare un fatto processuale), il decreto impugnato
né nell’epigrafe né in altra sua parte ne ha contemplato la presenza e la
domanda. Né, inoltre, il decreto ha riservato ulteriori decisioni ad un ipotetico
prosieguo del pmredimento.

4

complementarietà (l’omessa pronuncia, infatti, è causa di nullità della

3.1. – L’obiezione del Ministero controricorrente, secondo cui il ricorso
sarebbe invece inammissibile perché proveniente da un soggetto la cui
posizione non è stata in alcun modo considerata nel provvedimento in
questione, è sintatticamente errata nella parte in cui sembrerebbe adombrare la

Escluso che possa puramente e semplicemente negarsi tutela alla parte la
cui domanda non sia stata decisa, è ipotizzabile una sola alternativa, e cioè il
ricorso per cassazione per denunciare l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112
c.p.c. in relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., ovvero la revocazione ex art. 395,
n. 4 c.p.c., per far valere l’errore di fatto c.d. revocatorio.
Quest’ultimo si configura allorché la decisione sia stata determinata nel
proprio contenuto da un’erronea percezione degli atti di causa, come ad
esempio la supposizione di un fatto la cui verità sia incontestabilmente
esclusa, oppure la supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità sia
positivamente stabilita. L’errore revocatorio è dunque causa efficiente di una
pronuncia giudiziale ingiusta (“se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto
…”, recita il n. 4 dell’art. 395 c.p.c.), di talché come non può sussistere senza
quest’ultima, così neppure può prenderne il posto assumendo, ad un tempo,
valenza di decisione (seppure implicita) e causa del suo stesso vizio.
Del resto, che l’errore revocatorio non ricorra allorché il giudice né
esplicitamente né implicitamente neghi la proposizione della domanda, appare
evidente sol che si consideri che il mero silenzio del provvedimento non
equivale a decisione implicita di rigetto. Quest’ultima è configurabile solo
quando, pur in difetto di una specifica argomentazione in merito,
l’accoglimento della pretesa avanzata con la domanda non espressamente
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necessità di un’impugnazione per revocazione.

esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della
pronuncia (Cass. nn. 21612/13, 20311/11 e 10696/07). Per la stessa ragione
deve escludersi che equivalga ad implicita negazione della presenza in causa
di una parte il difetto di qualsivoglia riferimento ad essa, ché il silenzio mero

Anche in tal caso, pertanto, e non solo nell’ipotesi in cui il provvedimento
impugnato dia atto della domanda senza poi statuire nulla in merito, la
pronuncia deve ritenersi omessa.
4. – In accoglimento del ricorso il decreto impugnato va cassato con rinvio
alla Corte d’appello di Bari, che ai sensi dell’art. 385, 3° comma c.p.c.
provvederà anche sulle spese di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato con rinvio
alla Corte d’appello di Bari, che provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 5.11.2013.

resta ontologicamente estraneo alla decisione.

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