Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4017 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. II, 18/02/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 18/02/2020), n.4017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9682 – 2018 R.G. proposto da:

R.S. – c.f. (OMISSIS) – F.R. – c.f. (OMISSIS), –

rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce al

ricorso dall’avvocato Massimo Giusino ed elettivamente domiciliati

in Roma, alla via Vittorio Veneto, n. 7, presso lo studio

dell’avvocato Giovanni Serges;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso il Decreto del 11/21 settembre 2017, n. 642, della corte

d’appello di Messina, udita la relazione della causa svolta nella

camera di consiglio del 24 settembre 2019 dal consigliere Dott.

Abete Luigi.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso ex L. n. 89 del 2001, alla corte d’appello di Messina R.S. e F.R., dichiarati falliti dal tribunale di Catania, rispettivamente, con sentenza del 12.11.1987 e con sentenza del 20.7.1989, si dolevano per l’eccessiva durata della procedura fallimentare aperta a loro carico, siccome chiusa con decreto del 25.10.2012.

Chiedevano che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponder loro un equo indennizzo.

2. Con Decreto 23 maggio 2013 il consigliere designato rigettava il ricorso.

3. R.S. e F.R. proponevano opposizione.

4. Con Decreto n. 128 del 2014 la corte di Messina rigettava l’opposizione.

5. Con sentenza n. 15156/2016 questa Corte di legittimità, in accoglimento del ricorso proposto da R.S. e da F.R., cassava il Decreto n. 128 del 2014 della corte d’appello di Messina.

6. Con Decreto dei 11/21 settembre 2017, n. 642, all’esito del giudizio di rinvio, la corte d’appello di Messina condannava il Ministero della Giustizia a pagare a R.S. la somma di Euro 6.000,00 ed a pagare a F.R. la somma di Euro 5.000,00; condannava il Ministero a rimborsare alle controparti le spese dell’iniziale giudizio, del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio.

6.1. Evidenziava la corte che alla durata ragionevole – sei anni – della procedura fallimentare dovevano aggiungersi ulteriori sette anni, ovvero un anno per le difficoltà, ascrivibili ai falliti, connesse alla mancanza delle scritture contabili, tre anni per gli esperimenti di vendita invano eseguiti e tre anni per i tempi correlati alla celebrazione dei giudizi incidentali; che dunque la procedura aveva avuto una durata irragionevole di undici anni ed undici mesi per R.S. e di dieci anni e due mesi per F.R..

Evidenziava altresì la corte che l’indennizzo poteva congruamente computarsi nell’ammontare annuo di Euro 500,00.

7. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso R.S. e F.R.; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.

8. I ricorrenti hanno provveduto in ottemperanza all’ordinanza interlocutoria assunta all’esito dell’adunanza camerale dell’8.3.2019 a rinnovare – in data 2/3.4.2019 – la notifica del ricorso (cfr. Cass. (ord.) 17.10.2014, n. 22079).

9. A seguito della rinnovazione della notificazione il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

10. I ricorrenti hanno depositato memorie.

11. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2.

Deducono che ha errato la corte di Messina a determinare in tredici anni la durata ragionevole della procedura fallimentare; che la motivazione al riguardo è del tutto generica e non tiene conto dei poteri d’impulso e di direzione degli organi del fallimento.

12. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis.

Deducono che ha errato la corte di Messina a determinare il quantum dell’indennizzo; che la corte ha fatto riferimento a norme non applicabili nella fattispecie.

13. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 91 c.p.c., del D.M. n. 140 del 2012 e del D.M. n. 55 del 2014.

Deducono che la corte di Messina ha con succinta motivazione liquidato le spese di lite in misura inadeguata.

14. Il primo motivo è fondato è meritevole di accoglimento.

Questa Corte spiega che, in tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, la L. n. 89 del 2001, ex art. 2, comma 2, la durata delle procedure fallimentari, secondo lo standard ricavabile dalle pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo, è di cinque anni nel caso di media complessità e, in ogni caso, per quelle notevolmente complesse – a causa del numero dei creditori, della particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare (partecipazioni societarie, beni indivisi, ecc.), della proliferazione di giudizi connessi o della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti – non può superare la durata complessiva di sette anni (cfr. Cass. (ord.) 12.10.2017, n. 23982; Cass. 28.5.2012, n. 8468).

14.1. Alla luce delle surriferite indicazioni per nulla si giustifica la determinazione della durata ragionevole della procedura fallimentare che ha coinvolto R.S. e F.R., nel più lungo lasso temporale di tredici anni.

Più esattamente a fronte del limite massimo di sette anni non possono soccorrere le circostanze addotte dalla corte territoriale e correlate alla mancanza delle scritture contabili, al vano esperimento dei tentativi di vendita ed alla durata di giudizi incidentali.

Sussiste quindi il denunciato error in iudicando.

15. Il secondo motivo va respinto.

La quantificazione dell’equo indennizzo operata dalla corte siciliana si conforma alle indicazioni di questo Giudice del diritto.

Questa Corte spiega che, in tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo fallimentare, per il quale il creditore non abbia neppure dimostrato di aver manifestato nei confronti degli organi della procedura uno specifico interesse alla definizione della stessa, è congrua la liquidazione dell’indennizzo nella misura solitamente riconosciuta per i giudizi amministrativi protrattisi oltre dieci anni, rapportata su base annua a circa Euro 500,00, dovendosi riconoscere al giudice il potere, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, di discostarsi dagli ordinari criteri di liquidazione dei quali deve dar conto in motivazione (cfr. Cass. 16.7.2014, n. 16311).

Si badi, per un verso, che i ricorrenti non hanno dimostrato e prima ancora neppure hanno allegato di aver palesato agli organi della procedura fallimentare uno specifico interesse alla tempestiva definizione della stessa.

Si badi, per altro verso, che la corte siciliana non ha fatto applicazione del vigente dettato della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 1; più semplicemente ha fatto riferimento alla vigente disciplina – nella parte in cui in linea di principio il “moltiplicatore” annuo è stabilito in un importo non inferiore ad Euro 400,00 e non superiore ad Euro 800,00 – al mero scopo di corroborare in chiave motivazionale l’operata quantificazione.

Si badi, per altro verso ancora, che la corte siciliana ha in ogni caso congruamente motivato l’operata quantificazione dell’indennizzo annuo.

16. Il terzo motivo di ricorso resta assorbito nell’accoglimento del primo.

17. In accoglimento del primo motivo di ricorso il decreto n. 642 dei 11/21.9.2017 della corte d’appello di Messina va cassato con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

18. In dipendenza specificamente dell’accoglimento del primo motivo del ricorso a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), all’enunciazione, in ossequio alla previsione dell’art. 384 c.p.c., comma 1, del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalle massime desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 23982/2017 e n. 8468/2012 dapprima citati.

19. Al di là del (parziale) buon esito del ricorso, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito nell’accoglimento del primo motivo il terzo motivo di ricorso; cassa nei limiti dell’accoglimento del primo motivo di ricorso il Decreto dei 11/21 settembre 2017, n. 642, della corte d’appello di Messina e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020

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