Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4017 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. II, 18/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 18/02/2011), n.4017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94, presso lo studio dell’avvocato FIORE

GIOVANNA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

FANTINI UMBERTO, FOGLIANI ANTONIAZZI VILMA;

– ricorrente –

contro

FINEMIRO LEASING SPA ORA NEOS FINANCE SPA P.I. (OMISSIS),

appartenente al Gruppo Bancario San Paolo, in persona del Presidente

del Consiglio di Amministrazione e Legale Rappresentante Ing.

C.M. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OMBRONE

14, presso lo studio dell’avvocato LA SCALA GIUSEPPE FILIPPO MARIA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PESENTI MARCO;

– controricorrente –

e contro

LINEA ORCHIDEA SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 277/2004 del TRIBUNALE di VOGHERA, depositata

il 27/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Fiore Giovanna difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

T.L. con atto di citazione notificato il 16-2-2001 conveniva in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Stradella la s.n.c. Linea Orchidea e la s.p.a. Finemiro Leasing assumendo di essere stata indotta in data 14-11-2000 dalle suddette societa’ a concludere con l’inganno un contratto per l’acquisto di un apparecchio stimolatore; invero i rappresentanti della Linea Orchidea l’avevano convinta a sottoscrivere la proposta di acquisto asserendo che in tal modo avrebbe bloccato il prezzo del bene che le sarebbe stato consegnato dopo un anno, dal momento che l’esponente avrebbe potuto iniziare a pagare le rate solo a decorrere dal 2002; l’attrice aggiungeva che soltanto ad una successiva lettura del contratto si era avveduta che dopo la sua sottoscrizione il modulo era stato completato a penna indicando il dicembre 2000 come data di consegna, e che aveva contestato alla Linea Orchidea la rilevata difformita’ senza ricevere alcun riscontro.

La T. chiedeva quindi annullarsi la proposta di commissione per dolo della Linea Orchidea e dichiararsi che nulla era dovuto alla Finemiro Leasing. Si costituivano in giudizio le suddette societa’ contestando il fondamento delle domande attrici di cui chiedevano il rigetto; la Finemiro Leasing in particolare sosteneva di aver erogato il finanziamento alla T. sulla base di un contratto regolarmente concluso il 21-11-2000, ed in via riconvenzionale chiedeva la condanna di quest’ultima al pagamento della somma di L. 3.321.835 comprensiva di rate scadute e non pagate.

Il Giudice di Pace adito con sentenza del 28-1-3003 dichiarava la validita’ dei contratti stipulati tra le parti e condannava la T. al pagamento in favore della Finemiro Leasing della somma di L. 3.321.835 in 30 rate di L. 58,36 ciascuna.

Proposta impugnazione da parte della T. cui resistevano le suddette societa’ introducendo altresi’ entrambe un appello incidentale il Tribunale di Voghera con sentenza del 27-5-2004, in parziale riforma della decisione di primo grado, confermata nel resto, ha condannato la T. al pagamento in favore della Finemiro Leasing della somma di Euro 1715,58 comprensiva di rate scadute ed impagate, capitale residuo ed interessi moratori.

Per la cassazione di tale sentenza la T. ha proposto un ricorso affidato a due motivi cui la s.p.a Neos Finance (gia’ s.p.a. Finemiro Leasing) ha resistito con controricorso; la s.n.c. Linea Orchidea non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1341 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che quanto contenuto nei due documenti relativi ai contratti per cui e’ causa era attribuibile all’esponente e doveva presumersi da lei conosciuto ed accettato, e che un completamento di parti lasciate in bianco eseguito successivamente in modo difforme all’accordo tra i contraenti poteva essere dedotto solo impugnando di falso la scrittura riconosciuta; la T. sostiene che nella specie l’aggiunta a penna della data di consegna dopo la conclusione del contratto aveva chiaramente natura vessatoria ed avrebbe dovuto essere seguita da apposita sottoscrizione ai sensi dell’art. 1469 bis c.c., n. 10.

La censura e’ in parte infondata ed in parte inammissibile.

Sotto un primo profilo si rileva che il giudice di appello, premesso che la T. aveva riconosciuto come proprie le sottoscrizioni apposte in calce ad entrambi i contratti stipulati con le societa’ appellate, e che quindi quanto contenuto nei due documenti era attribuibile alla stessa e si doveva presumere da lei conosciuto ed accettato, ha affermato che un completamento eseguito successivamente in modo difforme all’accordo tra le parti poteva essere dedotto solo impugnando di falso le scritture riconosciute, considerato altresi’ come dato pacifico che alla T. era stata consegnata un copia del contratto completa in ogni sua parte, cosicche’ neppure poteva parlarsi di documenti completati a posteriori.

Tale assunto e’ corretto, posto che nella specie sulla base delle deduzioni della ricorrente si prospetta un riempimento “absque pactis”, sussistente allorche’ il documento esce dalla sfera di controllo del sottoscrittore completo e definitivo, sicche’ l’interpolazione del testo investe il modo di essere oggettivo dell’atto, tanto da realizzare una vera e propria falsita’ materiale, che esclude la provenienza del documento dal sottoscrittore, con la conseguenza che colui che contesta il ,-contenuto della scrittura e’ tenuto a proporre la querela di falso (Cass. 27-8-2007 n. 18059;

Cass. 1-9-2010 n. 18989).

Quanto poi alla natura vessatoria della clausola relativa alla data di consegna del bene oggetto della vendita, si rileva che con tale aspetto della censura la ricorrente prospetta una questione, che implica un accertamento di fatto, che non risulta trattata dalla sentenza impugnata; pertanto la T., al fine di evitare una sanzione di inammissibilita’ per novita’ della censura, aveva l’onere – in realta’ non assolto – non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, per dar modo a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo insufficiente motivazione, assume che erroneamente il giudice di appello ha escluso la sussistenza del dolo da parte dei rappresentanti della Linea Orchidea, che infatti avevano chiaramente aggiunto con una penna dall’inchiostro di colore diverso da quello utilizzato nel compilare il modello prestampato la data di consegna del bene in maniera difforme dagli accordi intercorsi; inoltre l’esistenza del dolo era emersa inequivocabilmente dal fatto che, mentre l’esponente ed i rappresentanti della Linea Orchidea si erano incontrati soltanto il 14-11-2000 stipulando sia il contratto di vendita che quello di finanziamento, quest’ultimo riportava la diversa data del 21-11-2000.

La censura e’ infondata.

Il giudice di appello in proposito ha affermato che la deduzione della T. di non aver letto al momento della sottoscrizione del contratto per cui e’ causa la clausola relativa alla data di consegna del bene non aveva nulla a che fare con la prospettata esistenza del dolo da parte dei rappresentanti delle due predette societa’.

Tale assunto e’ pienamente condivisibile, in quanto la ricorrente non ha minimamente enunciato (e quindi tantomeno provato) gli elementi in fatto che configurerebbero i requisiti previsti dall’art. 1439 c.c. ai fini della ricorrenza del dolo quale causa di annullamento del contratto.

In definitiva il ricorso deve essere rigettato; ricorrono giusti motivi, data la natura peculiare della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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