Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4014 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. II, 18/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 18/02/2011), n.4014

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.R. C.F. (OMISSIS), T.

G. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA BOMBAY 22, presso lo studio dell’avvocato BAGLIVO TITTI,

rappresentati e difesi dall’avvocato INGLETTI GENNARO;

– ricorrenti –

contro

R.M. C.F. (OMISSIS), R.A. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

CHIARELLO FRANCESCO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 255/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 27/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ta.Gi., con scrittura privata del 23 luglio 1975 alienava ad A. e R.R. una delle due villette da lui realizzate al rustico su un fondo di sua proprieta’ in localita’ (OMISSIS) – la cui scelta veniva lasciata alla determinazione degli acquirenti – nonche’ “non meno della meta’” del terreno esistente attorno alle due case, terreno che il venditore s’impegnava a dividere entro la data del 31 agosto 1975. Con successivo atto di citazione del 21.8.95 R. e T.G. – subentrati al padre Gi., nel frattempo deceduto – convenivano in giudizio avanti al Pretore di Lecce, sez. distaccata di Alessano, A. e R.R., deducendo che gli acquirenti – dopo aver optato per l’acquisto della casa posta a valle – avevano occupato anche la zona circostante la predetta abitazione, anche se non era stato stipulato l’atto pubblico di trasferimento e sebbene la divisione non fosse stata ancora eseguita. Lamentavano quindi che i R. per accedere al terreno di loro proprieta’ erano soliti attraversare indebitamente il viale rimasto in proprieta’ di essi attori. Chiedevano quindi che fosse dichiarata l’inesistenza del diritto di costoro ad attraversare il viale in questione e di qualsiasi servitu’ a carico della zona rimasta ad essi T. e a vantaggio di quella attribuita ai convenuti, nonche’ per sentirli condannare a chiudere il varco di accesso al cortile. I convenuti si costituivano in giudizio – nel quale poi interveniva R.M. – contestando la domanda attrice; deducevano di essersi immessi nell’abitazione da loro scelta posta a valle e nel terreno ad essa circostante, atteso che il venditore non aveva proceduto – come promesso – alla divisione dell’area in questione. Ritenevano quindi che fosse loro lecito attraversare la fascia di terreno de qua che era di pertinenza della loro abitazione, nel cui possesso erano stati regolarmente immessi da Ta.Gi.. Chiedevano quindi in via riconvenzionale il trasferimento a R.M. della proprieta’ della costruzione, “per la delimitazione della zona circostante in mq 600” con ordine agli attori di procedere all’accatastamento dell’intero cespite immobiliare.

Istruita la causa con CTU, il tribunale con sentenza in data 16.11.2001, rigettava la domanda principale, ed in accoglimento della riconvenzionale e della domanda della interventrice, disponeva il trasferimento della proprieta’ della casa e del circostante terreno in favore di R.M., regolando le spese processuali.

Secondo il tribunale il suolo con l’atto di acquisto, non era stato in effetti diviso tra le parti per cui lo stesso era rimasto tra le stesse in una “sorte di comunione indivisa” – come tale soggetta alla disciplina di cui all’art. 1100 c.c. e segg. – con la conseguente possibile utilizzazione di esso da parte di ciascun compartecipe. Non era configurabile l’individuazione di due distinti fondi, con correlativa costituzione della servitu’ di passaggio, donde l’infondatezza dell’acro negatoria servitutis esercitata dagli attori. Per quanto riguarda la riconvenzionale, il tribunale, disponeva lo scioglimento della comunione sulla base della CTU espletata, disponendo che l’immobile, con il circostante terreno, fosse intestato a R.M..

Avverso la predetta sentenza proponevano appello i T., a cui resistevano A. e R.M., in proprio e quali eredi di R.R..

L’adita Corte d’Appello di Lecce, con sentenza n. 255/05 depos. in data 27.4.2005, rigettava l’appello confermando la precedente sentenza. Ribadiva la Corte che le parti si erano accordati sulla cessione della casa, mentre non avevano individuato il terreno circostante che quindi era rimasto tra loro in comune, non avendo il venditore proceduto – come promesso – alla divisione dell’area. Era stata dunque venduta la meta’ indivisa del suolo, per cui trattandosi di un unico fondo, non era configurabile alcuna servitu’ di passaggio. Infine con la scrittura privata del 27.8.75 era stata regolarmente acquistato il cespite immobiliare per cui non era necessario per il trasferimento della proprieta’, alcun altro atto integrativo. Avverso la predetta sentenza i T. ricorrano per cassazione sulla base di 3 mezzi. Gli intimati resistono con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, gli esponenti denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 949, 1079 c.c. e dell’art. 1100 c.c. e segg. in relaz. all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 e censurano la tesi della comunione indivisa del suolo seguita dai giudici di merito. A loro avviso non e’ esatto che nella scrittura privata del 23 luglio 1975 le parti non avessero individuato l’area di pertinenza di ciascuna delle due villette, atteso che nel documento veniva identificata tale superficie con quella circostante le due case e che di tale area i R. si erano gia’ impossessati unitamente al loro immobile. I R. ciononostante pretendevano di passare ugualmente sul viale di accesso all’altra villetta, di proprieta’ di essi esponenti. La tesi della comunione indivisa, quindi, configgerebbe sia con la lettera della scrittura privata che con il comportamento delle parti contraenti successivo alla stessa, con riferimento a quanto previsto dall’art. 1362 c.c. in tema d’interpretazione del contratto.

La doglianza non appare fondata, non essendo ravvisabili le denunciate violazioni di legge. Invero la tesi dei giudici di merito della comunione delle superfici non edificate attorno alle due case seguita appare ragionevole e conforme ai canoni ermeneutici in tema d’interpretazione dei contratti.

Con il 2 motivo del ricorso viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2908 e 2932 c.c. in relaz. all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; nonche’ l’omessa o insufficiente motivazione.

Assumono i ricorrenti – reiterando analoga censura proposta in sede d’appello – che nel caso in esame non era applicabile l’art. 2932 c.c. con riferimento al trasferimento delle superfici in questione.

Nella fattispecie il venditore si era riservato di identificare le stesse con un atto successivo di divisione attraverso un impegno alla divisione del suolo delegato geom. C. entro e non oltre il 31.8.1975, impegno che pero’ non aveva avuto piu’ seguito. Era quindi necessario un successivo atto scritto (ad substantiam) che non poteva essere integrato aliunde, magari con il ricorso alla sentenza dispositiva del giudice ex art. 2932 c.c. La doglianza e’ priva di pregio.

A parte la carenza di autosufficienza della censura (non e’ stato riportato per intero il documento soprarichiamato), la scrittura privata del 27 agosto 1975 – come compiutamente osservato dalla la corte territoriale -configura non gia’ un preliminare “ma una normale vendita, conclusa in forma scritta che non ha bisogno di alcun atto integrativo” dal momento che con essa era stata alienata una delle costruzioni oltre alla meta’ indivisa del suolo di mq 1220. Ora, in difetto di accordo negoziale della domanda di scioglimento della comunione, ben poteva ciascuno dei condividenti, nell’esercizio del diritto potestativo a lui spettante, chiedere l’individuazione ed attribuzione della zona in proprieta’ esclusiva.

Il rigetto di tale censura comporta l’assorbimento del 3 motivo del ricorso riguardante l’ammissibilita’ dell’espletata CTU. In conclusione il ricorso dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 1700,00, di cui Euro 1500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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