Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4014 del 08/02/2022
Cassazione civile sez. II, 08/02/2022, (ud. 18/11/2021, dep. 08/02/2022), n.4014
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5023-2017 proposto da:
P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PROPERZIO,
27, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO DE SARNO, rappresentata e
difesa dall’avvocato SALVATORE DE SARNO;
– ricorrente –
contro
R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, V. AURELIANA,
2, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO UMBERTO PETRAGLIA,
rappresentato e difeso dall’avvocato ZINA SCOTTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4347/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 07/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/11/2021 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.
Fatto
FATTI DI CAUSA
R.F. ebbe ad evocare, avanti il Tribunale di Torre Annunziata sez. dist. di Torre del Greco, l’ex moglie P.A. per sentir accertare che il locale cantinato acquistato con rogito del 16.10.1979 e l’alloggio acquistato con rogito del 7.11.1979, ambedue immobili siti in (OMISSIS), non ricadevano nella comunione legale con l’ex coniuge, bensì erano una donazione indiretta del padre, posto che ambedue i beni erano stati dall’attore pagati con assegnai tratti sula conto corrente intestato al genitore, volendo questi beneficarlo.
Resistette la P., contestando la domanda attorea poiché gli immobili di causa, invece, facenti parte della comunione legale tra i coniugi relativamente alla quale era in corso il giudizio di divisione, e sottolineando anche che i coniugi s’erano sempre comportati in relazione a detti beni conformemente al loro regime giuridico formale.
All’esito il Tribunale oplontino accolse la domanda attorea e la P. interpose gravame avanti la Corte d’Appello di Napoli, che resistendo il R., rigettò l’impugnazione.
Osservava il Collegio partenopeo come effettivamente l’acquisto dei beni di causa era una donazione indiretta avendo il padre del R. fornito la provvista per il pagamento del prezzo degli immobili acquistati e come il Giudice oplontino aveva provveduto a correttamente valutare le emergenze istruttorie acquisite in causa a tal fine.
Avverso detta sentenza P.A. ha proposto ricorso per la cassazione sulla scorta di sei motivi, illustrato anche con nota difensiva.
Il R. s’e’ costituito a resistere con controricorso ed ha depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da P.A. s’appalesa fondato e va accolto nei termini di motivazione.
In limine va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla parte resistente in quanto invalida la procura speciale rilasciata dalla P. al suo difensore.
Difatti l’unico atto ritualmente notificato alla contro parte risulta essere avvenuto mediante Ufficiale giudiziario e tale atto porta, in calce al ricorso e prima della relata di notifica, la procura.
Detta procura contiene ed il richiamo al provvedimento impugnato ed il cenno della validità anche in fase di rinvio, sicché pur in difetto di datazione e cenno al giudizio di cassazione, per la sua collocazione fisica nel ricorso – Cass. sez. 2 n. 27302/20, Cass. sez. 2 n. 14437/19 – non può concorrere dubbio che la procura sia speciale e che attenga al ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli citata e che venne rilasciata prima della notifica dell’atto alla contro parte.
Quanto poi ai dubbi circa la veridicità della sottoscrizione della parte concorre l’autentica da parte del difensore officiato, sicché in difetto di querela di falso a nulla rileva la dedotta diversità della sottoscrizione della P. rispetto alla copia anticipata via pec.
Con il primo mezzo d’impugnazione la P. lamenta vizio di nullità del procedimento e della sentenza per violazione della disposizione ex artt. 115 e 167 c.p.c., poiché il Collegio partenopeo ha ritenuto non contestato il fatto addotto dal R. d’aver pagato gli immobili di causa con assegni tratti sul conto corrente intestato al padre R.A. e, comunque, che essa appellante aveva tenuto una difesa incompatibile con la contestazione di detto fatto costitutivo dell’altrui pretesa.
Osserva la ricorrente che, invece, ella aveva preso puntuale posizione di contestazione del fatto de quo nei suoi scritti difensivi iniziali, come attestato dai passi della sua comparsa di risposta ritrascritti nel ricorso, e la sua osservazione che la provvista del conto corrente intestato al solo R.A. era alimentata anche con denari del figlio, non escludeva necessariamente la contestazione dianzi illustrata.
Con la seconda ragione di doglianza la P. rileva violazione della regola iuris ex art. 2697 c.c., posto che il Collegio partenopeo non ha tenuto conto che l’onere di contestazione grava anche sull’attore in relazione alle contro affermazioni fatte dalla parte convenuta nei suoi scritti difensivi e, nella specie, il R. non ebbe a contestare i fatti da ella addotti nella sua comparsa.
Inoltre la Corte napoletana aveva ritenuto suo onere gravare in modo specifico la valutazione operata dal Giudice oplontino circa le risultanze probatorie afferenti ai pessimi rapporti padre-figlio lumeggiante così l’assenza dell’animus donandi, posto che invece era onere, non assolto, dell’attore dar prova del ricorrere di detto elemento essenziale alla donazione, anche indiretta.
Infine osserva la ricorrente come la Corte territoriale aveva malamente valutato i documenti da ella dimessi in causa circa la condotta tenuta dal R. in relazione ai beni ci causa, sempre trattati come pertinenti alla comunione legale tra i coniugi.
Con il terzo mezzo d’impugnazione la ricorrente denuncia violazione delle norme ex artt. 116 e 88 c.p.c. posto che il Collegio partenopeo non ha adeguatamente valorizzato la rilevanza probatoria della documentazione da essa dimessa in atti circa la consapevolezza, da parte dell’originario attore, della pertinenza degli immobili alla comunione legale.
Con la quarta doglianza rileva la violazione delle norme ex art. 177 c.c. e ex art. 179 c.c., u.c., posto che la Corte di merito ha valorizzato una sua condotta – assenza alla stipula dei contratti – ritenendola rilevante poiché diversa da quella tenuta altre medesime situazioni; condotta che non assume alcun rilievo ai fini dell’inclusione del bene, così, acquistato dal coniuge nella comunione legale. Con la quinta ragione di censura la P. deduce violazione del disposto ex artt. 769 e 809 c.c., in quanto il Collegio partenopeo non ha rilevato che l’ex marito nemmeno aveva dedotto – tanto meno provato – che il padre l’avesse autorizzato ad emettere sul proprio conto corrente gli assegni utilizzati per pagare i beni immobili acquistati, sicché nemmeno era rimasto provato la concorrenza dell’animus donandi in capo al genitore.
Con il sesto mezzo d’impugnazione la P. deduce nullità del procedimento per violazione del disposto ex art. 96 c.p.c., posto che la Corte territoriale ha accolto una domanda temeraria del R. proposta in mala fede.
Il primo motivo di doglianza s’appalesa privo di pregio giuridico posto che la ricorrente non si confronta in effetti con il fatto ritenuto non contestato dal Collegio partenopeo, anche perché svolta difesa antitetica con un’eventuale sua contestazione.
Difatti il fatto ritenuto non contestato viene individuato nella circostanza che R.F. ebbe a pagare il prezzo degli immobili, oggetto di causa, con assegni da lui tratti sul conto corrente intestato al solo padre e sul quale egli aveva solo la delega ad operare.
Ed invero tale fatto non solo non risulta, anche alla luce dei passi delle scritture della ricorrente di prime cure citati e dell’argomentazione critica svolta nel ricorso, contestato ma effettivamente la difesa svolta appare dare tale fatto per scontato.
Ciò che la P. ebbe a contestare è che il padre avesse manifestato, in qualche modo, attraverso detto fatto – posto in essere dal figlio – la sua volontà di donargli il denaro, posto che pacificamente gli assegni dati in pagamento furono tratti dal figlio e, non già, dal padre.
Inoltre la P. ebbe a rilevare che, comunque, il mero prelievo del denaro dal conto del genitore non lumeggiava anche che questi volle donare al figlio la somma proprio per acquistare gl’immobili di causa.
Quindi il fatto contestato era diverso rispetto a quello oggetto della critica ed assume rilievo in relazione all’esame del secondo motivo di impugnazione.
Con detta articolata censura la P. prospetta più questioni delle quali una appare fondata.
Il primo profilo proposto appare privo di pregio giuridico, posto che la ricorrente lamenta il mancato rilievo che anche il R. non ebbe a contestare le sue affermazioni difensive antitetiche alla prospettazione fatta dall’attore.
Tuttavia una tale opinione appare contrastare con l’insegnamento di questo Supremo Collegio – Cass. sez. L n. 6183/18 – che la contestazione del convenuto, proposta rispetto ai fatti fondanti la pretesa svolta dall’attore, non ribalta sull’attore l’onere di contestazione, poiché questi ha già preso posizione sui fatti di causa proponendo l’azione.
Il secondo profilo – correlato alla questione della contestazione mossa dalla convenuta in causa oggetto del primo motivo di impugnazione ed alla critica portata con il quinto motivo di ricorso – invece coglie nel segno.
Difatti la P. rileva come il Collegio partenopeo, pur in presenza di sua precisa contestazione che l’attore non aveva provato d’esser stato autorizzato dal padre a trarre gli assegni dati in pagamento degli immobili acquistati sul suo conto corrente – elemento rilevante ai fini dello spirito di liberalità necessario nella donazione anche indiretta ex Cass. sez. 2 n. 9379/20, Cass. sez. 2 n. 4682/18 -, aveva ritenuto di decidere la questione sull’osservazione che essa appellante, originaria convenuta, non aveva fornito adeguata prova della sua contestazione circa la concorrenza della volontà liberale in capo al donante, posto che non aveva proposto specifico motivo di gravame in punto valutazione delle risultanze della prova all’uopo da ella introdotta in causa.
Effettivamente concorre il denunziato vizio di violazione della regola iuris in tema di onere della prova posta dalla norma ex art. 2697 c.c., poiché la concorrenza dello spirito di liberalità in capo al donante è elemento costitutivo della donazione, quindi la prova al riguardo, non già, grava in senso negativo su chi contesta la confezione della donazione, anche indiretta, bensì sul soggetto che ne afferma l’esistenza, nella specie l’attore R.F..
Ma sul punto il Collegio partenopeo espressamente ritiene provato la concorrenza dell’animus donandi in capo al padre R.A. e per il fatto che il figlio trasse gli assegni sul conto corrente intestato al solo genitore e per il fallimento della prova contraria offerta dalla P., non avvedendosi che era il R. a dover fornire adeguata prova della volontà del genitore di beneficarlo.
E la Corte distrettuale non spiega perché tale animus traspare dal solo fatto che il figlio, sua sponte in quanto delegato ad operare, emise assegni tratti sul conto del padre.
La Corte si limita a far propria l’opinione del Tribunale oplontino che con la traenza degli assegni R.A. volle beneficare il figlio, ma non spiega quale elemento probatorio positivo lumeggia tale presunzione, posto che pacificamente gli assegni furono emessi da R.F. e, non già, dal padre.
Inoltre, i Giudici di merito nemmeno affermano come provato positivamente che il padre fosse d’accordo con il figlio a porre in essere tale operazione proprio al fine dell’acquisto dei due immobili oggetto di causa.
In conclusione i Giudici napoletani hanno commesso due errori:
hanno ritenuto provata la concorrenza dell’animus donandi in capo al padre dando per scontato che la presumibile – in ragione dell’intestazione – titolarità in capo ad R.A. della provvista, presente sul conto di traenza degli assegni emessi dal figlio, lumeggiava la volontà del padre di donare gli importi al figlio, senza considerare che R.F. ben poteva aver tratto gli assegni contro od in assenza della volontà del padre ovvero eccedendo rispetto alle sue istruzioni; inoltre detta sola circostanza – valorizzata dai Giudici di merito – se anche si volesse ritenere prova che sussisteva volontà del padre di donare al figlio la somma di denaro in questione, non anche dimostra che detta donazione era diretta a consentire l’acquisto dei due immobili di causa;
hanno ritenuto decisiva l’osservazione che la convenuta aveva fallito la prova contraria offerta, senza però anche indicare quale prova positiva avesse al riguardo offerto l’attore, come suo onere.
L’accoglimento della censura mossa con il secondo motivo di impugnazione comporta l’assorbimento delle residue ragioni di critica mosse con il ricorso afferenti la valutazione degli elementi probatori e delle condotte tenute dalle parti, ossia questioni rientranti nella nuova valutazione olistica della questione rimessa al Giudice del rinvio.
Detto Giudice regolerà anche ex art. 385 comma 3 c.p.c. le spese di lite afferenti a questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo ricorso nei limiti di motivazione, rigettato il primo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli altra sezione, che anche deciderà sulle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022