Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4014 del 01/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4014 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: MAMMONE GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 13893-2014 proposto da:
UNICREDIT S.P.A. C.F. 00348170101, nella quale sono
state fuse per incorporazione la UNICREDIT BANCA DI
ROMA S.P.A., già BANCA DI ROMA S.P.A. GRUPPO
CAPITALIA S.P.A., e la CAPITALIA S.P.A., già BANCA DI
ROMA S.P.A., in persona dei legali rappresentanti pro
2015
3738

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SESTO
RUBO 23, presso lo studio dell’avvocato LUCIO VALERIO
MOSCARINI, che la rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 01/03/2016

contro

BASSI MARIO C.F. BSSMRA46M176G98U;
– intimato contro

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dagli ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, CARLA
D’ALOISIO, SCIPLINO ESTER ADA VITA, GIUSEPPE MATANO,
LELIO MARITATO, giusta delega in calce alla copia
notificata del ricorso;
– resistente con mandato –

Nonché da:
BASSI MARIO C.F.

BSSMRA46M176G98U,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo
studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

UNICREDIT S.P.A. C.E. 00348170101, nella quale sono
state fuse per incorporazione la UNICREDIT BANCA DI
ROMA S.P.A., già BANCA DI ROMA S.P.A. GRUPPO
CAPITALIA S.P.A., e la CAPITALIA S.P.A., già BANCA DI
ROMA S.P.A., in persona dei legali rappresentanti pro

SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SESTO
RUE) 23, presso lo studio dell’avvocato LUCIO VALERIO
MOSCARINI, che la rappresenta e difende, giusta
delega in calce al ricorso principale;
– con troricorrenrte al ricorso incidentale –

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE C.F. 80078750587;
– intimato –

avverso la sentenza n. 2425/2013 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/05/2013 R.G.N.
226/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/10/2015 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
MAMMONE;
udito l’Avvocato TAVERNITI BRUNO per delega MOSCARINI
LUCIO VALERIO;
udito l’Avvocato DE ANGELIS LUCIO;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per
rigetto del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

contro

Svolgimento del processo
1.- Il dott. Mario Bassi nel 1989 promosse causa dinanzi al Pretore
del lavoro nei confronti della Cassa di Risparmio di Roma, di cui era
dipendente e, sostenendo di essere stato non correttamente valutato in
una procedura selettiva per la promozione a funzionario di grado terzo,
chiese l’accertamento del suo diritto alla promozione dal 1°.01.89 ed il
conseguente risarcimento dei danni.
2.- Rigettata la domanda e proposto appello dal Bassi, il Tribunale
del lavoro di Roma con sentenza del 14.10.00 accoglieva l’impugnazione,
ritenendo che la Banca datrice di lavoro nella circostanza aveva violato i
principi di correttezza e buona fede e le disposizioni della contrattazione
collettiva in materia di promozione. Ritenuta l’illegittimità di tale
comportamento, condannava l’Istituto al risarcimento del danno.
3. La sentenza di appello era impugnata per cassazione da
entrambe le parti, ma questa Corte, riuniti i ricorsi, con sentenza 11.06.04
n. 11127 rigettava entrambe le impugnazioni.
4. Con nuovo ricorso al giudice del lavoro di Roma, il dott. Mario
Bassi, ricapitolata la pregressa vicenda giudiziaria, conveniva in giudizio
Banca di Roma-Capitalia spa, successore della Cassa di Risparmio di
Roma, per ottenere il risarcimento non liquidato nel precedente giudizio.
Assumendo che se la selezione si fosse svolta correttamente egli avrebbe
avuto il tempestivo avanzamento a funzionario di III grado, chiedeva che
il risarcimento fosse parametrato alle differenze tra la retribuzione cui
avrebbe avuto diritto e quella materialmente percepita fino al 7.11.94,
data delle sue dimissioni, oltre il risarcimento del danno per la minore
contribuzione previdenziale e per la più bassa pensione integrativa
aziendale percepita. In subordine, chiedeva che le stesse somme gli
fossero concesse a titolo di risarcimento del danno per la perdita della
chance di essere promosso a funzionario di III grado.
5. Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo che
il ricorrente aveva diritto al risarcimento del danno da perdita di chance per
le differenze di retribuzione non percepite a causa della mancata
promozione e per la conseguente minore contribuzione versata. Riteneva,
invece, che non fosse configurabile un danno per la percezione di una
minore pensione di vecchiaia e che non fosse configurabile un danno per
la perdita della chance ulteriore di promozione a funzionario di II livello. Il
danno era, quindi, quantificato in C 131.076,765 per la perdita di
retribuzione, ed in C 117.504,27 per danno pensionistico.

9. Unicredit spa c. Bassi Mario ed INPS (13893/14 r.g.)

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6. Proponevano appello principale Unicredit spa, successore di
Banca di Roma-Capitalia spa, e appello incidentale il Bassi. La Corte
d’appello di Roma, con sentenza del 24.05.13 rigettava entrambe le
impugnazioni.
7. Propone ricorso per cassazione Unicredit spa, cui risponde
Bassi con controricorso e ricorso incidentale, a sua volta contrastato con
controricorso dalla ricorrente principale. L’INPS ha depositato procura. I
due ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
8. Di seguito si riporta l’iter argomentativo della sentenza
impugnata.
8.1. E’ valido il mandato ad litem di Unicredit per il giudizio di
appello, in quanto conferito da due funzionari dell’Istituto, diversi dal
legale rappresentante della persona giuridica, ma a tanto abilitati dallo
Statuto societario.
8.2. Persiste il diritto al risarcimento per perdita di chance, che, ad
avviso di Unicredit, sarebbe invece prescritto, in quanto il Tribunale di
Roma, pronunziando in grado di appello nel primo giudizio, aveva
affermato che in quella sede era chiesto solo il risarcimento per perdita
delle differenze retributive e non anche per la perdita di chance. Il
Tribunale in quella sede aveva, tuttavia, riconosciuto l’esistenza del diritto
al risarcimento del danno per tale ultima ragione, rinviando ad un
separato giudizio per la liquidazione. Inoltre, il termine prescrizionale
decennale non è decorso, essendo rimasto sospeso per tutto il tempo del
giudizio concernente l’an debeatur, e cioè fino all’intervento della sentenza
di cassazione (11.06.04), ed essendo stato poi interrotto con la
notificazione del ricorso che ha attivato il secondo giudizio, avente ad
oggetto la quantificazione del danno.
8.3. Quanto alle contestazioni circa la mancata prova della chance di
promozione al III livello, la Corte rileva che il datore non ha adempiuto
correttamente all’ordinanza istruttoria che disponeva il deposito della
graduatoria di tutti gli impiegati partecipanti al concorso e dei
provvedimenti che stabilivano le attribuzioni dei punteggi, atteso che
mancavano i documenti relativi a 18 candidati, tra cui i 15 vincitori del
concorso. Tale omissione rende evidente la contraddittorietà delle
valutazioni dei candidati e incongruo l’esito del concorso, dato che il
Bassi, nonostante il punteggio elevato, non era risultato vincitore, a tutto
vantaggio di altri candidati con punteggio inferiore. E’, dunque, evidente

9. Unicredit spa c. Bassi Mario ed INPS (13893/14 r.g.)

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che l’appellato aveva titoli superiori ad almeno 15 dei soggetti vincitori e
che, quindi, aveva elevate probabilità di promozione.
8.4. Anche il danno pensionistico deriva dalla perdita della chance di
ottenere un trattamento previdenziale superiore a quello conseguito senza
la promozione a funzionario di III livello.
8.5. Il danno deve ritenersi correttamente liquidato in ragione del
tasso di probabilità stimato per la realizzazione della chance (90%).
9. Con l’appello incidentale, il Bassi aveva lamentato il rigetto del
risarcimento per la voce di danno del danno pensionistico successivo alla
data 31.10.05. La Corte d’appello ritiene, tuttavia, che nessun
risarcimento potrebbe essere liquidato per un danno che il preteso
danneggiato non ha ancora subito e che si sarebbe verificato dopo molto
tempo dall’eventuale pronunzia alla condanna (anticipata) al risarcimento.
10. Riuniti i due ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., i motivi dedotti
con il ricorso principale sono i seguenti.
10.1. Violazione dell’art. 2934 e segg. c.c. con riferimento alla
prescrizione del diritto al risarcimento del danno da perdita di chance e di
pagamento di crediti di lavoro, rilevandosi che il Bassi, contrariamente a
quanto ritenuto dalla Corte d’appello, nel primo giudizio non aveva mai
richiesto la condanna della Banca al risarcimento del danno da perdita di
chance, ma si era limitato a chiedere il risarcimento del danno,
commisurato alle differenze retributive tra quanto percepito e quanto
avrebbe percepito una volta promosso. La domanda, pertanto, fu
proposta per la prima volta nel 2005, di modo che, mancando l’effetto
interruttivo del giudizio, il diritto al risarcimento della voce di danno in
questione, sarebbe irrimediabilmente prescritto
10.2. Con il secondo motivo è dedotta violazione dell’art. 2909 c.c.
in materia di giudicato sulla domanda risarcitoria, sostenendosi che nel
primo giudizio il Bassi non aveva fornito prova alcuna circa il suo diritto
alla promozione a funzionario di III livello. Il Tribunale aveva affermato
che il danno per perdita di chance, pur esistente, non poteva essere
liquidato in quanto in quella sede non era stato richiesto il risarcimento
del danno sotto quel profilo. Su questo punto si era formato il giudicato
e, quindi, il giudice del secondo giudizio avrebbe dovuto prendere atto
che dal momento della mancata promozione era trascorso un tempo
ampiamente superiore ai limiti della prescrizione estintiva del diritto al
risarcimento del danno per perdita di chance.
10.3. Con il terzo motivo è dedotta violazione dell’art. 2697 c.c.,
sostenendosi che il Bassi avrebbe dovuto dimostrare il rapporto di

9. Unicredit spa c. Bassi Mario ed INPS (13893/14 r.g.)

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causalità tra l’illegittimo espletamento del concorso e la mancata
promozione, dimostrando di aver titoli superiori non solo a quelli dei
candidati promossi, ma anche nei confronti degli altri idonei non
promossi che lo precedevano in graduatoria. A questo principio la Corte
d’appello non si è uniformata, avendo limitato il raffronto esclusivamente
a 15 promossi, senza tener conto della posizione degli altri candidati in
graduatoria.
10.4. Con il quarto motivo è dedotto il vizio di omesso esame, in
quanto la Corte d’appello ha ritenuto il Bassi prevalente rispetto ai 15
promossi, senza effettuare il raffronto sulla base degli elementi di
valutazione forniti dalla Banca. In particolare dal raffronto emergerebbe
che i promossi avevano requisiti e punteggi superiori a quelli de Bassi, di
modo che sarebbe del tutto illogica l’affermazione che non solo egli
avrebbe superato il concorso, ma anche che egli avesse il 90% delle
chances per il superamento.
10.5. Con il quinto motivo è dedotta violazione dell’art. 1224 c.c. e
dell’art. 2909 c.c. a proposito della quantificazione del danno, in quanto il
Tribunale di appello aveva ritenuto inesistente la prova che, se la Banca
avesse osservato i principi di correttezza e buona fede e le norme
contrattuali, il Bassi sarebbe stato promosso. Tale affermazione, avente
esclusivo contenuto di merito, deve ritenersi coperta dal giudicato, di
modo che l’affermazione della Corte d’appello che riconosce il 90% di
chances si pone in contrasto con quel giudicato. E’ sottolineata, inoltre,
l’illogicità della affermazione che in una procedura concorsuale cui
partecipavano 866 candidati, con soli 75 candidati promossi, il Bassi
potesse vantare il 90% delle possibilità essere dichiarato vincitore.
10.6. Con il sesto motivo è dedotta violazione dell’art. 1224 c.c.
sotto diverso profilo, sostenendosi che il danno pensionistico (ovvero ad
una pensione aziendale maggiore) non può essere associato ad un
risarcimento per perdita di chances, atteso che mancando l’accertamento
del diritto alla promozione non può ritenersi maturato il diritto alla
maggior pensione.
10.7. Con il settimo ed ultimo motivo è dedotta nuovamente
violazione dell’art. 1224 c.c., questa volta perché il danno per la mancata
nomina non è correlato al parametro retributivo, in quanto, a tutto
concedere, il dipendente avrebbe diritto alla liquidazione di un importo
equitativo, di modo che i conteggi basati sulle progressioni stipendiali
prodotti dal Bassi (peraltro contestati ex adverso) non costituiscono valido
punto di riferimento.

(t(

9. Unicredit spa c. Bassi Mario ed INPS (13893/14 r.g.)

11. In via incidentale il Bassi deduce violazione degli artt. 75, 77 e
324 c.p.c., nonché dell’art. 2909 c.c., con conseguente inammissibilità del
ricorso in appello di Unicredit e sopravvenuta formazione della res iudicata
sulla sentenza di primo grado. Afferma il ricorrente incidentale che nel
giudizio di primo e secondo grado aveva eccepito la nullità della procura
ad litem di Capitalia s.p.a. in quanto la stessa era stata concessa non dal
legale rappresentante della società o da altro rappresentante munito di
poteri institori, ma da due funzionari di livello quadri direttivi della
Direzione generale, a tanto abilitati dallo Statuto della Banca. Tale
procura sarebbe rilasciata in violazione dell’art. 77 c.p.c., in quanto
rimetterebbe la regolazione della legittimazione processuale, disciplinata
per legge, ad una fonte negoziale privata, quale lo Statuto di una società
privata.
12. Procedendo in ordine logico, la questione che deve essere
esaminata per prima è quella oggetto del ricorso incidentale, la quale è
posta a base anche dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per
cassazione, sollevata con il controricorso.
Al riguardo deve rilevarsi che nel giudizio di appello la procura ad
litem fu rilasciata dai “procuratori speciali dr. Claudio Chiarini e dr.ssa
Cristina Fortuzzi, rispettivamente quadro direttivo di IV livello e quadro
direttivo di III livello presso la Direzione generale di Unicredit spa, come
tali legali rappresentanti ai sensi dello Statuto ritualmente reso pubblico e
depositato presso la competente Camera di commercio”. Nel giudizio di
cassazione la procura speciale è stata rilasciata in termini analoghi da altri
funzionari di analogo inquadramento, con l’ulteriore precisazione che i
predetti agiscono anche “per quanto possa occorrere in forza di procura
del 10.12.10 per anno notaio Sormani (rep. 378700, racc. 83175)”.
Tale procura per il Bassi sarebbe invalida, in quanto rilasciata ai
sensi dell’art. 75, c. 3, c.p.c. (“le persone giuridiche stanno in giudizio per
mezzo di chi le rappresenta a norma di legge o dello statuto”), senza
tener conto che contestualmente il successivo art. 77 prevede che in
luogo del titolare del diritto possono stare in giudizio unicamente “il
procuratore generale e quello preposto a determinati affari”.
13. Ad avviso del Collegio l’impostazione data dal Bassi al motivo
di ricorso ed alla sovrapponibile eccezione è frutto di un equivoco di
fondo circa il contenuto delle due disposizioni di cui si assume la
violazione, le quali regolano entrambe la capacità di stare in giudizio, ma
attengono a due fattispecie legali diverse, quali la rappresentanza organica
della persona giuridica e la rappresentanza processuale volontaria.

9. Unicredit spa c. Bassi Mario ed INPS (13893/14 r.g.)

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Nel primo caso (art. 75) la norma di legge fissa le modalità con le
quali possono stare in giudizio le persone giuridiche e prevede che tale
potere sia riconosciuto solo al soggetto che della persona giuridica abbia
la legale rappresentanza, per legge o per statuto.
Nel secondo caso (art. 77) la legge regola la capacità processuale di
quei particolari soggetti che intrattengono con il soggetto titolare
dell’interesse dedotto in causa un rapporto di natura giuridica diverso da
quello organico, in quanto o sono stati investiti di una procura speciale
(ad negotia o per un singolo affare), oppure siano stati preposti a
determinati affari (persone che nei rapporti commerciali assumono la
qualificazione giuridica di institori, ex art. 2203 c.c.). La presenza in
giudizio di tali soggetti per conto del preponente è condizionata ad un
espresso conferimento di potere scritto, tranne che per gli atti urgenti e
per le misure cautelari.
Il fraintendimento circa la portata delle due disposizioni è reso
evidente dall’improprio richiamo effettuato alla sentenza a Sezioni unite
8.05.98 n. 4666. Questa sentenza non ritiene che il soggetto diverso dal
legale rappresentante che, in base allo statuto della persona giuridica, sia
direttamente investito del potere di rappresentanza al fine del
compimento di particolari atti, debba essere necessariamente investito di
potere institorio, ma afferma che “il legale rappresentante di una società
di capitali, pur in presenza di una disposizione dello statuto sociale che lo
abiliti al conferimento di una procura di carattere esclusivamente formale,
non può validamente delegare ad altro soggetto la rappresentanza
processuale della società stessa, allorché tale delega sia disgiunta
dall’attribuzione di poteri di rappresentanza anche sostanziale” (così
esplicitamente in motivazione). La fattispecie affrontata dalle Sezioni
unite non è, dunque, sovrapponibile a quella ora in esame, in cui la
procura ad litem nel giudizio di merito e la procura speciale nel giudizio di
cassazione sono rilasciate da un soggetto direttamente investito di tale
potere dallo statuto, ma attiene al diverso caso del legale rappresentante
della società che delega la sua attribuzione ad altro soggetto, il quale trae,
pertanto, legittimazione non direttamente dallo statuto ma dalla procura
conferitagli.
14. Si verte, dunque, in una situazione di rappresentanza organica,
in cui lo Statuto della banca prevede che i funzionari che godano di
particolare inquadramento aziendale, nel caso di controversie che abbiano
sbocco giudiziale, possano conferire la procura ad litem (generica, o
speciale nel caso di giudizio di cassazione) ad un determinato

M(

9. Unicredit spa c. Bassi Mario ed INPS (13893/14 r.g.)

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professionista, per assicurare la difesa alla persona giuridica (art. 29 dello
Statuto societario di Unicredit spa). In questo caso la procura non è
affetta da nullità, ma viene contestato il potere rappresentativo di coloro
che hanno rilasciato la procura stessa nel giudizio di merito e nel giudizio
di cassazione e, più specificamente, la idoneità dei funzionari ad officiare
la difesa nei termini previsti dallo Statuto.
Quanto all’onere della prova circa la idoneità di tali soggetti, la
parte che intende valersi della procura può limitarsi ad indicare la fonte da
cui promana il potere di rappresentanza e, ove la potestà nasca dall’atto
costitutivo o dallo statuto di persona giuridica che debbono essere
depositati presso il registro delle imprese (artt. 2330 e 2331 c.c.), sarà
onere della parte che intende contestare la regolarità della procura
procedere alla verifica del potere rappresentativo consultando gli atti
soggetti a pubblicità legale, eventualmente riscontrando l’inesistenza di
quel potere (si veda la sentenza a Sezioni unite 1.10.07 n. 20596).
Essendo sia nell’atto di appello, che nel ricorso per cassazione,
indicata dalla difesa di Unicredit la fonte del potere di rappresentanza in
una disposizione statutaria (art. 29, di cui è riportato anche il testo), la
fondatezza di ogni ulteriore contestazione circa lo status dei soggetti che
hanno conferito (in entrambi i casi) la procura è rimessa al soggetto che
ha mosso la contestazione, e cioè, in questo caso, al Bassi.
Non avendo costui dato ulteriore corpo alle sue contestazioni, ma
avendo anzi ammesso che i due funzionari effettivamente ricoprivano
l’inquadramento aziendale previsto dalla disposizione statutaria, debbono
essere rigettati sia il motivo di ricorso incidentale che la conseguente
eccezione di inammissibilità del ricorso principale.
15. Passando al ricorso principale, debbono rigettarsi il primo ed il
secondo motivo, a proposito della prescrizione del diritto al risarcimento
del danno per perdita di chance, che, ad avviso dell’Istituto ricorrente, si
sarebbe realizzata per la duplice ragione che a) (primo motivo) il
risarcimento del danno sarebbe stato richiesto non con l’originaria
domanda, ma solo con il ricorso che nel 2005 attivò il secondo giudizio,
di modo che al riguardo non sarebbe scattata la sospensione del termine
per il periodo in cui si svolse il giudizio sull’an debeatur (1989-2004), b)
(secondo motivo) il Tribunale di Roma, con la sentenza di appello
14.10.00, pur riconoscendo l’esistenza del danno in questione, aveva
tuttavia dato atto della mancanza di prova e dell’impossibilità di
procedere a sua liquidazione.

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Al riguardo deve rilevarsi che il giudice con la sentenza di appello
14.10.00, interpretando la domanda, affermò che, in conseguenza delle
modalità di gestione delle procedure di promozione adottate dalla Banca,
era derivato un danno al Bassi e che il danno che emergeva con certezza
era (solamente) quello da perdita di chance. Mancava, infatti, la prova che
se fosse stata correttamente gestita la procedura di avanzamento egli
sarebbe stato promosso, ma non poteva escludersi che egli potesse
coltivare la possibilità di promozione. Quindi il risarcimento del danno
non poteva essere quantificato, né nella misura delle differenze retributive
tra il livello occupato e quello superiore (per la mancanza di certezza della
promozione), né nella misura derivante dalla perdita di occasione di
avanzamento, in quanto in quel giudizio “non si [era] chiesta la
quantificazione del danno sotto tale profilo”. Pertanto, con la detta
sentenza, ferma restando la condanna della Banca al risarcimento del
danno, se ne rinviava la liquidazione ad una separata sede.
Il decisum appena riferito — basato sul presupposto che la domanda
di risarcimento del pregiudizio derivante dalla mancata promozione è
cosa diversa dalla domanda di risarcimento della perdita di chance (v. al
riguardo Cass. 9.01.03 n. 123) — è passato in giudicato, essendo stato
rigettato il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza di appello.
Pertanto, la domanda proposta nel 2005 non attiene al riconoscimento
dell’esistenza del danno per la perdita di chance (che la richiamata
pronunzia aveva accertato esistente) ed del diritto al risarcimento, ma
solo alla sua liquidazione, che il giudice stesso aveva rinviato ad una
separata sede.
Non può, dunque, ritenersi realizzata la reclamata prescrizione
sotto nessuno dei due profili dedotti, in quanto era lo stesso giudicato
creatosi al riguardo che, al momento del promovimento del secondo
giudizio, consentiva al Bassi di proporre la domanda di quantificazione
del risarcimento.
16. E’ infondato anche il terzo motivo, con il quale la Banca
sostiene che sarebbe stato onere del dipendente dimostrare il rapporto di
causalità tra le modalità di espletamento della procedura di avanzamento
e la mancata promozione.
Il Tribunale in sede di appello (sentenza 14.10.00) ha ravvisato la
carenza di buona fede del datore di lavoro per non avere stilato una
graduatoria definitiva, limitandosi a rendere note solo le graduatorie
parziali, riguardanti i singoli parametri di valutazione. Da questa
considerazione il giudice, pur non essendo in grado di affermare che il

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9. Unicredit spa c. Bassi Mario ed INPS (13893/14 r.g.)

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ricorrente in presenza di corretta gestione della procedura sarebbe
risultato vincitore per un posto di funzionario di III grado, fa derivare la
conseguenza dell’esistenza del danno da perdita di chance. Di conseguenza
il decisum è formulato nel senso che tale danno esiste e non può essere
messo in discussione, trattandosi solo di procedere alla quantificazione
del risarcimento.
Nel secondo giudizio, pertanto, al dipendente era chiesto non di
provare di avere titoli superiori agli altri concorrenti, né di provare la
probabilità di conseguire la promozione, ma solo di offrire concreti
elementi per la quantificazione del danno.
17. Analoga infondatezza deve riscontrarsi per i motivi quarto e
quinto, con i quali Unicredit contesta la conclusione che il Bassi potesse
vantare il novanta per cento delle possibilità di essere dichiarato vincitore
del concorso. Tale affermazione per un verso nascerebbe da una solo
parziale disamina degli elementi probatori offerti a contrasto dal datore di
lavoro, e per l’altro si porrebbe in contrasto con l’affermazione della
sentenza 14.10.00, secondo la quale non esiste prova che con una corretta
gestione della procedura di avanzamento il Bassi sarebbe risultato
vincitore; il tutto non giustificherebbe una così alta percentuale di
probabilità.
Al riguardo deve rilevarsi che la giurisprudenza delle Sezioni unite
(sentenza 23.09.13 n. 21678) e, prima ancora, della Sezione Lavoro ritiene
che ove il datore di lavoro violi l’obbligo di predeterminare i criteri di
selezione degli impiegati necessari per il riconoscimento e l’attribuzione
della qualifica superiore, incombe sul dipendente non promosso ed attore
in giudizio per il risarcimento del danno da perdita della possibilità di
promozione, l’onere di provare — alla stregua dei principi generali in tema
di responsabilità contrattuale — il nesso di causalità tra l’inadempimento
datoriale ed il danno, ossia la concreta probabilità di ottenere la qualifica
superiore (sentenza 6.06.06 n. 13241). Il lavoratore-creditore che voglia
ottenere i danni derivanti dalla perdita di chance deve provare, anche solo
per presunzioni o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in
concreto dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e
impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve essere
conseguenza (sentenze 20.06.08 n. 16877 e 18.01.06 n. 852). È, in altre
parole, necessaria l’allegazione e la prova di quegli elementi di fatto idonei
a far ritenere che il regolare svolgimento della procedura selettiva avrebbe
comportato una concreta, effettiva e non ipotetica probabilità di
conseguire la promozione, così giustificandosi l’interesse del lavoratore

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alla pronuncia di illegittimità della procedura selettiva, altrimenti
insussistente (sentenza 23.01.09 n. 1715).
Alla luce di questi principi, nel caso di specie, ove già si è creato il
giudicato circa l’esistenza del danno da perdita di chance quale
conseguenza delle non corrette modalità di gestione della procedura
selettiva (v. la sentenza 14.10.00), era onere del dipendente fornire al
giudice elementi tali da consentirgli di effettuare la valutazione
probabilistica circa il raggiungimento del risultato e, quindi, del superiore
inquadramento. Tale prova il ricorrente ha ritento di fornire sulla base
della documentazione già acquista nel precedente giudizio (graduatoria di
tutti gli impiegati partecipanti al concorso, criteri di attribuzione dei
punteggi, ecc.), in forza della quale la Corte di appello, con la sentenza
oggi impugnata ha ritenuto che il Bassi avesse probabilità molto elevate di
essere promosso a funzionario di terzo livello, ove la procedura fosse
stata espletata in modo corretto. Tali probabilità è stata quantificata nella
misura del novanta per cento del totale e ad essa è stata rapportata la
quantificazione del risarcimento per la perdita della chance, in percentuale
analoga delle differenze non percepite a titolo di retribuzione a causa
della mancata promozione (danno retributivo) e a titolo di pensione per
la minore contribuzione previdenziale versata (danno pensionistico).
Tale iter di quantificazione del risarcimento è corretto tanto sul
piano giuridico, perché adottato in ottemperanza alla sopra richiamata
giurisprudenza, quanto sul piano valutativo, perché argomentato
congruamente e, come, tale è dunque incensurabile in sede di legittimità.
18. Quanto al danno pensionistico, di cui l’Istituto ricorrente con il
sesto e settimo motivo contesta la spettanza, deve rilevarsi che la sua
liquidazione è consequenziale alla liquidazione del danno retributivo,
essendo evidente che, ove fosse stata corrisposta la retribuzione del
superiore livello, il lavoratore avrebbe goduto di una maggiore
contribuzione previdenziale e, in proiezione futura, di una più consistente
prestazione pensionistica.
Il risarcimento in questione — che è rapportato al periodo 1.12.9431.10.05, ovvero al lasso di tempo trascorso tra la cessazione del rapporto
e la proposizione della domanda nel secondo giudizio — in quanto tale,
non deriva dall’effettivo svolgimento della attività lavorativa, ma vale solo
a ristorare il danno da minore versamento di contributi. Pertanto, esso
prescinde dalla maturazione del diritto al godimento di una prestazione
previdenziale di maggiore importo, che nella specie mai avrebbe potuto

nascere, dato che il Bassi mai ha avuto la possibilità di svolgere la attività
lavorativa di livello superiore.
Sono, pertanto, infondati i motivi sesto e settimo, che partono dal
presupposto che il danno pensionistico avrebbe potuto essere concesso
solo se fosse stato accertato il diritto alla promozione ed alla conseguente
maggiore retribuzione.
19. In conclusione, i ricorsi riuniti debbono essere entrambi
rigettati. Tra le due parti costituite le spese del giudizio di legittimità
debbono essere compensate nella misura di un terzo e per il rimanente
debbono essere poste a carico di Unicredit s.p.a., la quale è invece tenuta
per l’intero nei confronti dell’INPS, il cui difensore, in forza della delega
rilasciata in calce alla copia notificata del ricorso, ha partecipato
all’udienza di discussione ed ha presentato le sue conclusioni.
Per questi motivi
La Corte così provvede:
– riunisce i ricorsi e li rigetta;
– compensa tra i due ricorrenti le spese del giudizio di legittimità
nella misura di un terzo e condanna Unicredit s.p.a. al rimanente in
favore di Bassi Mario, nella misura di € 200 (duecento) per esborsi e di €
8.000 (ottomila) per compensi, ed all’intero in favore dell’INPS, nella
misura di € 100 (cento) per esborsi e di € 1.000 (mille) per compensi,
oltre per entrambi Iva e Cpa e spese forfettarie nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, c. 1 quater, del d.P.R. 30.05.02 n. 115, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale ed
incidentale, a norma del c. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 7 ottobre 2015
Il Presidente

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