Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4013 del 18/02/2020

Cassazione civile sez. II, 18/02/2020, (ud. 05/06/2019, dep. 18/02/2020), n.4013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21462-2015 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in Roma, Largo Dei

Lombardi, 4, presso lo studio dell’avvocato Oana Purice,

rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Ferrone;

– ricorrente –

P.A., elettivamente domiciliata in Roma, via Emanuele

Filiberto 161, presso lo studio dell’avvocato Roberto Camilli,

rappresentata e difesa dall’avvocato Raffaele Gaetano Crisileo;

– ricorrente –

contro

S.I.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 962/2015 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 25/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/06/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– S.I. quale promissario acquirente conviene i promittenti venditori E. ed P.A., rispettivamente titolari divisi del fabbricato e del terreno, oggetto del preliminare di vendita, per far dichiarare la risoluzione del contratto preliminare;

– i convenuti si costituiscono con distinte difese: E. deduce che la mancata stipula del definitivo era imputabile ad A., ingiustificatamente rifiutatasi; A., che non nega di non avere voluto stipulare il definitivo, dichiara che la mancata stipula era comunque imputabile al promissario acquirente;

-la sentenza dell’adito Tribunale di S,. Maria Capua Vetere-sezione distaccata di Carinola dichiara la risoluzione e condanna i convenuti a restituire gli importi ricevuti;

– propongono appello entrambi i convenuti ribadendo le difese svolte in primo grado;

– la Corte napoletana traccia il principio sulla cui base esaminare gli inadempimenti imputati ai due convenuti e li valuta in relazione non al danno ma all’intensità oggettiva e soggettiva della violazione contrattuale (cfr. Cass. 14034/2005; 166/2005; 24003/2004);

– l’applicazione di detto principio ai comportamenti delle parti conduce il giudice dell’appello a ritenere immotivato ed ingiustificatamente contrario alle fondamentali regole di correttezza e buona fede contrattuale il comportamento dell’appellante A.;

– con riguardo a quello di E., ritenendo di fare applicazione del principio secondo il quale i promittenti alienanti sono obbligati a prestare il consenso necessario al trasferimento del bene ritenuto un unicum inscindibile (cfr. cass. 11549/2014), ravvisa comunque la corresponsabilità, salva la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni nei confronti di A. e rigetta l’appello dallo stesso proposto;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta sia da A. che da E. con due separati ricorsi, entrambi articolati in due motivi;

-non ha svolto attività difensiva l’intimato S..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione delle due impugnazioni avendo ad oggetto la medesima sentenza;

– per quanto riguarda il ricorso proposto da P.A. con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione delle norme in tema di buona fede e correttezza;

-la doglianza è inammissibile perchè non censura il principio di diritto posto dalla sentenza d’appello a base della decisione di rigetto del gravame e cioè la mancata allegazione e prova che il termine del 31/10/2007 fosse stato pattuito dalle parti come essenziale;

– tale circostanza costituisce il presupposto logico della ritenuta violazione dell’obbligazione di buona fede e la ricorrente non l’ha contestato;

– con il secondo motivo, si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della circostanza dedotta dall’appellante secondo la quale con perizia giurata era stato dedotto che le ragioni tecniche per la concessione del mutuo a favore del promissario acquirente erano venute meno già prima del 31/10/2007 sicchè la promittente venditrice poteva fondatamente eccepire al promissario acquirente che aveva unilateralmente rinviato l’appuntamento dal notaio fissato per quella data, l’eccezione di inadempimento;

– la censura è inammissibile ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5, per essere il giudizio di appello proposto dopo l’11/9/2012 e riguardare una sentenza d’appello che ha confermato la decisione di primo grado;

– all’esito sfavorevole delle censure sollevate da P.A., consegue il rigetto del suo ricorso;

– passando all’esame del ricorso proposto da P.E., con il primo motivo si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 1362,1292,1307 c.c. per avere la corte territoriale erroneamente interpretato il contratto laddove prevedeva che ciascuno dei due promittenti venditori si era impegnato per la propria parte (ex art. 1362 c.c.);

– le obbligazioni erano, ad avviso del ricorrente P.E., parziarie e non solidali (art. 1292 c.c.) mentre era stata erroneamente ritenuta la solidarietà di obbligazioni in realtà disgiunte;

– la corte territoriale avrebbe dovuto applicare l’art. 1314 c.c.;

– si censura inoltre l’applicazione dell’art. 1385 c.c. per avere disposto la restituzione del doppio della caparra come se si versasse in fattispecie di inadempimento del debitore, situazione che non ricorrerebbe per il sig. E.;

– con il secondo motivo si censura l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 rappresentato dalla specifica dizione ” ciascuno per la propria parte” in riferimento all’obbligazione della promessa di vendere allo S.; tale dizione sarebbe decisiva ai fini della qualificazione dell’obbligazione delle parti promittenti venditrici;

-le censure involgenti nella sostanza tutte la qualificazione delle obbligazioni dei promittenti venditori possono essere esaminate congiuntamente e sono infondate;

– costituisce principio consolidato che l’obbligazione è indivisibile ai sensi dell’art. 1316 c.c. quando ha ad oggetto una cosa o un fatto che non è, oggettivamente, suscettibile di divisione per sua natura o per il modo soggettivo in cui è stato considerato dalle parti contraenti (cfr. Cass. 2822/2014; id. 3622/1983);

-ciò posto la qualificazione data dalla corte territoriale all’obbligazione assunta dai promittenti venditori nel contratto preliminare appare conforme ai criteri interpretativi stabiliti dalle norme, così come conforme a legge è la perimetrazione dell’obbligazione di ciascun promittente venditore, il quale non si obbliga solo a prestare il consenso per il trasferimento della sua quota ma promette anche il fatto altrui, cioè il consenso degli altri attesa l’unitarietà della prestazione (cfr. Cass. 11549/2014);

– le censure auspicano una conclusione diversa in relazione alla natura divisibile della obbligazione per l’evidente ricaduta sul contenuto più ridotto dell’obbligazione dei vari obbligati, anche ai fini della quantificazione di quanto dovuto ai sensi dell’art. 1385 c.c. in caso di inadempimento, ma in tali termini appaiono tutte destituite di fondamento;

– all’esito sfavorevole di entrambi i motivi consegue il rigetto anche del ricorso proposto da P.E.;

– nulla va disposto a carico dei ricorrenti in ordine alle spese di giustizia in ragione del mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato S.;

-infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta entrambi i ricorsi; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 5 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2020

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