Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4013 del 18/02/2011

Cassazione civile sez. II, 18/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 18/02/2011), n.4013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.V. C.F. (OMISSIS) difensore di se stesso ex

art. 86 c.p.c., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR c/o la

CORTE DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

C.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEI PREFETTI 17, presso lo studio dell’avvocato

PANDISCIA CARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato SANNONER

GIORGIO MARIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 63/2005 del Tribunale di LUCERA SEDE

DISTACCATA di RODI GARGANICO, depositata il 05/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il giudice di Pace di Rodi Garganico con sentenza n. 93/02 del 23.2.02 rigettava la domanda con la quale l’avv. D.V. chiedeva la condanna della convenuta C.A. al pagamento della somma di L. 3.214.936, a titolo di recupero delle spese e competenze professionali relative al giudizio di opposizione agli atti esecutivi della procedura di pignoramento presso terzi n. 5216/99 (RGE Tribunale di Foggia) promossa contro la medesima C. dal terzo pignorato Ufficio Prov. IVA di Foggia con ricorso 1.4.2000, nonche’ per le spese e competenze relative l’attivita’ transattiva da lui svolta, nella circostanza, in favore della convenuta. Quest’ultima costituitasi, contestativa che il legale avesse svolto in suo favore l’attivita’ professionale de qua.

Secondo il G.d.P. la domanda attrice non era stata provata ne’ per quanto riguarda l’esistenza del giudizio di opposizione ne’ per l’asserita attivita’ transattiva della controversia che sarebbe stata posta in essere dal legale.

Avverso la predetta sentenza proponeva appello l’avv. D. sostenendo la fondatezza della propria domanda che doveva invece ritenersi sufficientemente provata sulla base della documentazione prodotta; resisteva l’appellata, proponendo appello incidentale.

L’adito tribunale di Lucera – sez. distaccata di Rodi G. rigettava entrambe le impugnazioni, compensando tra le parti le spese del grado. Il tribunale ribadiva che, sulla base della documentazione ritualmente versata in causa, doveva ritenersi che il giudizio di opposizione agli atti esecutivi non era stato mai ritualmente instaurato (non essendo stata iscritta a ruolo), in relazione al quale peraltro il legale non aveva mai ricevuto specifico mandato ne’ egli poteva pretendere alcunche’ per l’attivita’ che assume compiuta per ottenere in via bonaria il pagamento spontaneo da parte dell’Ufficio IVA di Foggia della somma attribuita alla C. con l’ordinanza di assegnazione del 22.3.2000. L’avv. D. impugna per la cassazione della predetta statuizione con ricorso fondato su n. 6 censure illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.;

l’intimata resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso l’esponente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c. e dell’art. 1703 c.c. e segg.

e dell’art. 1350 c.c.: il tribunale ha confuso l’incarico – mandato professionale forense con la procura ad litem ed ha ritenuto applicabile al primo la disciplina dettata solo per la seconda. A suo avviso il conferimento dell’incarico e’ disciplinato dalle norme in tema di mandato e puo’ essere conferito in base alle norme generali, quindi anche senza la particolare forma prescritta per la procura alle liti di cui all’art. 83 c.p.c. Il secondo motivo (violazione degli artt. 113, 116 e 117 c.p.c.) e’ consequenziale rispetto al primo, atteso che il giudice non aveva ritenuto, nonostante le prove documentali e le risultanze istruttorie, l’esistenza di un incarico professionale a lui conferito da parte della C. dopo il deposito dell’ordinanza di assegnazione e dopo la notifica del ricorso di opposizione agli atti esecutivi da parte del terzo pignorato.

Con il terzo motivo: violazione norme di diritto: art. 83, 116, 167, 615, 616, 617 c.p.c., si deduce la procura alle liti non sarebbe stata necessaria per costituirsi alla prima dell’udienza fissata dal G.E. nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, ma solo nella successiva eventuale fase di cognizione.

Le predette doglianze, congiuntamente esaminate in quanto strettamente connesse, non hanno alcun fondamento.

Il tribunale ha spiegato che non era stata fornita la prova dell’attivita’ professionale che il legale assume di aver prestato in favore della propria cliente, perche’ non v’e’ dubbio che la causa di opposizione agli atti esecutivi in realta’ non era stata mai iscritta a ruolo ed essendo pacifico che la C. non aveva mai rilasciato una specifica procura per tale particolare procedimento.

Peraltro l’art. 83 c.p.c. stabilisce la regola generale secondo la quale la parte deve stare in giudizio con il ministero di un difensore il quale dev’essere munito necessariamente della procura alle liti disciplinata dalla stessa norma. Non ha senso dunque parlare nella specifica sede giudiziale di conferimento al legale dell’incarico professionale, con modalita’ diverse da quelle previste dal citato art. 83 c.p.c. Al riguardo ha precisato questa S.C. che “la procura conferita dalla parte al difensore nel processo di cognizione e’ intesa non soltanto al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte medesima del bene oggetto della controversia, ma anche dell’attuazione concreta del comando giurisdizionale, cioe’ al conseguimento di quel bene attraverso l’esecuzione forzata, quando manchi la spontanea ottemperanza della controparte al comando, conseguentemente detta procura, in mancanza di espressa limitazione – e particolarmente quando sia specificato che i poteri del difensore medesimo si estendono ad ogni stato e grado del procedimento – attribuisce lo ius postulandi anche in relazione al processo di esecuzione; a meno che l’azione esecutiva non venga intrapresa contro il terzo assegnato, giacche’ in tal caso, pur assumendo funzione strumentale alla conservazione del diritto di aggredire i beni del debitore in caso di mancata completa soddisfazione del credito, essa da luogo ad un processo il cui inizio e modalita’ di svolgimento richiedono rinnovate valutazioni, trattandosi di vicenda autonoma e diversa in ragione della diversa condizione giuridica del terzo e dei suoi beni espropriabili, rispetto alla quale, anche in presenza di un non pronto adempimento da parte del terzo, il creditore puo’ diversamente valutare la necessita’ d’intraprendere il processo esecutivo. Ne consegue che per tale nuovo e diverso processo esecutivo, ivi ricompresa l’ipotesi di opposizioni proposte avverso l’azione esecutiva del creditore, e’ richiesto il rilascio di una nuova procura al difensore”. (Cass. n. 5368 del 05/04/2003).

Il rigetto delle censure esaminate comporta l’assorbimento del quinto motivo; quanto al 4^ motivo lo stesso e’ parimenti infondato ponendosi in contraddizione con quanto sostenuto dal ricorrente a sostegno delle precedenti censure (violazione dell’art. 112 c.p.c.);

si sostiene infatti che in ogni caso l’attivita’ professionale svolta per conto della C. poteva essere liquidata in alternativa anche come attivita’ stragiudiziale, applicando le relative tariffe forense. Il tribunale in proposito ha negato che il legale avesse provato di aver svolto tale attivita’, ritenendo inconferenti le prove da lui dedotte.

Anche il 6 motivo (la violazione dell’art. 91 c.p.c.) infine e’ infondato, perche’ le spese processuali (compensate) evidentemente non potevano essere poste a carico della C. proprio perche’ era la parte vincitrice.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2011

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