Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4011 del 08/02/2022
Cassazione civile sez. II, 08/02/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 08/02/2022), n.4011
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 10452 – 2017 R.G. proposto da:
F.F., Avvocato – c.f. (OMISSIS) – da sé medesimo ai sensi
dell’art. 86 c.p.c. rappresentato e difeso ed elettivamente
domiciliato in Roma, alla via Spontini, n. 24, presso lo studio
dell’avvocato Alessandro Ciciarelli;
– ricorrente –
contro
D.A.V., – c.f. (OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 1131 – 17.2/21.3.2016 della Corte d’Appello di
Milano, udita la relazione nella camera di consiglio del 21 ottobre
2021 del consigliere Dott. Luigi Abete.
Fatto
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. Con atto notificato il 18.5.2007 D.A.V. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Milano l’avvocato F.F..
Esponeva che nel periodo compreso tra il mese di (OMISSIS) ed il mese di (OMISSIS) aveva concesso in prestito al convenuto la complessiva somma di Euro 136.645,68; che tuttavia l’avvocato F. non aveva provveduto alla restituzione dell’importo mutuato.
Esponeva che nel suo interesse il convenuto aveva promosso numerose azioni giudiziarie, tutte nondimeno respinte, giacché l’avvocato F. non aveva assolto gli incarichi con la dovuta diligenza.
Chiedeva condannarsi controparte a restituirle la somma mutuata ed a risarcirle il pregiudizio patrimoniale cagionato.
2. Si costituiva F.F..
Deduceva che per l’attività professionale svolta nell’interesse dell’attrice aveva da costei ricevuto la complessiva somma di Euro 130.000,00 a titolo di “fondo spese”.
Instava per il rigetto delle avverse domande.
3. Con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, l’attrice produceva “CD” contenente la registrazione eseguita il 22.9.2004 di una conversazione avuta con il convenuto, nel corso della quale questi aveva riconosciuto di aver ricevuto in prestito dalla D. la somma di Euro 130.000,00.
4. Ammessa – in parte – ed assunta la prova per testimoni articolata dall’attrice, assunto l’interrogatorio formale di F.F., disposta c.t.u. ai fini della trascrizione del contenuto del “CD”, con sentenza n. 6864/2013 il tribunale condannava il convenuto a restituire all’attrice la somma di Euro 130.000,00, oltre interessi legali, condannava il convenuto a risarcire all’attrice il danno da responsabilità professionale, quantificato in Euro 28.198,27, oltre accessori di legge, interessi e rivalutazione, condannava il convenuto a rimborsare all’attrice le spese di lite.
5. F.F. proponeva appello.
Resisteva D.A.V..
6. Con sentenza n. 1131/2016 la Corte d’Appello di Milano rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.
Premetteva la corte, in relazione al disposto dell’art. 2712 c.c., che con la memoria depositata il 17.3.2008 l’appellato aveva disconosciuto la registrazione fonografica in maniera generica; che dunque la registrazione era pienamente utilizzabile.
Indi evidenziava che nel corso della conversazione oggetto di registrazione l’appellante aveva espressamente riconosciuto di aver ricevuto in prestito l’importo di Euro 80.000,00 e che siffatta circostanza rinveniva riscontro nelle dichiarazioni rese dai testi M.M. e T.M..
Evidenziava altresì che l’appellato aveva comunque riconosciuto di aver ricevuto, seppur a titolo di rimborso delle spese per l’attività difensiva espletata, l’ulteriore importo di Euro 50.000,00; che la correlata fattura era stata emessa nel (OMISSIS), ben tre anni dopo l’incasso della somma, il che non avvalorava la diversa causale allegata dall’avvocato F.; che del resto il tenore della conversazione registrata induceva a ritenere che l’ammontare complessivo del prestito fosse stato pari ad Euro 130.000,00.
Evidenziava, per altro verso, la corte, che l’appellante aveva sì addotto di aver informato l’appellata circa la scarsa probabilità di successo delle azioni giudiziarie intraprese e tuttavia non aveva fornito in tal senso alcuna prova.
Evidenziava inoltre che l’appellata aveva non solo dato conto della negligenza dell’appellante alla stregua delle sentenze di merito che ne avevano sancito la soccombenza ed in cui si dava atto della superficialità dell’operato dell’avvocato F., ma aveva dato conto pur del quantum del pregiudizio sofferto in ragione delle spese di soccombenza che era stata costretta a sostenere.
7. Avverso tale sentenza l’avvocato F.F. ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
D.A.V. non ha svolto difese.
8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.pc., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 c.c.; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione.
Deduce che, contrariamente all’assunto della corte d’appello, l’operato disconoscimento della registrazione fonografica per nulla è stato subordinato all’addotta illecita assunzione della registrazione e per nulla è stato generico, bensì è stato formulato in maniera esplicita, specifica, circostanziata e puntuale, siccome riferito ad una determinata registrazione fonografica.
Deduce segnatamente che non solo ha negato la veridicità della conversazione asseritamente registrata, ma ha addotto che la registrazione fonografica disconosciuta costituiva a sua volta copia di altra registrazione fonografica asseritamente eseguita mediante l’uso di un telefono cellulare, sebbene all’epoca – 22.9.2004 – della presunta registrazione non vi fossero in commercio telefoni cellulari in grado di registrare una conversazione della durata di 40 minuti e 40 secondi.
Deduce in pari tempo che ha allegato documentazione da cui si evince che ha percepito la somma di Euro 130.000,00 a titolo di “fondo spese” per l’attività svolta nel periodo compreso tra la fine del (OMISSIS) e la fine del (OMISSIS) e che al riguardo la D. non ha formulato contestazioni.
9. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione.
Deduce che la corte di merito ha ammesso la prova per testimoni, ancorché nella specie risultasse ampiamente superato il limite di valore di cui all’art. 2721 c.c., comma 1 senza far luogo alla valutazione dei profili indicati allo stesso art. 2721 c.c., comma 2.
Deduce che T.M. è un testimone indiretto, de relato actoris, siccome ha riferito quanto riferitole dall’originaria attrice, sicché la rilevanza delle sue dichiarazioni è sostanzialmente nulla.
Deduce che la corte territoriale non ha in alcun modo tenuto conto delle addotte ragioni di inattendibilità del teste M.M..
Deduce segnatamente che, in qualità di avvocato, aveva in precedenza rappresentato ed assistito il M. e da tali pregressi rapporti erano scaturite sia ragioni di debito – per nulla adempiute – sia ragioni di ostilità del M. nei suoi confronti.
10. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1813 c.c. e art. 2697 c.c., comma 1.
Deduce che ha errato la corte distrettuale a ritenere, sulla scorta di una illegittima inversione dell’onere probatorio, che la corresponsione della somma di Euro 130.000,00 sia avvenuta a titolo di mutuo.
Deduce che controparte non ha dato prova di tutti gli elementi costitutivi del contratto di mutuo ed in particolare del titolo della consegna.
Deduce che pur al riguardo non si giustifica l’ammissione, indipendentemente dalla valutazione dei profili indicati allo stesso art. 2721 c.c., comma 2 della prova per testimoni.
11. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1176 e 2236 c.c.
Deduce che ha errato la Corte milanese ad affermare la sua responsabilità professionale.
Deduce che le azioni esperite nell’interesse della D. si inseriscono in una unitaria strategia difensiva che non può essere oggetto di alcun sindacato o, al più, può costituire fonte di responsabilità solo in caso di dolo o colpa grave.
Deduce al contempo che controparte non ha dato alcuna prova di aver effettivamente sostenuto degli esborsi per effetto e a seguito delle pronunce giudiziali che l’hanno vista soccombente.
12. Il primo motivo di ricorso va respinto.
13. Vanno, in premessa, ribaditi gli insegnamenti di questo Giudice.
In primo luogo, l’insegnamento – in verità menzionato pur dalla Corte d’Appello di Milano – secondo cui, in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova – e che va distinto dal “mancato riconoscimento”, diretto o indiretto, il quale, invece, non esclude che il giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite – pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (cfr. Cass. sez. lav. 28.1.2011, n. 2117; Cass. 22.4.2010, n. 9526).
In secondo luogo, l’insegnamento – in verità specificamente formulato con riferimento al disconoscimento della scrittura privata ex art. 214 c.p.c. – secondo cui il convincimento del giudice di merito circa l’idoneità di una determinata deduzione o condotta difensiva ad integrare gli estremi del disconoscimento costituisce giudizio “di fatto”, insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 6.2.2002, n. 1591; Cass. 1.7.2002, n. 9543), recte sindacabile ai sensi del novello disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ossia per “omesso esame circa un fatto decisivo e controverso”.
14. In questi termini la valutazione della corte d’appello, secondo cui l’appellato aveva disconosciuto la registrazione fonografica in maniera generica, siccome la contestazione non si era concretizzata “nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta ma limitandosi ad affermarne la non verità” (così sentenza d’appello, pag. 5), risulta incensurabile in questa sede per le ragioni che seguono.
Innanzitutto, giacché opera la preclusione ex art. 348 ter c.p.c., u.c., applicabile al caso di specie ratione temporis (l’appello è stato notificato il 17.9.2013: cfr. ricorso, pag. 5) in dipendenza della “doppia conforme”.
Altresì, giacché la valutazione effettuata in parte qua dalla corte di merito va esente – oltre che da pretesi “errores in iudicando” in rapporto al dettato dell’art. 2712 c.c. anche – da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale” rilevante alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, pronuncia a tenor della quale di certo non rileva il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Inoltre, giacché nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, insussistente nella specie – non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).
Infine, giacché il mezzo di impugnazione in disamina, nonostante l’ampio tenore che ne connota la formulazione, attinge in maniera del tutto generica il passaggio della motivazione del secondo dictum dapprima testualmente riferito. Invero, si risolve nel prospettare sic et simpliciter che “la conversazione ivi contenuta non è mai avvenuta tra le parti” (così ricorso, pag. 10, ove è riprodotto il rilievo in tal senso operato a pag. 6 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 3, del 17.3.2008) e nel prospettare tout court che nel corso dell’interrogatorio formale assunto in data 25.11.2008 il ricorrente aveva negato che il “CD” prodotto ex adverso riproducesse la sua voce (cfr. ricorso, pag. 10).
15. Alla luce dei surriferiti rilievi non hanno precipua valenza le deduzioni del ricorrente secondo cui, disconosciuta la registrazione fonografica, non vi era margine per far luogo ad una c.t.u. (cfr. ricorso, pag. 9), secondo cui i giudici di merito per nulla si sono espressi in ordine alle contestazioni tecniche sollevate e correlate all’uso di un telefono cellulare, inidoneo all’epoca per la presunta registrazione della conversazione (cfr. ricorso, pag. 11).
E tanto, ben vero, a prescindere dalla considerazione per cui l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (come riformulato dal D.Lgs. n. 83 del 2012, art. 54 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente l’omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 18.10.2018, n. 26305).
16. Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
17. Senza dubbio l’ammissione della prova testimoniale – e, si soggiunge, della prova presuntiva – oltre i limiti di valore stabiliti dall’art. 2721 c.c. è espressione di un potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è insindacabile in sede di legittimità ove sia correttamente motivato (cfr. Cass. 22.5.2007, n. 11889; Cass. 22.7.2004, n. 13621).
E tuttavia vi è da ritenere che il summenzionato specifico onere motivazionale ben può considerarsi assolto, allorché dall’impianto motivazionale complessivo si desume che i parametri valutativi – qualità delle parti, natura del contratto ed ogni altra circostanza – enunciati all’art. 2721 c.c., comma 2 sono stati, quanto meno implicitamente, vagliati e tenuti in conto dal giudice del merito.
Nella specie, la corte territoriale ha dato atto, allorquando ha riscontrato la consegna in contanti del denaro concesso a mutuo, “della natura confidenziale dei rapporti tra l’attrice ed il convenuto” (così sentenza d’appello, pag. 6).
18. Per altro verso, è vero che la rilevanza delle dichiarazioni rese dai testimoni “de relato actoris”, ovvero dei testimoni che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio, è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte e non sul fatto oggetto dell’accertamento (cfr. Cass. 15.1.2015, n. 569).
E nondimeno la corte distrettuale ha fatto riferimento alle dichiarazioni rese dalla teste T.M. nel quadro della più ampia valutazione delle risultanze istruttorie, valutazione ineccepibile, congrua ed esaustiva pur a prescindere dal riferimento alle dichiarazioni della teste T..
19. Per altro verso ancora, la valutazione del giudice di merito in ordine all’attendibilità dei testimoni si sottrae al controllo di legittimità, allorché sia corredata da motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa vigente in materia (cfr. Cass. 24.5.2013, n. 12988), recte, si sottrae al controllo in sede di legittimità, allorché non sia inficiata – tenuto conto del novello disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – da “omesso esame circa un fatto decisivo e controverso”.
In tal guisa, la delibazione delle prospettate ragioni di inattendibilità del teste M.M. risulta interdetta, siccome si ripropone al riguardo la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c.
In ogni caso, la valutazione operata pur in parte qua dalla Corte di Milano risulta immune da qualsivoglia forma di “anomalia motivazionale”.
Segnatamente la Corte lombarda ha precisato che l’appellante aveva rimesso la querela che in precedenza aveva sporto nei confronti del teste M. ed ha soggiunto che “risulta difficile credere che ciò sia avvenuto a titolo di mera cortesia” (così sentenza d’appello, pag. 6).
20. Il terzo motivo di ricorso parimenti va respinto.
21. Con il motivo in disamina il ricorrente sostanzialmente censura il giudizio “di fatto” sulla cui scorta la corte d’appello ha opinato per l’avvenuta erogazione a titolo di mutuo della somma di Euro 130.000,00.
Il terzo mezzo quindi – nonostante l’indicazione di cui alla relativa rubrica – si qualifica propriamente alla stregua della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Del resto è il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).
22. In questi termini non possono che formularsi i rilievi che seguono.
In primo luogo, anche a tal riguardo si ripropone la preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c. in dipendenza della “doppia conforme” (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774, secondo cui, in ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse).
In secondo luogo, è da escludere che forme di “anomalia motivazionale” (rilevanti giusta la pronuncia n. 8053/2014 delle sezioni unite) inficino le motivazioni cui la corte di merito ha, in parte qua, ancorato il suo dictum.
In terzo luogo, l’iter motivazionale che sorregge l’impugnato dictum risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica.
Invero, non vi è stata inversione alcuna dell’onere probatorio gravante sulla D.: oltre al riferimento all’anno – (OMISSIS) – di emissione della fattura, la corte distrettuale ha avuto cura di puntualizzare che, comunque, il complessivo tenore della conversazione registrata induceva a ritenere che l’ammontare complessivo del prestito fosse stato pari ad Euro 130.000,00, siccome l’avvocato F.F. aveva adombrato “di restituirlo, in parte, attraverso imputazione a prestazioni professionali” (così sentenza d’appello, pag. 7).
Infine, il ricorrente censura l’asserita, erronea valutazione delle risultanze di causa, allorché adduce (in verità anche con il primo motivo: cfr. ricorso, pagg. 15 – 16) che è stata allegata, pur dalla controparte, documentazione da cui si evince che ha percepito la somma di Euro 130.000,00 a titolo di “fondo spese” per l’attività giudiziaria svolta nell’interesse della D.. E che in tal senso depongono anche gli esiti del suo formale interrogatorio.
E però il preteso cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).
23. Il quarto motivo di ricorso analogamente va respinto.
24. E’ del tutto generico il profilo del motivo in disamina con cui si è prospettato che le azioni esperite nell’interesse di D.A.V. si iscrivevano in “una unitaria strategia difensiva” (così ricorso, pag. 25), insuscettibile di sindacato in sede giudiziaria.
Invero, in nessun modo il ricorrente ha provveduto a dar conto, a specificare, ad enunciare i puntuali termini della pretesa “unitaria strategia difensiva”.
25. Per altro verso, allorché il ricorrente prospetta che il rapporto insorto con la D. costituisce la riprova che costei veniva “informata dell’esito di ogni causa, sebbene non per iscritto” (così ricorso, pag. 26), innegabilmente, in tal maniera, sollecita questa Corte al riesame delle risultanze di causa.
26. Per altro verso ancora, a fronte degli atti di precetto notificati all’intimata, notificazione di cui dà conferma lo stesso ricorrente (cfr. ricorso, pag. 27), del tutto ingiustificato è l’assunto dell’avvocato F.F. secondo cui D.A.V., a riscontro del danno, non avrebbe dato prova dell’effettiva corresponsione delle somme precettate.
27. Con i rilievi finali veicolati dal motivo in disamina (“quanto poi alle singole cause che analiticamente la Corte d’Appello riprende, si rileva quanto segue. Le prime due azioni (…)”: così ricorso, pagg. 27 – 28) il ricorrente indiscutibilmente censura il giudizio “di fatto” sulla cui scorta la Corte lombarda ha opinato per la responsabilità del ricorrente, giudizio “di fatto” censurabile in sede di legittimità esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 “per omesso esame circa un fatto decisivo e controverso” (cfr. Cass. 18.5.1988, n. 3463, secondo cui la responsabilità professionale dell’avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, non può essere senz’altro desunta dal mancato raggiungimento dell’obiettivo perseguito dal cliente, ma presuppone la violazione del dovere di quella diligenza media esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2 la quale violazione, ove consistita nell’adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è né esclusa né ridotta per la circostanza che l’adozione di tali mezzi sia stata sollecitata dal cliente stesso, essendo compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attività professionale; l’accertamento della violazione del dovere sancito dalla norma anzidetta – che disciplina in via normale la responsabilità del professionista, applicandosi il regime di responsabilità attenuata ex art. 2236 c.c. solo nel caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà – è riservato al giudice del merito, la cui valutazione, se adeguatamente e correttamente motivata, è incensurabile in sede di legittimità).
Nondimeno in tal guisa, in dipendenza della “doppia conforme”, si ripropone la preclusione ex art. 348 ter c.p.c., u.c., in un quadro motivazionale che risulta comunque congruo ed esaustivo.
28. D.A.V. non ha svolto difese; nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.
29. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, F.F., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 21 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022