Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4010 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. II, 08/02/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 08/02/2022), n.4010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10404-2017 proposto da:

F.G., difeso da sé stesso;

– ricorrente –

contro

S.F.;

– intimato –

avverso la SENTENZA n. 547/2016 della CORTE D’APPELLO DI SALERNO,

depositata il 14/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza non partecipata

del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. L’avv. F.G., con ricorso proposto ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 28 ha chiesto, nel giugno del 2009, la liquidazione dei compensi professionali da lui maturati nei confronti di S.F. per averlo assistito nella controversia iscritta innanzi alla corte d’appello di Salerno al n. 905/2004 r.g..

1.2. S.F., con memoria difensiva, ha eccepito l’inammissibilità del procedimento in relazione alla domanda riconvenzionale da lui spiegata per l’accertamento del suo controcredito per versamenti eccessivi e lavori edili non pagati e del reale credito del ricorrente in rapporto all’attività svolta.

1.3. La corte, con ordinanza del 30/10/2009, ha ordinato il mutamento del rito da speciale ad ordinario con termine per la precisazione ed integrazione delle richieste, eccezioni e produzioni.

1.4. Le parti, quindi, hanno depositato memorie nelle quali si sono riportate ai rispettivi atti e richieste.

1.5. Dichiarate inammissibili le rispettive istanze istruttorie, la corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, nel 2016, ha ritenuto che non vi fossero i presupposti per il mutamento di rito disposto con l’ordinanza del 30/10/2009 ed ha, quindi, dichiarato l’inammissibilità del ricorso, condannando il ricorrente a rimborsare alla controparte le spese di lite.

1.6. La corte, in sostanza, ha ritenuto che, in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato, in caso d’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del procedimento speciale previsto dalla L. n. 794 del 1942, il giudice deve dichiarare esclusivamente l’inammissibilità del ricorso senza disporre il mutamento del rito al fine di consentire la prosecuzione del giudizio nelle forme ordinarie davanti al giudice competente.

2.1. L’avv. F.G., con ricorso notificato il 13.18/4/2017, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza.

2.2. S.F. è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 101, comma 2 e art. 183 c.p.c. nonché dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha rilevato, in via ufficiosa, l’inammissibilità del ricorso e l’errore nel mutamento del rito senza aver, tuttavia, provveduto, come imposto dall’art. 101 c.p.c., comma 2, ad assegnare alle parti il termine per il deposito di memorie contenenti osservazioni sulla questione rilevata d’ufficio.

3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione della L. n. 794 del 1942, artt. 28 e ss. e dell’art. 111 Cost., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso senza, tuttavia, considerare che, a seguito del mutamento del rito, il procedimento era proseguito nelle forme del giudizio ordinario di cognizione e che, in effetti, in tale situazione, l’orientamento prevalente convergeva nel senso che, nelle controversie di cui alla L. n. 794 del 1942, artt. 28 ss. ove fosse emersa l’insussistenza dei relativi presupposti, il giudizio doveva proseguire secondo il rito ordinario di cognizione innanzi al giudice competente.

3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso senza, tuttavia, spiegare i motivi per i quali ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del procedimento speciale ed ha optato per la soluzione più penalizzante per l’economia del giudizio.

3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 91 e 96 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, dopo aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso, ha condannato l’istante a rimborsare alla controparte le spese di lite senza, tuttavia, considerare che lo stesso aveva correttamente introdotto il procedimento speciale e non aveva dato alcun contributo al mutamento di rito che la corte ha in seguito ritenuto erroneo.

4.1. Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente, sono infondati.

4.2. Intanto, la questione rilevata d’ufficio dalla corte d’appello ha natura processuale, riguardando l’ammissibilità o meno del ricorso proposto: ed è noto che, a fronte di questioni di tale natura, il rilievo ufficioso da parte del giudice non impone l’assegnazione alle parti del termine di cui all’art. 101 c.p.c., comma 2. Invero, nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto (come, appunto, nel caso delle questioni meramente processuali), senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (c.d. terza via), non sussiste la nullità della sentenza in quanto da tale omissione non deriva la consumazione di altro vizio processuale diverso dall’error iuris in iudicando ovvero dall’error in iudicando de iure procedendi, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore (insussistente, come si vedrà di qui a poco) sia in concreto consumato (Cass. SU n. 20935 del 2009; Cass. n. 8936 del 2013; Cass. n. 17473 del 2018).

4.3. Il ricorrente, del resto, non ha allegato il pregiudizio concretamente subito per effetto della denunciata violazione processuale: ed è altrettanto noto come, in forza del consolidato insegnamento di questa Corte, deve ritenersi esclusa la sussistenza di un obbligo per il giudice di sollecitare la previa instaurazione del contraddittorio quando la questione rilevata d’ufficio sia di mero diritto, e, quindi, di natura processuale, né tale obbligo assume rilievo se la parte non prospetti la specifica lesione del diritto di difesa che ne avrebbe patito, quantomeno allegando, quale verosimile sviluppo del processo svoltosi nel rigoroso rispetto della norma, l’insussistenza delle circostanze di fatto poste a base della decisione, potendosi vantare un diritto al rispetto delle regole del processo solo se, in dipendenza della loro violazione, ne derivi un concreto pregiudizio (Cass. 6591 del 2019; Cass. n. 3432 del 2016).

4.4. La soluzione seguita dalla corte d’appello, d’altra parte, è corretta. Premesso, infatti, che il giudizio è stato introdotto nel mese di giugno del 2009 e che non hanno pertanto alcun rilievo i richiami operati dal ricorrente alla disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 150 del 2011, che non è applicabile, deve, in questa sede, deve trovare conferma l’orientamento, cui ha aderito la dominante giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 23344 del 2008, con la quale era stato superato il precedente orientamento di Cass. n. 3637 del 2004; conf., Cass. n. 17053 del 2011 e Cass. n. 16202 del 2013), secondo cui, in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato, quando emerge l’inesistenza dei presupposti per l’applicazione del procedimento speciale previsto dalla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29 dev’essere dichiarata esclusivamente l’inammissibilità del ricorso senza disporre il mutamento del rito al fine di consentire la prosecuzione del giudizio nelle forme ordinarie davanti al giudice competente (Cass. n. 16202 del 2013, la quale ha osservato che il mutamento del rito non è previsto da alcuna norma né potrebbe trovare fondamento sulla base di applicazione analogica di norme dettate per altre controversie dal momento che il mutamento del rito ha la finalità di consentire la conservazione degli atti già compiuti, ma presuppone l’esistenza di due procedimenti a cognizione piena, mentre lo speciale procedimento per la liquidazione degli onorari è sommario e ha un oggetto diverso rispetto a quello per il quale si procede con cognizione ordinaria, con la conseguenza che la conservazione degli atti non potrebbe essere realizzata).

5. Il terzo motivo è infondato. In tema di error in procedendo, come il vizio denunciato dal ricorrente, non è consentito alla parte interessata di formulare, in sede di legittimità, la censura di omessa motivazione, spettando alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (Cass. n. 22952 del 2015).

6. Il quarto motivo è infondato. La natura esclusivamente processuale della pronuncia che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio non esclude, infatti, la soccombenza della parte che l’ha proposto ed impone, quindi, a meno che il Giudice di merito non ritenga di disporre la loro compensazione, la sua condanna al rimborso delle spese di lite sostenute dalla controparte (cfr. Cass. n. 16037 del 2014).

7. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

8. Nulla per le spese, in difetto di controricorso.

9. La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

 

 

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