Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4009 del 08/02/2022
Cassazione civile sez. II, 08/02/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 08/02/2022), n.4009
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12937-2017 proposto da:
TARGET INVESTMENT S.R.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato
ANTONIO BERTOLI, e dall’Avvocato PAOLO MICOZZI, per procura speciale
in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.D., rappresentata e difesa dall’Avvocato RAFFAELE
VOLTOLINA, per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
HYPO ALPE ADRIA BANK, rappresentata e difesa dall’Avvocato ADRIANO
POLICICCHIO, per procura in calce al controricorso;
– controricorrente – e
S.S., rappresentato e difeso dall’Avvocato ALBERTO
MENEGUZZI, e dall’Avvocato LUCIANO MARIANI, per procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
e
IMMOBILIARE P. S.R.L., SE. CONSULTIN S.R.L.,
G.G.M., DUEGI DI CO.GI. & C. S.A.S. (già Emmequattro
di Marchesin Lucia & C.);
– intimati –
avverso la SENTENZA n. 2582/2016 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA,
depositata il 16/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza non partecipata
del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1.1. C.D., con atto di citazione notificato in data 16/6/2007, ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Padova, la Target Investment s.r.l., la Emmequattro di Marchesin Lucia & C. s.a.s., M.M., la Immobiliare P. s.r.l., G.G.M. e la Hypo Alpe Adria Bank s.p.a., quali proprietari, ciascuno per la propria porzione, dell’immobile in (OMISSIS), lamentando l’illegittimità della sopraelevazione del fabbricato in quanto realizzato in violazione delle distanze legali dal fabbricato dell’attrice e dal confine e, per l’effetto, chiedendo che i convenuti fossero condannati alla riduzione in pristino, per la parte di edificio sopraelevata che non rispettava le distanze di legge e che la Target Investment s.r.l., quale originaria proprietaria dell’intero edificio ed autrice dell’illegittima sopraelevazione, fosse condannata al risarcimento dei danni.
1.2. La Target Investment s.r.l. ha resistito alle domande proposte dall’attrice sul rilievo che non vi era stata alcuna sopraelevazione ma solo una ristrutturazione del tetto, che non aveva comportato un aumento dell’altezza e della volumetria dell’immobile, e realizzata in conformità alle norme tecniche del Regolamento edilizio vigente al momento della denuncia di inizio attività.
1.3. Hypo Alpe Adria Bank s.p.a., a sua volta, ha chiesto che, in ipotesi di accoglimento delle domande proposte dall’attrice, il tribunale accertasse la diminuzione del valore del bene oggetto della compravendita, condannando la Target, in solido con la Se. Consulting, a corrispondere quella parte del prezzo della vendita pari alla differenza tra il prezzo indicato nel contratto ed il valore effettivo di mercato del bene.
1.4. La Se. Consulting, chiamata in causa, ha, a sua volta, chiesto che, in ipotesi di accoglimento delle domande attoree, la Target fosse condannata a tenerla indenne da ogni conseguenza pregiudizievole che potesse derivarle.
1.5. Interrotto il processo per il decesso di M.M., l’attrice ha provveduto alla sua riassunzione.
1.6. Si e’, quindi, costituito S.S., erede beneficiato della M., chiedendo il rigetto delle domande attoree ed, in subordine, in caso di accoglimento delle stesse, di essere manlevato dalla target Investment.
1.7. S.S., inoltre, con atto di citazione notificato in data 10/9/2008, ha introdotto un diverso giudizio nel quale ha chiesto che, in caso di accoglimento delle domande svolte dalla C. nel predetto procedimento, la Target Investment fosse condannata a tenerlo indenne da ogni conseguenza pregiudizievole potesse derivargli a causa delle violazioni commesse dalla convenuta, oltre al risarcimento dei danni.
1.8. Target Investment si è costituita chiedendo il rigetto delle domande attoree in quanto prescritte ed, in ogni caso, infondate.
1.9. Riuniti i giudizi, la Target Investment ha chiesto il rigetto delle domande proposte nei suoi confronti dalla Hypo Alpe Adria Bank s.p.a., dalla Se. Consulting e da S.S..
1.10. Si sono costituiti, infine, la società Immobiliare P. s.r.l. e G.G.M. chiedendo il rigetto delle domande proposte dall’attrice ed, in subordine, la riduzione in pristino unicamente della porzione di tetto soprastante l’immobile facente ancora capo alla Target e compresa nella fascia di dieci metri di distanza dal fabbricato dell’attrice.
1.11. Disposta una consulenza tecnica d’ufficio, il tribunale, con sentenza del 25/11/2014, ha, per quanto ancora rileva, rigettato le domande dell’attrice condannandola al pagamento delle spese processuali in favore di ciascuno dei convenuti e chiamati in causa.
2. 1. C.D. ha proposto appello avvero la sentenza del tribunale per quattro motivi.
2.2. Si sono costituiti in giudizio tutti gli appellati, ad eccezione della Emmequattro di Marchesin Lucia & C. s.a.s., ora Duegi di Co.Gi. & C. s.a.s., chiedendo il rigetto dell’impugnazione e la conferma della sentenza appellata.
2.3. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha, per quanto ancora interessa, accolto la domanda proposta da C.D. ed ha, per l’effetto, condannato, tra gli altri, la Target Investment s.r.l., quale originaria proprietaria dell’intero edificio, alla riduzione in pristino, per la parte sopraelevata dalla stessa realizzata, entro i limiti richiesti dal rispetto delle distanze legali, pari a cinque metri dal confine.
2.4. La corte, in particolare, ha rilevato, in fatto, che, alla luce dei chiarimenti forniti dal consulente tecnico d’ufficio nella relazione depositata il 18/11/2010, la costruzione della nuova copertura dell’edificio ha consentito di delimitare un “volume fisico” “con altezza aumentata di circa 90 centimetri rispetto all’edificio originario”. I volumi realizzati, infatti, ha osservato la corte, non possono essere considerati, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, come volumi tecnici, “sia in considerazione del fatto che anche nel progetto non sono indicate ragioni di ordine tecnico che avrebbero richiesto l’innalzamento del colmo del tetto di cm. 90 e la trasformazione dello stesso, precedentemente a quattro falde, in uno a botte, sia perché dall’elaborato del CTU risulta “l’uso parzialmente abitativo dei locali al sottotetto”.
2.5. La corte, quindi, dopo aver ricordato che: – la ristrutturazione si attua, nel rispetto della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. d), attraverso interventi che comportino modificazioni esclusivamente interne dell’edificio preesistente, senza aumenti di superficie o di volume, in presenza dei quali, invece, si configura una nuova costruzione, sottoposta alla disciplina in tema di distanze (vigente al momento della realizzazione dell’opera) e alla relativa tutela ripristinatoria; – la ristrutturazione di un fabbricato che superi in altezza l’edificio preesistente equivale, pertanto, ad una sopraelevazione, la quale, a sua volta, anche se di dimensione ridotta, comporta pur sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va pertanto considerata a tutti gli effetti, e quindi anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione; – l’aumento di volumetria, ai fini in oggetto, è escluso unicamente se derivi da un “volume tecnico”, per tale intendendo solo l’opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi, come quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore, di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali dell’abitazione e che non possono essere ubicati nella stessa; ha ritenuto che, alla luce di tali principi, risulta evidente come, nel caso in esame, “l’opera realizzata non può essere considerate priva di autonomina funzionale, anche potenziale”, se solo si considera che, spostando in altezza il controsoffitto di cm. 5 e mantenendo inalterata la attuale sagoma esterna del tetto, il sottotetto, che non è destinato a contenere impianti serventi, otterrebbe l’abitabilità, e che, ove l’opera edilizia comporta, come nel caso in esame, un aumento della volumetria, si configura una “nuova costruzione”.
2.6. Ne’ può rilevare, ha aggiunto la corte, la norma di cui all’art. 103 del regolamento edilizio del Comune, che non può influire, sovvertendone il significato, sui concetti di “costruzione” e di “sopraelevazione” che sono fissati dai principi dell’ordinamento giuridico generale, così come è irrilevante “l’esito positivo degli iter amministrativi edilizi”, che incidono solo sul rapporto pubblicistico tra la pubblica amministrazione e il privato ma non anche sui rapporti tra i privati i quali, in caso di violazione delle norme sulle distanze previste dagli artt. 873 c.c. e ss. e della norma prevista dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 conservano inalterato il diritto alla riduzione in pristino.
2.7. L’intervento realizzato dalla Target sull’edificio in questione, poiché “ha comportato la demolizione del tetto precedente a quattro falde e la realizzazione di una nuova copertura a botte”, poiché “non ha rispettato la sagoma dell’edificio precedente” determinando piuttosto “un aumento del volume fisicamente apprezzabile rispetto a quello precedente”, poiché non può essere ritenuto come un’opera priva di autonomia funzionale anche potenziale e non può essere assimilata ad un mero “volume tecnico”, si configura, in definitiva, come una nuova costruzione e non come una ristrutturazione edilizia.
2.8. E poiché la sopraelevazione è stata realizzata in violazione dell’art. 873 c.c., del D.M. n. 1444 cit., art. 9 e dell’art. 7 delle N. T.A. del P.R.G. del Comune, i convenuti, ha concluso la corte, devono essere condannati alla riduzione in pristino e la Target Investment, nei cui confronti la domanda è stata proposta, anche al risarcimento dei danni.
2.9. L’accoglimento della domanda proposta dall’attrice comporta, infine, ha aggiunto la corte, la condanna della Target Investment s.r.l., quale originaria proprietaria dell’intero edificio, a tenere indenni gli acquirenti delle singole porzioni, e cioè gli appellati Hypo Alpe Adria Bank s.p.a., Se. Consulting s.r.l. e S.S., di ogni conseguenza pregiudizievole che possa loro derivare dalla rimessioni in pristino del tetto.
2.1. Target Investment s.r.l., con ricorso notificato il 12/5/2017, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello.
2.2. C.D., la Hypo Alpe Adria Bank s.p.a., la Se. Consulting s.r.l. e S.S. hanno resistito con distinti controricorsi.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, la società ricorrente principale, lamentando la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 12 preleggi, comma 2, e art. 15 preleggi circa le regole di interpretazione e di successione delle norme nel tempo in relazione agli artt. 872 e 873 c.c., del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. D), e della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. d) in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la copertura dell’edificio realizzata dalla Target, avendo determinato un aumento del volume rispetto a quello precedente senza rispettare la sagoma dell’edificio precedente, doveva essere configurata come una nuova costruzione, omettendo, tuttavia, di considerare che la nozione di nuova costruzione, così come prevista dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 non coincide con quella di costruzione rilevante ai fini del rispetto delle distanze legali stabilite dal D.M. n. 1444 del 1968, il quale, infatti, detta solo la disciplina dei nuovi edifici in terreni parzialmente o non completamente edificati, laddove la disciplina per le aree che, come quella in esame, sono state interamente edificate in precedenza, si deve ricavare da una lettura sistematica delle disposizioni dell’art. 9, sub a), d) ed e), in base alla situazione di fatto esistente. In tali aree, infatti, ha osservato la ricorrente, viene in rilievo non la distanza tra le costruzioni ma il diverso criterio dell’allineamento al preesistente per cui gli interventi di ristrutturazione edilizia, pur quando comportino modifiche del volume, della sagoma e un aumento di unità immobiliari, non configurano una nuova costruzione. L’innalzamento del colmo del tetto e della sua inclinazione, quindi, costituisce null’altro che una modificazione del medesimo edificio e non un nuovo edificio.
3.2. Con il secondo motivo, la società ricorrente principale, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 872 e 873 c.c., del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. d) e degli artt. 83 e 101 del reg. edilizio comunale e dell’art. 7 delle N. T.A. del Comune, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’intervento edilizio realizzato dalla Target configurasse una nuova costruzione e non una ristrutturazione, senza, tuttavia, considerare, innanzitutto, che il rifacimento del tetto, avvenuto in conformità alle norme tecniche e al regolamento edilizio in vigore, non aveva determinato un aumento della volumetria dell’immobile rispetto a quello già esistente, né un incremento dell’altezza dell’edificio. Il sottotetto della Target, del resto, ha aggiunto la ricorrente, avendo un’altezza di circa 2,37 m., non può essere considerato come edificio ai sensi dell’art. 83 del reg. edilizio comunale, tanto più che, a norma dell’art. 101, comma 4, del reg. edilizio, non sono computati i volumi dei vani non abitabili posti oltre all’altezza del fabbricato. D’altra parte, a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), sono interventi di ristrutturazione anche quelli che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente oppure all’ampliamento dei manufatti esistenti all’esterno della sagoma esistente.
3.3. Con il terzo motivo, la società ricorrente principale, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 872 e 873 c.c., del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9 degli artt. 83 e 74 del reg. edilizio comunale e dell’art. 7 delle N. T.A. del Comune, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato che, a norma del D.M. n. 1444 cit., art. 9 la distanza di m. 10 dev’essere osservata tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, laddove, nel caso in esame, non solo non vi sono, rispetto alla modificazione del tetto, pareti di edifici, ma neppure edifici antistanti, quand’anche si ritenesse che il tetto costituisca una parete. I manufatti, anche presi nella loro interezza, raggiungono, infatti, in altezza quote diverse misurando il fabbricato della C. mt. 6,50 ed il fabbricato della Target mt. 9,35.
4.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
4.2. Escluso, invero, ogni rilievo alle questioni poste dalla ricorrente che non risultano in alcun modo trattate dalla sentenza impugnata (le quali, infatti, presupponendo i necessari accertamenti in fatto, sono inammissibili se, come nel caso di specie, sono prospettate senza che l’istante abbia dimostrato, con la riproduzione in ricorso dei relativi atti processuali, la loro formale deduzione nel giudizio di merito: cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), e limitato, quindi, il thema decidendum alle sole questioni che, per quanto in precedenza esposto, sono state trattate e decise dal giudice distrettuale, rileva la Corte che, come ripetutamente affermato in sede di legittimità, nell’ambito delle opere edilizie, anche alla luce dei criteri di cui alla L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. d), (oggi D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3), la semplice “ristrutturazione” si verifica soltanto se gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano e rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura; viceversa, è ravvisabile la “ricostruzione” allorché dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria; in presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione”, come tale sottoposta alla disciplina in tema di distanze vigente al momento della medesima (Cass. SU n. 21578 del 2011; conf., di recente, Cass. n. 15041 del 2018, la quale ha qualificato come nuova costruzione un edificio che presentava, rispetto a quello preesistente, un lieve incremento della superficie ed un modesto aumento del volume).
4.3. In altri termini, stando alla normativa di cui al Testo Unico dell’Edilizia contenuto nel D.P.R. n. 380 cit.: a) si parla di semplice ristrutturazione qualora “gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un fabbricato le cui componenti essenziali, quali muri perimetrali, strutture orizzontali e copertura siano rimasti inalterati”; b) ci si trova di fronte, invece, a una ricostruzione quando “le componenti dell’edificio, per evento naturale o per fatto umano, siano venute meno e l’intervento successivo non abbia comportato alcuna variazione rispetto alle dimensioni originarie dell’edificio, con particolare riferimento alla volumetria, alla superficie di ingombro occupata e all’altezza”: in questo senso, l’opera di demolizione e ricostruzione può essere qualificata quale ristrutturazione purché la nuova opera mantenga le caratteristiche planovolumetriche dell’edificio precedente; c) in caso di aumento di una di queste componenti (volumetria, superficie di ingombro occupata e altezza), infine, “si è in presenza di una nuova costruzione, da considerare tale agli effetti del computo delle distanze rispetto agli immobili contigui” (Cass. n. 14902 del 2013), avendo riguardo alla disciplina vigente al momento della sua realizzazione: “nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originarlo” (Cass. SU n. 21578 del 2011; Cass. n. 473 del 2019, in motiv.).
4.4. La ristrutturazione edilizia, in definitiva, solo se non comporta aumenti di superficie o di volume, non configura una nuova costruzione ed e’, pertanto, ad essa inapplicabile la disciplina in tema di distanze prevista dall’art. 873 c.c. (Cass. n. 10873 del 2016). Viceversa, ove comporti aumenti di superficie o di volume, la ristrutturazione edilizia si configura come una nuova costruzione, sottoposta alla disciplina in tema di distanze, vigente al momento della realizzazione dell’opera, e alla relativa tutela ripristinatoria (Cass. n. 17043 del 2015; Cass. n. 11049 del 2016).
4.5. Peraltro, se la ristrutturazione di un fabbricato si concretizza nella sopraelevazione dell’edificio preesistente, tale sopraelevazione, a sua volta, anche se di dimensione ridotta, comporta pur sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro ed e’, dunque, tenuta, quale nuova costruzione, al rispetto della disciplina delle distanze (Cass. n. 17043 del 2015, la quale, peraltro, ha altresì escluso che i regolamenti locali possano incidere, anche solo indirettamente con la previsione di soglie massime di incremento edilizio, sulle nozioni normative di “ristrutturazione” e di “nuova costruzione” e sui rimedi esperibili nei rapporti tra privati; così anche Cass. n. 23845 del 2018, la quale, peraltro, ha osservato che la nozione di costruzione è unica, ai sensi dell’art. 873 c.c., e non può subire deroghe da parte di fonti secondarie, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, atteso che il rinvio a norme integrative contenuto nell’ultima parte dell’art. 873 c.c. riguarda la sola possibilità, per tali norme, di stabilire un distacco maggiore di quello codicistica; così anche Cass. n. 144 del 2016). La sopraelevazione, infatti, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione (Cass. n. 21059 del 2009; Cass. n. 15528 del 2008; conf., più di recente, Cass. n. 11049 del 2016; Cass. n. 15732 del 2018).
4.6. Tale conclusione vale anche per la modifica del tetto.
In materia di distanze legali tra edifici, infatti, la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova costruzione se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura, spettando, peraltro, al giudice di merito di volta in volta verificare, in concreto, se l’opera eseguita, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal calcolo delle distanze legali ovvero se, al contrario, com’e’ stato accertato in fatto nel caso in esame, l’opera presenti le anzidette caratteristiche e sia, come tale, assoggettata alla disciplina sulle distanze vigente al momento della sua realizzazione (Cass. n. 20786 del 2006; Cass. n. 14932 del 2008), non operando il criterio della prevenzione riferito alle costruzioni originarie in quanto sostituito dal principio della priorità temporale correlata al momento della sopraelevazione (Cass. n. 15527 del 2008; Cass. n. 74 del 2011): in tema di distanze legali, con riferimento alla sopraelevazione di un edificio preesistente, il criterio della prevenzione va applicato avendo riguardo all’epoca della sopraelevazione e non a quella della realizzazione della costruzione originaria (Cass. n. 14705 del 2019).
4.7. Nel caso in esame, come visto, la corte d’appello ha accertato, con statuizione non impugnata per omesso esame di fatti decisivi dei quali sia stata dimostrata la risultanza dagli atti del giudizio, che l’intervento realizzato dalla Target, consistito nel “la demolizione del tetto precedente a quattro falde e la realizzazione di una nuova copertura a botte”, “non ha rispettato la sagoma dell’edificio precedente” determinando piuttosto, “con altezza aumentata di circa 90 centimetri rispetto all’edificio originario”, “un aumento del volume fisicamente apprezzabile rispetto a quello precedente” ed ha, in forza di tale emergenza, correttamente ritenuto che si fosse in presenza non già di una mera ristrutturazione bensì di una “nuova costruzione”, come tale, assoggettata all’osservanza delle prescrizioni sulle distanze previste, tra l’altro, dall’art. 873 c.c. e dall’art. 7 delle N. T.A. del Comune (evidentemente) in vigore al momento della sua realizzazione.
4.8. La nozione di costruzione – che, come detto, non può essere delineata diversamente dalle norme secondarie dei regolamenti comunali (Cass. n. 23843 del 2018) – ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dagli artt. 873 c.c. e ss. e delle norme dei regolamenti locali integrativi della disciplina codicistica, non si identifica, del resto, con la nozione di edificio ma si estende a qualsiasi “manufatto non completamente interrato avente i caratteri della solidità stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio o incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell’opera stessa” (Cass. n. 24128 del 2012 in motiv.; Cass. n. 15972 del 2011).
4.9. I volumi realizzati, del resto, ha correttamente aggiunto la corte d’appello, non possono essere considerati come volumi tecnici “sia in considerazione del fatto che anche nel progetto non sono indicate ragioni di ordine tecnico che avrebbero richiesto l’innalzamento del colmo del tetto di cm. 90 e la trasformazione dello stesso, precedentemente a quattro falde, in uno a botte, sia perché dall’elaborato del CTU risulta “l’uso parzialmente abitativo dei locali al sottotetto”. E si è già osservato come, in linea di principio, l’aumento di volumetria, ai fini in oggetto, è escluso unicamente se derivi da un “volume tecnico”, per tale intendendo solo l’opera edilizia priva di alcuna autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi, come quelli connessi alla condotta idrica, termica o all’ascensore, di una costruzione principale per esigenze tecnico-funzionali dell’abitazione e che non possono essere ubicati nella stessa, e non anche quella che costituisce, come il vano scale, parte integrante del fabbricato (Cass. n. 11049 del 2016).
5. Il quarto motivo, con il quale la società ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alle condanne al risarcimento dei danni e di manleva, in quanto erronee, solo in via consequenziale e derivata, per l’insussistenza della violazione delle norme sulle distanze tra edifici e confini, risulta, evidentemente, assorbito.
6. Il ricorso dev’essere, pertanto, rigettato.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
8. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese di lite, che liquida, per ciascuno di loro, in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022