Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4008 del 16/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/02/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 16/02/2021), n.4008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6701-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.A., M.L., C.I., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CAIROLI 8, presso lo studio dell’avvocato

MARIA ELENA TARUFFI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 144/2013 della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA,

depositata il 22/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere Dott.ssa FASANO ANNA MARIA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

L’Agenzia delle entrate notificava a M.L., M.A. e C.I. un avviso di rettifica e liquidazione con cui procedeva, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, alla rettifica del valore dichiarato nell’atto di compravendita di una porzione di capannone industriale con annessi uffici ed area di pertinenza, di cui all’atto notaio Donegana del 19.6.2007. L’atto impositivo non veniva impugnato e l’Agenzia delle Entrate procedeva all’iscrizione a ruolo ed alla notifica della cartella di pagamento n. (OMISSIS). I contribuenti impugnavano la cartella dinanzi alla Comissione Tributaria Provinciale di Lecco che, con sentenza n. 82/03/10, respingeva il ricorso. La sentenza non veniva appellata e diveniva definitiva in data 9.2.2011. A seguito della impugnazione dell’avviso di rettifica proposta da Varasteel s.r.l., parte acquirente e coobligata solidale, la Commissione Tributaria Provinciale di Lecco, con sentenza del 24.3.2010, riduceva il valore accertato ad Euro 830.000, sicchè Varasteel s.r.l. versava le maggiori imposte dovute. M.L., M.A. e C.I. presentavano istanza di sgravio della cartella di pagamento, ritenendo sussistenti i requisiti dell’estensione del giudicato favorevole riguardante la società acquirente. L’Ufficio notificava, in data 14.10.2011, il diniego di accoglimento dell’istanza, motivando che il pagamento operato dalla coobbligata precludeva l’esercizio dell’exceptio ex art. 1306 c.c., comma 2. I contribuenti impugnavano il diniego di sgravio dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lecco che, con sentenza n. 90/01/12, accoglieva il ricorso ritenendo nella fattispecie applicabile l’art. 1306 c.c.. La sentenza veniva appellata dall’Ufficio dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che, con sentenza n. 144/45/13, respingeva il gravame. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della pronuncia svolgendo un solo motivo. C.I., M.L., M.A. si sono costituiti con controricorso ed hanno presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in quanto la norma citata stabilirebbe in modo tassativo i provvedimenti che possono essere oggetto di ricorso, tra i quali non sarebbe previsto il diniego di autotutela (e/o sgravio). L’Ufficio ricorrente rileva che nella fattispecie la pretesa erariale è divenuta definitiva, per effetto sia della definitività dell’avviso di rettifica e liquidazione originariamente notificato, sia sulla base del passaggio in giudicato della sentenza relativa alla cartella esattoriale. L’istanza di sgravio di una cartella esattoriale notificata, non impugnata e spontaneamente eseguita, anche se in parte, sarebbe una sostanziale richiesta di autotutela. Secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di merito e di legittimità il diniego di autotutela non può essere censurato, nè il giudice può esercitare un sindacato sulla fondatezza della pretesa tributaria, atteso che se si ammettesse il contrario, si verificherebbe una indebita rimessione in termini a favore del contribuente, e una doppia tutela non prevista dall’ordinamento. L’Ufficio precisa che l’esercizio dell’autotutela tributaria avrebbe natura discrezionale e sarebbe esercitabile esclusivamente nel perseguimento di interessi pubblici, con la conseguenza che la posizione del contribuente in ordine ad un atto di autotutela non costituirebbe diritto soggettivo perfetto rientrante nei limiti di insindacabilità degli atti discrezionali.

1.1.11 Collegio rileva che l’Ufficio rubrica la censura con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sebbene nello sviluppo illustrativo del motivo predica un vizio di violazione di legge (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della sentenza impugnata. Pertanto, il mezzo pur non correttamente proposto – dovendosi escludere nella specie un vizio di omessa pronuncia (in quanto il giudice del merito ha articolato in motivazione le ragioni del proprio convincimento) – è ammissibile, atteso che: “L’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla ri-qualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nè determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato” (Cass. n. 4036 del 2014; Cass. n. 10862 del 2018).

1.2. Passando all’esame delle critiche, la controversia riguarda l’ammissibilità dell’impugnazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 di un provvedimento di diniego di sgravio di una cartella esattoriale, notificata a seguito di sentenza (nella specie, Commissione Tributaria Provinciale di Lecco n. 82/03/10) passata in giudicato per omessa impugnazione dell’atto impositivo e fondata su un avviso di accertamento anche esso non impugnato.

1.3. Non è contestato che la sentenza n. 82/03/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Lecco relativa alla cartella di pagamento è divenuta definitiva in data 9.2.2011 e che la predetta cartella è stata emessa a seguito di notifica di avviso di liquidazione divenuto definitivo per omessa impugnazione.

I contribuenti asseriscono l’illegittimità del provvedimento di diniego di sgravio, in quanto il condebitore solidale (parte acquirente), con sentenza della Commissione tributaria Provinciale di Lecco del 24.3.2010, aveva ottenuto la riduzione del valore accertato ad Euro 830.000, e provveduto al pagamento delle maggiori imposte.

L’Ufficio ha rigettato l’istanza di sgravio della cartella ritenendo che, essendosi concluso favorevolmente per l’Amministrazione il contenzioso avente per oggetto la cartella ed avendo i contribuenti avviato il pagamento parziale della stessa, non poteva essere esteso ex art. 1306 c.c. il giudicato favorevole definitosi con l’acquirente condebitore solidale.

I contribuenti, invece, hanno censurato il provvedimento di diniego, invocando sia l’estensibilità del giudicato ex art. 1306 c.c., sia la violazione dell’art. 1292 c.c., avendo l’acquirente, coobligato in solido, estinto l’intero debito tributario.

Le doglianze non hanno pregio, posto che, nella fattispecie, si esprime una censura riguardante l’omesso esercizio del potere di autotutela dell’Amministrazione fiscale, che ha espresso un provvedimento di diniego riferito alla richiesta di sgravio di un atto impositivo, in ragione di una pretesa fiscale che, con specifico riguardo agli obblighi tributari del contribuente, è divenuta doppiamente definitiva sia in conseguenza della mancata impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto alla cartella di pagamento, sia per omessa impugnazione della sentenza n. 82/03/10 della CTP di Lecco che ha reso definitiva la pretesa portata nella cartella di pagamento.

E’stato più volte ribadito da questa Corte il principio secondo cui: “In tema di solidarietà tributaria, il principio che il coobbligato di imposta possa avvalersi del giudicato favorevole emesso in un giudizio promosso da un altro obbligato, anche se non vi abbia partecipato, secondo la regola generale stabilita dall’art. 1306 c.c., opera sempre che non si sia già formato un giudicato. Pertanto, nel caso in cui il coobligato non sia rimasto inerte, ma abbia a propria volta promosso un giudizio e questo si sia concluso in modo a lui sfavorevole, con decisione passata in giudicato (per non essere stata impugnata dall’interessato), il medesimo coobligato non può invocare a proprio vantaggio la diversa successiva pronuncia emessa nei riguardi di altro debitore in solido” (Cass. n. 4989 del 2020; Cass. n. 16560 del 2017).

Ne consegue l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso il diniego di sgravio della cartella di pagamento n. (OMISSIS).

Inoltre, come ripetutamente affermato in molte pronunce: “Nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente” (Cass. n. 21146 del 2018; Cass. n. 5332 del 2018). E’ stato anche precisato che il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto tributario divenuto definitivo è consentito nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute; deve invece escludersi che possa essere accolta l’impugnazione dell’atto di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vizi dell’atto impositivo che avrebbe potuto fare valere, per tutelare i propri interessi, in sede di impugnazione dell’atto, prima che divenisse definitivo (Cass. n. 2433 del 2019).

1.4. Nel caso di specie i contribuenti hanno lamentato l’illegittimità del diniego di sgravio senza illustrare le ragioni di interesse generale che avrebbero potuto giustificare l’adozione del provvedimento domandato. Invero, gli odierni ricorrenti, per far valere le loro pretese, avrebbero dovuto proporre impugnazione avverso la sentenza n. 82/03/10, invocando in sede di gravame il disposto dell’art. 1306 c.c., comma 2, nelle more del giudizio di appello passato in giudicato, sicchè, in difetto di tale impugnazione, le statuizioni contenute nella predetta decisione nei loro confronti sono divenute definitive. E’, infatti, principio consolidato quello secondo cui: “In tema di accertamento tributario, il potere di autotutela dell’Amministrazione espressamente riconosciuto dal D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, comma 1, conv. con modif. in L. n. 656 del 1994, ha carattere generale e, pertanto, può essere legittimamente esercitato ove non si sia formato il giudicato sull’atto oggetto dello stesso e non sia decorso il termine di decadenza, fissato dalle singole leggi di imposta, per l’emissione dell’avviso di accertamento” (Cass. n. 7033 del 2018).

Ne consegue che i contribuenti condebitori solidali non potevano far valere in sede di autotutela l’operatività dell’art. 1306 c.c., comma 2, il quale opera ad eccezione della formazione di un giudicato diretto nei confronti del coobbligato (Cass. n. 7255 del 1994; Cass. n. 2881 del 2008; Cass. n. 14814 del 2011; Cass. n. 11149 del 2014; Cass. n. 19580 del 2014; Cass. n. 33436 del 2018), circostanza nella fattispecie verificatasi a seguito del passaggio in giudicato della sentenza n. 82/03/10. Va, infatti, ribadito che con il giudicato tributario si compie la stabilizzazione del rapporto fiscale, idonea a conferire all’accertamento dell’an e del quantum debeatur il carattere di definitività, dal quale discendono effetti d’obbligazione non ulteriormente controvertibili, risultandone irremovibile la fattispecie costitutiva.

Con la cosa giudicata resta consumato il diritto di azione poichè, quando in una determinata controversia sia intervenuta una sentenza definitiva, le parti perdono il potere di chiedere al giudice una nuova decisione e correlativamente il giudice perde il potere di emettere una nuova pronuncia (Cass. n. 14537 del 2008; Cass. n. 2091 del 2004). Quanto al fatto che la società acquirente, coobligata in solido, abbia provveduto all’estinzione del debito tributario, ai contribuenti venditori, in caso di doppio pagamento della pretesa, era consentito esercitare nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, il proprio diritto al rimborso.

2. Da siffatti rilievi consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ricorrendone le condizioni, va rigettato l’originario ricorso proposto dai contribuenti.

Le spese di giudizio dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto dell’andamento della lite e della peculiarità della vicenda processuale, mentre le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo proposto dai contribuenti. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna le parti soccombenti al rimborso delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 5000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 febbraio 2021

 

 

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