Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4008 del 08/02/2022

Cassazione civile sez. II, 08/02/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 08/02/2022), n.4008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6750-2017 proposto da:

P.G., P.R., P.F.,

V.C.M., elettivamente domiciliati in Roma via Livorno 20 presso lo

studio dell’avvocato SAIRA DI EUGENIO, rappresentati e difesi

dall’avvocato Ferdinando Pietro Paolo;

– ricorrenti –

contro

F.M., rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO

AGOSTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 952/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 08/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/10/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza di primo grado nella causa per violazione delle distanze intrapresa, dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, da F.M. nei confronti dei coniugi Pi.Fi. e V.C. e poi proseguita nei confronti degli eredi del P..

La Corte di merito ha riconosciuto che il confine fra i fondi era stato correttamente determinato dai consulenti tecnici; e che rispetto a tale confine sussisteva la denunciata violazione, giustificandosi pertanto l’ordine di arretramento fino al rispetto del limite. La Corte d’appello ha confermato la decisione anche nella parte relativa alla condanna dei convenuti al risarcimento del danno, ravvisando il pregiudizio nel fatto stesso della violazione delle norme sui distacchi e ritenendo corretta la liquidazione equitativa operata dal primo giudice.

Per la cassazione della sentenza V.M.C., P.F., P.R. e P.G. hanno proposto ricorso, affidato a quattro motivi.

F.M. ha resistito controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo è rubricato “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” I ricorrenti sostengono che il frazionamento allegato all’atto di compravendita con il quale i coniugi P. V. avevano acquistato dal comune dante causa il loro terreno, frazionamento correttamente riconosciuto prevalente, rappresentava il confine solo graficamente; conseguentemente, continuano i ricorrenti, esso non era idoneo, a causa della tecnica usata all’epoca, a consentire la collocazione del confine sul terreno, “tanto da indurre a ritenere che quello emergente dalla ctu B. e da quella D. era la soluzione più probabile e più vicina alla realtà, ma non quella certa che è evidentemente necessarie per esigenze proprie del giudizio di che trattasi”.

“La accertata incertezza del dato fondamentale della domanda avversaria, e cioè la materializzazione del confine dal quale misurare la distanza dei deducenti, avrebbe dovuto indurre, dunque, ad applicare il brocardo secondo il quale autore non probante reus absolvitur, per l’effetto rigettando la domanda attorea perché non provata ovvero in subordine avrebbe dovuto indurre ad acquisire nuovi e più concreti accertamenti tecnici”.

Il motivo è infondato. Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame rileva quale vizio suscettibile di essere fatto valere con il ricorso per cassazione quando l’omissione sia riferita a un fatto decisivo. E’ tale quel fatto il quale, se esaminato, avrebbe giustificato con certezza un diverso esito del giudizio. Si precisa che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., S.U., n. 8053/2014; n. 27415/2018).

Nel caso in esame l’omissione denunciata con il motivo riguarda la supposta mancata considerazione, da parte del giudice d’appello, delle deduzioni di parte, con le quali fu evidenziato che il confine, ricavabile dal frazionamento, era la soluzione più probabile e più vicina alla realtà, ma non quella certa. Si rileva che la situazione di incertezza trova riscontro nelle affermazioni dei consulenti tecnici d’ufficio e di parte. Così identificato il senso della censura, è inevitabile concludere che essa investe la mancata considerazione di elementi fattuali privi di decisività, se è vero che si ventila solo la probabilità che il confine reale potesse essere diverso da quello grafico, potendo, pertanto, anche coincidere con quello assunto fondamento della decisione.

Tale considerazione ne induce a sua volta un’altra, che converge anch’essa verso la infondatezza della censura. Ed invero, una volta chiarito che il contenuto decisorio oggetto di censura attiene al fatto che i giudici di merito avrebbero fondato la decisione su un elemento probabile, ma non certo, la stessa censura finisce per dirigersi contro il convincimento espresso dal giudice sulla sufficienza della prova, che, di per sé, è incensurabile in questa sede (Cass. n. 19547/2017). Si ricorda ancora, solo per completezza di esame, che il giudizio civile è soggetto alla regola della “preponderanza dell’evidenza” o “del più probabile che non” propria del processo civile e non a quella della prova “oltre il ragionevole dubbio” (Cass. n. 3487/2019).

Il secondo motivo denuncia “omessa decisione circa un altro dato controverso e decisivo del giudizio, in relazione sempre all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

Si rimprovera alla Corte d’appello di non avere chiarito che la porzione di fabbricato che, al momento degli accessi dei tecnici, risultava il piano seminterrato del fabbricato dei deducenti, era destinato, secondo le previsioni progettuali, pure accertate da quei tecnici, a essere completamente interrato, sottraendosi per l’effetto all’obbligo di rispetto dei distacchi. Secondo i ricorrenti, qualora la decisione impugnata non venga cassata, si potrebbe ricavare da essa la condanna dei deducenti a demolire anche la parte del loro fabbricato non soggetta al rispetto delle norme sulle distanze.

Il motivo è inammissibile. La Corte d’appello, nell’indicare i motivi d’appello, non annovera tale questione fra le censure proposte contro la sentenza di primo grado. In rapporto a tale silenzio della sentenza sul punto, i ricorrenti avrebbero dovuto precisare, a pena di inammissibilità della censura, come e con quale atto essa fu proposta in appello (Cass. n. 20694/2018); al contrario i ricorrenti si limitano, nella parte narrativa del ricorso, a richiamare genericamente “previsioni progettuali”, senza ulteriori precisazioni e senza neanche dedurre di averne fatto motivo d’appello contro la sentenza di primo grado. Del resto, in ipotesi la ragione di censura fosse stata dedotta, l’omissione non avrebbe investito la mancata considerazione di un fatto, ma la decisione su un motivo d’appello e avrebbe dovuto essere denunciata in quanto tale (Cass. n. 11801/2913; S.U., n. 17931/2013).

Si deve aggiungere che, nella sentenza impugnata, non si legge alcuna affermazione da cui possa ricavarsi che i giudici di merito abbiano tenuto conto, nel computo delle distanze, della parte completamente interrata dell’edificio (Cass. n. 23856/2018), né tanto meno che ne abbiano ordinato la demolizione.

Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 15 del vigente strumento urbanistico del Comune di Briatico quale norma integrativa dell’art. 873 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In conformità alla previsione dello strumento urbanistico, la condanna alla demolizione non doveva comprendere le sporgenze che non concorrevano alla formazione della superficie coperta, giusta la definizione del medesimo regolamento. Secondo i ricorrenti, si giustificherebbe, in considerazione di ciò, la cassazione della sentenza, onde escludere, “se in concreto li contiene, gli sporti suddetti dal computo delle distanze di legge”.

La censura è inammissibile. Nella decisione impugnata non si legge alcuna affermazione in contrasto con la norma regolamentare di cui si denuncia la violazione, il che rende, appunto, inammissibile la censura fatta valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “In tema di giudizio di cassazione, trattandosi di rimedio a critica vincolata il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi aventi i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, sicché è inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, né essendo al riguardo sufficiente un’affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione” (Cass. n. 4905/2020; n. S.U., 23745/2020).

Si deve ancora aggiungere che i ricorrenti deducono il vizio in via di mera ipotesi, senza denunciare, in termini concreti ed effettivi, un contrasto fra il dispositivo e i criteri di computo delle distanze stabiliti dal regolamento locale. Si legge nella motivazione della sentenza che la demolizione era stata contenuta “nella parte in cui il fronte dell’edificio o il suo sporto più avanzato non rispetta la distanza di cinque metri dal confine con la proprietà F.”. Ma di là da tale rilievo i ricorrenti non considerano che la nozione di costruzione, rilevante ai fini delle distanze, è quella stabilita dal codice civile; tale nozione non può essere modificata dai regolamenti locali, “poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell’art. 873 c.c. ai regolamenti locali è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore” (Cass. n. 23843/2018). Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La Corte d’appello ha condannato gli attuali ricorrenti al risarcimento del danno, identificando il pregiudizio in quello derivante dalla violazione delle norme sulle distanze. Così facendo la corte di merito sarebbe andata oltre le richieste della parte, che, nel giudizio di secondo grado, aveva ridotto la pretesa alla sola condanna risarcitoria per eccesso volumetrico, così di fatto rinunciano/all’altra domanda risarcitoria non accolta in prima sede.

Il motivo è inammissibile. I medesmi ricorrenti ammettono che la domanda risarcitoria riguardava l’uno e l’altro profilo di pregiudizio; il fatto che, in appello, fosse stata genericamente richiesta la conferma della pronuncia, accolta solo con riferimento all’eccesso volumetrico, non impediva alla Corte d’appello, ferma la statuizione e fatta salva la preclusione da giudicato, di accogliere la domanda con una motivazione diversa rispetto a quella proposta dal primo giudice (Cass. n. 1323/2018).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con addebito di spese. Ci sono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto”.

PQM

rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta – Seconda civile della Corte suprema di cassazione, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA