Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4007 del 19/02/2014
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4007 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO
equa riparazione
SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata
sul ricorso proposto da:
BARONE Francesco (BRN FNC 22A02 G273Y), rappresentato e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Claudio Defilippi, elettivamente domiciliato
in Roma, via degli Scipioni
n. 132, presso
lo studio
dell’avvocato Claudio Federico;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,
pro
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale
dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
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Data pubblicazione: 19/02/2014
- resistente avverso il decreto della Corte d’appello di
Caltanissetta depositato in data 11 maggio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto
che, con ricorso depositato in data 17
novembre 2010 presso la Corte d’appello di Caltanissetta,
Barone Francesco chiedeva la condanna del Ministro della
giustizia all’equa riparazione di cui alla legge n. 89 del
2001, lamentando la irragionevole durata di un giudizio
civile iniziato con ricorso per decreto ingiuntivo
depositato il 5 marzo 2001 e definito con sentenza della
Corte di cassazione depositata il 20 maggio 2010;
che la Corte d’appello di Caltanissetta rigettava la
domanda ritenendo che la durata complessiva del giudizio
presupposto, da considerarsi decorrente dalla data di
costituzione del ricorrente nel giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo, avendo la fase monitoria avuto una
durata ragionevole di tre mesi, fosse stata di sei anni e
udienza del 16 gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott.
due mesi, e che per l’eccedenza di due mesi, non idonei a
determinare l’insorgenza di alcuna sofferenza;
che per la cassazione di questo decreto Barone
Francesco ha proposto ricorso sulla base di un motivo,
che l’intimato Ministero non ha resistito con
controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai
fini della partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato che
il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso il ricorrente
denuncia, ai sensi dell’art.360, nn. 3 e 5, cod. proc.
civ., violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e
dell’art. 6, par. l, della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, come interpretati dalla giurisprudenza della
Corte europea, quanto alla determinazione della durata del
giudizio presupposto, nonché motivazione contraddittoria
ed omessa e violazione dell’art. 117 Cost., dolendosi
sostanzialmente del fatto che la Corte d’appello non abbia
considerato quale
dies
a
della durata del giudizio
quo
presupposto quella del deposito del ricorso per decreto
ingiuntivo, e che abbia invece considerato ragionevole la
durata di sei anni per un giudizio di nessuna complessità,
3
illustrato da memoria;
errando per di più nel computare la durata complessiva
dello stesso;
che il motivo è infondato in entrambi i profili in cui
si articola;
alla introduzione del giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo (o della costituzione in detto giudizio), trova
applicazione il principio, che il Collegio condivide, per
cui «in tema di equa riparazione, ai sensi della legge 24
marzo 2001, n. 89, al fine di verificare se un giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo abbia o no ecceduto la
durata ragionevole, occorre avere riguardo al momento in
cui il giudizio stesso ha avuto inizio con la notifica
dell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, e non già
al momento in cui il decreto opposto è stato emesso»
(Cass. n. 21822 del 2012; Cass. n. 5540 del 2006);
che, quanto al secondo profilo di censura, deve
rilevarsi che la Corte d’appello non è incorsa nell’errore
denunciato, atteso che, per come si desume dalla
indicazione dei tempi di svolgimento dei tre gradi del
giudizio presupposto, la Corte d’appello correttamente non
ha tenuto conto, ai fini della determinazione della durata
complessiva del giudizio stesso, del tempo impiegato dalla
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che, quanto alla computabilità della fase anteriore
parte per proporre il giudizio di appello e quello di
legittimità;
che il ricorso deve quindi essere rigettato;
che non vi è luogo a provvedere sulle spese del
partecipato all’udienza di discussione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 16
gennaio 2044.
presente giudizio, non avendo l’intimata amministrazione