Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4005 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4005 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA

sul ricorso 5298-2013 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 80184430587, IN PERSONA DEL
MINISTRO P.T., elettivamente domiciliato EX LEGE in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente 2014
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contro

GRASSO AUGUSTO GRSGST86R12A783W, QUALE EREDE DI DE
CHIARA ANNA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FLAMINIA, 71, presso lo studio dell’avvocato ACETO
ANTONIO, che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 19/02/2014

- controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositate il 27/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. BRUNO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’accoglimento solo per la durata.

BIANCHINI;

In fatto
1 — Augusto Grasso, agendo nella dichiarata qualità di erede di Anna De Chiara , con
ricorso alla Corte di Appello di Roma, depositato il 26 novembre 2008, chiese che il
Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli l’equo indennizzo previsto

dalla propria dante causa con citazione notificata il 12 dicembre 1986 innanzi al
Tribunale di Benevento; conclusosi in primo grado con sentenza depositata il 21
dicembre 2001; gravato di appello giusta citazione notificata il 31 gennaio 2003 e ancora
non deciso all’epoca del ricorso; evidenziò che la De Chiara era deceduta il 16 aprile
2007.

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Costituitosi il Ministero a contrastare la pretesa del Grasso, l’adita Corte di Appello,

con decreto pubblicato il 27 dicembre 2011, accolse in parte le richieste, riconoscendo al
ricorrente jure hereditario un indennizzo di euro 1.000 annui per una durata, ritenuta non
congrua, di 15 anni, rispetto a quella fisiologica di sei anni per i due gradi di giudizio,
giudicando valutabili ai fini indennitari 21 anni ( dal 12 dicembre 1986 al 17 aprile 2007)

3 — Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Ministero della Giustizia,
sulla base di cinque motivi di annullamento; il Grasso ha resistito con controricorso.

IN DIRITTO
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

I — Sono infondate le eccezioni di inammissibilità sollevate dal contro ricorrente: la
riproduzione fotografica del contenuto degli atti introduttivi del giudizio presupposto e
del ricorso ex kge 89/2001 nel corpo del ricorso per cassazione deve ritenersi consentita

perché costituisce la base storica delle argomentazioni che di seguito il Ministero ha
sviluppato, così che non può sostenersi una violazione del canone di specificità dello
stesso ricorso per mancata individuazione del provvedimento impugnato; del pari, e per
le medesime ragioni, non può affermarsi la violazione dell’art. 366 , comma I n. 3 cpc
per omessa ricostruzione delle pregresse vicende processuali.

II — Con il primo motivo il ricorrente Ministero lamenta un composito vizio di
motivazione deducendo che la Corte romana: a – sarebbe incorsa in un errore di calcolo

dalla legge n. 89/2001, in relazione alla eccessiva durata del procedimento civile iniziato

laddove avrebbe ritenuto che dal 12 dicembre 1986 al 17 aprile 2007 intercorressero 21
anni mentre in realtà il periodo sarebbe stato di circa 20 anni ( per la precisione: 20 anni
quattro mesi e 5 giorni); b — non avrebbe computato in detrazione il periodo di tempo
intercorrente tra il deposito della sentenza di primo grado ( 21 dicembre 2001) e la
notifica dell’appello nel procedimento presupposto ( 31 gennaio 2003); c — non avrebbe

rinvio per deduzioni difensive, avrebbe dato causa al protrarsi, per lo meno per tre
ulteriori anni, della durata del processo; d — non sarebbe stata conseguente rispetto ale
proprie premesse, laddove, affermando che ” /a procedura si è protratta a lungo per le

disfunzioni del sistema giudkiario, in considernione dei numerosi /invii di ufficio, pari ad un periodo
complessivo di 10 anni” avrebbe, subito dopo , ritenuto valutabili quindici anni di ritardo.

III — Con il secondo motivo il contenuto sostanziale del precedente mezzo è posto a
base di una censura di violazione di legge ( art. 2 1. 89/2001)

IV — Con il terzo motivo viene denunziata la violazione degli artt. 2 L. 89/2001 e 75 cpc,
laddove la Corte del merito non avrebbe considerato che, per stessa ammissione del
ricorrente, vi sarebbero stati altri eredi e che quindi la condanna in favore del predetto
avrebbe dovuto essere solo nei limiti della sua quota ereditaria.

V — Con il quarto motivo, deducendo un articolato vizio di motivazione, si censura la
mancata esplicazione dei motivi per i quali la Corte territoriale ritenne di liquidare in
curo 1000 per anno il richiesto indennizzo , nonostante la limitata entità della “posta in
gioco”.

VI— Con il quinto motivo ( nuovamente indicato come quarto) si assume che la Corte di
Appello sarebbe incorsa in un vizio di ultrapetizione , riconoscendo, pur senza
domanda, gli interessi legali dalla notifica dell’atto introduttivo, anziché dal deposito del
decreto.

VII — I primi due motivi sono fondati, sia per la contraddizione tra proposizioni del
ragionamento giudiziale — che rende “perplessa” la pur richiamata ratio decidendi — sia per
la incompletezza dell’analisi degli elementi di giudizio, in merito all’attribuibilità
all’Amministrazione della Giustizia delle cause del ritardo.

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neppure considerato attentamente la condotta delle parti che, con continue richieste di

VII.a – Il terzo motivo è infondato perché sia in parte motiva che nel dispositivo la
Corte del merito ebbe cura di specificare l’attribuzione dell’indennizzo pro quota
hereditarial

VII.b – Il quarto motivo è del pari infondato per la genericità dell’assunto, in forza del
quale la “posta in gioco” sarebbe stata di scarsa rilevanza, oltretutto non considerando
che tale giudizio — commesso all’esclusivo potere valutativo del giudice del merito- deve

giudizio presupposto ( descritte nella narrativa del fatto contenuta nel ricorso ai foll 3/9)
VII.c – Il quinto motivo è del pari infondato perché l’indennizzo, pur se determinato
solo con il decreto con valutazione equitativa, produce interessi di natura indennitaria e
non meramente compensativa, così che essi, facendo parte sostanziale della liquidazione
dell’indennizzo stesso, debbono essere riconosciuti dal momento della domanda(ex
multis Cass. Sez. I n. 22611/2011; Cass. 11 aprile 2005, n. 7389; 27 gennaio 2004, n.
1405; 17 febbraio 2003, n. 2382)

VIII — Non potendosi decidere nel merito in quanto i motivi accolti determinano la
necessità di un esame delle emergenze di causa relative al giudizio presupposto, la
cassazione del decreto comporta il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma
che provvederà a novellata analisi alla luce dei principi sopra esposti nonché alla
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità

P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; rigetta gli altri; cassa il decreto in
relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di Appello di Roma che, in diversa
composizione, procederà a nuova valutazione sulla base dei principi enunciati nonché
alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma il 16 gennaio 2014, nella camera di consiglio della seconda
sezione della Corte di Cassazione
Il consigliere estensore

Il Presidente

mettersi in relazione anche alle questioni sostanziali e processuali incontrate e risolte nel

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