Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4004 del 19/02/2010
Cassazione civile sez. trib., 19/02/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 19/02/2010), n.4004
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
SEPE MICHELE & C. S.A.S.;
– intimata –
sul ricorso 4974-2007 proposto da:
SEPE MICHELE & C. S.A.S. in persona del legale rappresentante
pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 263 presso
lo studio dell’Avvocato MATTIA MICHELANGELO, rappresentata e difesa
dall’Avvocato TADDEO LUIGI giusta procura a margine del controricorso
e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 161/2005 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI, depositata il 03/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
19/11/2009 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;
udito per il ricorrente l’Avvocato dello Stato ROBERTA GUIZZI, che si
riporta al ricorso e chiede l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
principale e il rigetto di quello incidentale.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Campania dep. il 03/11/2005, confermativa della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli,e aveva accolto il ricorso della “Sepe Michele & C. S.a.s.” avverso l’avviso di accertamento IVA 1993.
Si duole la ricorrente di violazione di legge, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 21, 54, artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., in relazione con l’art. 360 c.p.c., n. 3 e di omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
La contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale con cui si duole della omessa allegazione all’atto di appello della autorizzazione della Direzione Regionale delle Entrate a proporre appello nonchè della omessa pronunzia sui costi. La causa veniva rimessa alla decisione in pubblica udienza.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Devono essere preliminarmente riuniti il ricorso principale e quello incidentale.
E’ di preliminare esame il primo motivo di ricorso incidentale con cui la contribuente si duole di contraddittoria motivazione sulla omessa notificazione unitamente all’atto d’appello dell’autorizzazione all’ufficio periferico alla proposizione dell’appello in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1.
Il motivo è infondato.
Questa Corte (Cass. n. 2008/1914) ha ritenuto che la norma di cui al D.Lgs. n. 546, art. 52, comma 2, configura l’autorizzazione alla proposizione dell’appello da parte degli uffici periferici come presupposto processuale, la cui mancanza determina la inammissibilità dell’appello rilevabile in ogni stato e grado del giudizio;rileva la Corte che non deve essere notificata alla controparte nè sussiste l’obbligo di riportarne gli estremi, ma solo deve essere depositata fra gli atti di causa nell’ambito del giudizio di secondo grado.
Nè è conferente il richiamo alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 (Statuto dei diritti del contribuente) in quanto la disposizione invocata si riferisce agli atti amministrativi e non agli atti processuali, quale l’appello, che trova completa disciplina in altre normative.
In ordine al ricorso principale l’Amministrazione deduce violazione di legge e vizio motivazionale e, in particolare, che il sistema delineato dall’art. 54 in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, che consente la rettifica delle dichiarazioni, in relazione alle fatture per operazioni inesistenti e dalle norme generali in tema di prove (artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ.) non avallerebbe certo la tesi sostenuta dalla CTR e cioè che l’onere di provare la inesistenza delle operazioni sarebbe a carico del Fisco.
Le doglianze proposte devono essere trattate congiuntamente in quanto l’iter motivazionale dipende dalla costruzione normativa della rettifica nella particolare ipotesi di emissione di fatture per operazioni insussistenti. E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 21953/2007 che ha anche chiarito taluni apparenti contrasti di giurisprudenza) che in tema di accertamento dell’IVA, qualora l’Amministrazione fornisca validi elementi di prova per affermare che talune fatture sono state emesse per operazioni inesistenti è onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni.
Quale corollario specifico di tale insegnamento è che è insufficiente invocare la regolarità delle annotazioni contabili perchè proprio una tale condotta è di regola alla base documenti emessi per operazioni inesistenti.
La motivazione della CTR si fonda su disparate affermazioni prive di qualsivoglia concatenazione logica: non sarebbero state effettuate verifiche nella società Sepe ma solo nella Dasbo Carni srl, mancherebbero presunzioni gravi, precise e concordanti, la legittimità dell’accertamento sarebbe condizionato alla irregolarità ed omissioni nella tenuta delle scritture contabili tali da renderli inattendibili, l’Amministrazione non avrebbe provato il suo assunto limitandosi ad affermare che era onere del contribuente fornire prova contraria, le affermazioni dell’Ufficio erano sfornite di prova documentale.
Trascura del tutto l’iter logico sotteso alla superiore costruzione normativa che avrebbe imposto di verificare gli elementi che facevano supporre che le operazioni cui facevano riferimento le fatture erano inesistenti (secondo la deduzioni dell’Ufficio, inoperatività dell’azienda fornitrice, senza mezzi, stabilimenti, amministrate d soggetti nullatenenti e addirittura ignare ecc.) e a giudizio positivo verificare se il contribuente avesse provato, come era suo onere, che le operazioni erano effettivamente esistenti (con prova di rilievo sostanziale e non formale).
Indagine che è stata del tutto pretermessa.
Il motivo deve essere pertanto accolto.
Le superiori premesse consentono, altresì, di rigettare anche il secondo motivo di ricorso incidentale (e non di ritenerlo solamente assorbito) in quanto la contribuente, dolendosi del non riconoscimento dei costi, introduce una problematica estranea all’oggetto della presente causa che è relativa ad IVA, in cui il “costo” è l’IVA che si detrae, ma presuppone la prova della effettività della prestazione (Cass. n. 17729/2009).
La questione potrebbe essere pertinente solo in tema di imposte dirette, in cui è giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 28028/2008, n. 19062/2003) che nella ricostruzione, con metodo induttivo, della situazione reddituale complessiva del contribuente, l’Amministrazione deve tenere conto anche delle componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti. La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della CTR della Campania che osserverà i superiori principi e provvedere anche sulle spese del presente giudizio.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce il ricorso principale e quello incidentale.
Accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della CTR della Campania che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. Rigetta il ricorso incidentale.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 19 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2010