Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4003 del 19/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4003 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA

sul ricorso 2389-2013 proposto da:
CICIRELLI UMILE CCRMLU50A05L206F, CICIRELLI ANNA MARIA
CCRNMR61E68L2060, CHIAPPETTA PAOLINO CHPPLN76R20Z121I,
CHIAPPETTA DAMIANO FRANCESCO CHPDNF80B05Z121C, SERRAGO
-e-dtediaj Sit&c:0 c Ic I REcu
7
TERESINA SRRTSN26B64L2061, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA A BONGIORNO 76/C, presso lo studio
2014
101

dell’avvocato BALDO BERNARDINI, rappresentati e difesi
dall’avvocato CLAUDIA PIZZURRO;
– ricorrenti contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

Data pubblicazione: 19/02/2014

- intimato

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO,
depositata il 26/07/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/01/2014 dal Consigliere Dott. BRUNO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

BIANCHINI;

In fatto
1 — Teresina Serrago; Umile e Anna Maria Cicirelli; Paolino e Damiano Francesco
Chiappetta , agendo in proprio e quali eredi di Silvio Cicirelli, proposero ricorso ex lege
89/2001 alla Corte di Appello di Catanzaro — indi riassumendolo per competenza,

congrua durata di un procedimento instaurato dal loro dante causa, Silvio Cicirelli, con
ricorso che era stato depositato il 31 gennaio 1972 innanzi alla Corte dei Conti, sezione
giurisdizionale per le Pensioni di guerra ( inizialmente in Roma e poi, a seguito della
creazione delle sezioni locali decentrate, in Catanzaro); il relativo procedimento era stato
poi interrotto con ordinanza del 6 dicembre 2006 a seguito del decesso dell’originario
ricorrente, avvenuto il 15 luglio 1980, per esser poi riassunto dai predetti eredi con
ricorso depositato il 15 giugno 2007 e quindi definito con sentenza della Corte contabile,
pubblicata il 24 dicembre 2008

2 – Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resistette alla pretese degli eredi Cicirelli;
l’adita Corte di Appello, pronunziando decreto pubblicato il 26 luglio 2012, respinse la
domanda proposta in proprio dai ricorrenti, sulla base dell’osservazione che , potendosi
riconoscere il diritto all’indennizzo solo dal momento in cui essi si erano costituiti in
giudizio, ne sarebbe derivato che, alla data di pubblicazione della decisione non sarebbe
decorso un termine eccedente la normale tolleranza per un giudizio quale quello
intrapreso; quanto invece la domanda proposta nella qualità di eredi, ritenne la Corte del
merito che il dies a quo del periodo in valutazione dovesse essere posto al 10 agosto 1973,
data in cui era stato riconosciuto il diritto per i cittadini dell’Unione Europea, a ricorrere
innanzi alla Commissione ( poi trasformata nella Corte Europea dei Diritti dell’Uomo —
C.E.D.U.-) ed il dies ad quem, al momento del decesso del ricorrente originario — 15 luglio
1980- così che , posta una durata ragionevole di tre anni, il periodo indennizzabile
sarebbe stato di tre anni, mesi 11 e giorni 14 , congruamente ristorato nella misura di
mille euro all’anno, per un totale di euro 3.955, da riconoscersi nei limiti delle quote
ereditarie.

innanzi alla Corte di Appello di Salerno- al fine di ottenere l’equa riparazione per la non

3 — I succitati hanno proposto ricorso per la cassazione del decreto, sulla base di tre
motivi di annullamento; il Ministero intimato non ha svolto difese.

IN DIRITTO
I — Deducono i ricorrenti la violazione dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti
Dell’Uomo e dell’art. 2 della legge n. 89/2001, sostenendo di aver diritto anche jure

presupposto, in cui si erano costituiti, andava compiuta complessivamente , così da
sommare il periodo di non congrua durata — e quindi di far valere il corrispondente
indennizzo — maturato al momento del decesso del de cujus , a quello successivo in cui
essi si erano costituiti e, altresì, di computare anche il periodo intercorrente tra tale
evento e la loro riassunzione, dovendosi considerare la continuazione soggettiva della
persona del de cujus stesso per effetto della vicenda successoria.

Il — Il motivo è infondato.
II.a – Va data adesione innanzi tutto alla decisione della Corte del merito allorquando
non ha unito, ai fini del computo, il periodo di durata non congrua già maturata al
momento del decesso dell’originario ricorrente innanzi alla Corte dei Conti, a quello
successivo in cui si erano costituiti gli eredi, attesa la diversità dei titoli fatti valere.

Il.a.1 — Del pari non condivisibile è l’assunto dei ricorrenti secondo cui la computabilità
anche del periodo intermedio, intercorrente tra il decesso del de cujus e la loro
costituzione in giudizio, sarebbe un portato ineliminabile della continuazione della

soggettività del defunto da parte dell’erede, atteso che la continuità della posizione
processuale degli eredi intervenuti rispetto a quella del dante causa, prevista dall’art. 110
c.p.c., non toglie che il sistema sanzionatorio delineato dalla Cedu e tradotto in norme
nazionali dalla L. n. 89 del 2001, non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a
carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal
ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali, mediante indennizzi
modulabili in relazione al concreto paterna subito, il quale presuppone la conoscenza del
processo e l’interesse alla sua rapida conclusione ( principio oramai consolidato: v Cass.

Sez II n. 10517/2013; Cass. Sez. VI-1 ord n. 995/2012; Cass Sez. I , ord. n. 1309/2011;
Cass. Sez. I , n. 13803/2011;. Cass. Sez. I n. 23416/2009; Cass. Sez. I n. 2983/2008).

hereditario all’indennizzo, atteso che la valutazione della durata del procedimento

II.a.2

Né a diverse conclusioni in merito alla computabilità del periodo tra il decesso

dell’originaria parte nel giudizio presupposto e la costituzione dei suoi eredi potrebbe
pervenirsi, traendo spunto dalla recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n.
585/2014 che, dirimendo un contrasto tra Sezioni semplici in merito alla possibilità che
il contumace nel processo presupposto possa far valere un giudizio all’equa riparazione

possibile insorgenza del diritto al ristoro del danno non patrimoniale- tra parti costitute
e parti chiamate a partecipare a quel giudizio, ma in esso non intervenute: ritiene infatti la
Corte che, al di là di una mera analogia ricavabile dall’assenza nel processo presupposto
sia del contumace sia del chiamato all’eredità della parte originaria, le situazioni siano
sostanzialmente differenti in quanto, il ribadito principio che presupposto ineliminabile
per la legittimazione a far valere l’equa riparazione è l’incidenza che la non congrua
durata del giudizio abbia su chi di quel giudizio sia chiamato a far parte, non può trovare
applicazione sin tanto che il chiamato all’eredità non sia, quanto meno, evocato in
riassunzione, atteso che fino a quel momento può mancare addirittura la prova
dell’assunzione — per accettazione espressa o per facta concludentia — della stessa qualità di
erede; del resto anche la citata decisione n. 585/2014 pone l’accento più sulla
legittimazione del contumace alla proposizione del ricorso ex lege n. 89/2001 che
sull’applicabilità allo stesso di quella che costituisce la caratteristica qualificante del diritto
all’equo indennizzo – vale a dire l’automatismo probatorio relativo alla presunzione della
sussistenza del danno per indebita durata del processo- allorquando riconosce che la
mancata costituzione in giudizio del contumace possa influire anche sull’ an debeatur.

II.a.3

In termini analoghi circa l’essenzialità della costituzione dell’erede come

condizione per far valere la sofferenza morale per l’ingiustificata durata del processo, si è
espressa anche la Seconda Sezione della CEDU con la sentenza — di irricevibilità – del
18 giugno 2013, in causa Fazio + altri c Italia, in cui si è statuito che la qualità di erede di
una parte nel procedimento presupposto non conferisce , di per sé, il diritto a
considerarsi vittima della ,eventualmente maturata, durata eccessiva del medesimo e che
l’interesse dell’erede alla conclusione rapida della causa difficilmente è conciliabile con la
sua mancata costituzione nello stesso, dato che solo attraverso l’intervento nel

per la non congrua durata dello stesso, ha statuito la equiparazione — ai fini della

procedimento l’avente diritto ha l’opportunità di partecipare e di influire sull’esito dello
stesso.

II.b — Con ulteriore articolazione del medesimo motivo lamentano i ricorrenti la non
congruità della liquidazione in curo 1000 per ogni anno di ritardo, ritenendo invece
congrua una maggiore somma — euro 1500 — per la eccessiva durata dello stesso

variabilità delibabile dalla Corte del merito rispetto agli standards comunitari e perché la
eliminazione dal computo del notevole lasso di tempo tra morte del de cujus e la
riassunzione dei suoi eredi ( 27 anni) è idonea ad influire — diminuendola- sull’incidenza
della sofferenza morale e, di conseguenza, sulla misura dell’indennizzo destinato alla
emenda della stessa.
III — Con il secondo ed il connesso terzo motivo viene denunziata la violazione dell’art.
91 cpc o, in alternativa, la insufficiente o contraddittoria motivazione sulla disposta
compensazione delle spese di lite, avendo la Corte del merito motivato tale decisione , da
un lato evidenziando la notevole riduzione delle pretese originariamente avanzate;
dall’altro mettendo in rilievo il necessario ricorso alla giusrizia per ottenere la
soddisfazione.

III.a I motivi, complessivamente considerati, sono fondati in quanto la riduzione delle

pretese originariamente agite e la circostanza che la adottata soluzione interpretativa —
assertivamente – presentasse aspetti di problematicità non possono eliminare la necessità
del ricorso alla tutela giudiziale.
IV – Il decreto va dunque cassato in relazione ai motivi accolti; non essendo necessari
altri accertamenti di fatto, le spese del procedimento di merito e del presente, vanno
liquidate in favore delle parti ricorrenti secondo quanto indicato nel dispositivocompensate quelle di legittimità nella misura di tre quarti, stante il rigetto della parte
qualificante del ricorso ( primo motivo)- con attribuzione diretta ai procuratori antistatari

P.Q.M.
Rigetta il primo motivo ed accoglie i restanti; cassa il decreto impugnato nei limiti dei
profili di censura accolti; decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e
delle Finanze a pagare le spese del procedimento innanzi alla Corte di Appello di Salerno

/4~44444 – 54-

procedimento: la doglianza non è fondata perché l’importo liquidato rientra nel range di

liquidandole , quale parte unica, in favore di Teresina Serrago; Umile Cicirelli; Anna
Maria Cicirelli; Paolino e Damiano Francesco Chiappetta, nella complessiva somma di
euro 900,00 per onorari; euro 600,00 per diritti ed euro 50,00 per esborsi, con
attribuzione diretta in favore dei procuratori in detta sede dichiaratisi antistatari, avv.
Claudia Pizzurro ed avv. Elvira Stefano; condanna altresì il Ministero intimato alla
rifusione di un quarto delle spese di lite relative al giudizio di legittimità, in favore delle

esborsi, con distrazione in favore dell’avv. Claudia Pizzurro.

Così deciso in Roma il 16 gennaio 2014, nella camera di consiglio della seconda
sezione della Corte di Cassazione
Il consigliere estensore

Il Presidente

medesime parti, liquidandole per l’intero in euro 292,50 per compensi ed euro 50 per

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