Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4 del 02/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 02/01/2017, (ud. 19/10/2016, dep.02/01/2017),  n. 4

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27891-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ELISABETTA LANZETTA, LUCIA POLICASTRO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

G.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2836/2010 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 15/11/2010 R.G.N. 2077/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2016 dal Consigliere Dott. BLASUTTO DANIELA;

udito l’Avvocato MASSAFRA PAOLA per delega verbale Avvocato

POLICASTRO LUCIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI RENATO che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Lecce, con sentenza n. 2836/2010, pronunciando sull’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza del Giudice del lavoro della stessa sede, che aveva accertato il diritto di F.G. all’inquadramento in posizione economica B3 dal 1.3.2002 al 31.1.2007, limitava la condanna dell’INPS al pagamento delle differenze retributive maturate dal 1.3.2001 al 31.12.2002, oltre accessori.

2. Riteneva la Corte di appello che il Giordano, transitato dalla ASL all’INPS ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, non potesse rivendicare nei confronti dell’INPS la posizione C3, che gli era stata riconosciuta dall’Azienda sanitaria con provvedimento del 7.9.2004 ma con effetto retroattivo dal 1.1.2002, ossia da epoca anteriore all’attuazione della mobilità (1.3.2002). Osservava che invece era frutto di errore materiale il riconoscimento della posizione B3 oltre la data (31.12.2002) in cui l’INPS aveva riconosciuto tale inquadramento.

3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’INPS con due motivi. Il G. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Istituto ricorrente censura la sentenza per violazione degli artt. 13, 16 ed Allegato A del CCNL Comparto enti pubblici non economici 1998/2001, sottoscritto il 16.2.1999 (art. 360 c.p.c., n. 3); violazione del contratto integrativo INPS 1998/2001 del 22 luglio 1999 ed attuativo del CCNL per il personale enti pubblici non economici del 16.2.1999 (art. 360 c.p.c., n. 3); violazione degli artt. 1362 e segg. c.c. con riferimento all’art. 18 C.C.N.L. INPS per l’anno 2003, sottoscritto il 5 novembre 2003 (art. 360 c.p.c., n. 3), vizio di motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

1.1. L’INPS sostiene che la Corte territoriale aveva errato nel non accogliere la censura formulata con l’atto di appello secondo cui la posizione B3 costituisce, nell’ordinamento dell’Istituto, soltanto uno sviluppo economico della posizione B2, nella quale doveva quindi essere inquadrato il G. in quanto unica posizione corrispondente alla ex 6^ qualifica funzionale dallo stesso posseduta. La posizione B3 poteva essere attribuita al dipendente unicamente per effetto di valutazione rimessa all’Ente datore di lavoro, peraltro da effettuare in base ai parametri stabiliti a livello di contrattazione integrativa. Nessun valore potevano quindi assumere nei confronti dell’INPS eventuali valutazioni o determinazioni assunte dalla ASL, precedente datore di lavoro del G..

2. Con il secondo motivo l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, dell’art. 1406 c.c. e 1409 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Rappresenta che il riconoscimento del diritto alla posizione C3 (che, ad avviso del G. corrisponderebbe alla posizione economica B3 degli enti pubblici non economici) era avvenuto con provvedimento della Asl del 7.9.2004, successivo al passaggio del dipendente nei ruoli dell’INPS (1.3.2002), ma con effetto retroattivo dal 1.1.2002. Poichè la mobilità verso l’Istituto si era già conclusa e definitivamente esaurita alla data del 1.3.2002, non potevano essere opposti all’Ente gli effetti di un provvedimento adottato dal precedente datore di lavoro.

2.1. Deduce l’INPS che nella procedura di mobilità volontaria assume rilievo determinante la qualifica conosciuta e conoscibile dall’Amministrazione di destinazione, posseduta dal dipendente al momento della presentazione della domanda di mobilità o, al più, quella posseduta al momento dell’effettivo trasferimento presso il nuovo ente. Nessun rilievo possono avere eventuali modifiche della posizione di inquadramento intervenute successivamente al passaggio alle dipendenze dell’ente di destinazione.

3. Il ricorso è fondato.

4. Occorre ricordare che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, comma 1, primo e secondo periodo, nel testo vigente all’epoca dell’attuazione della mobilità volontaria di cui si discute, stabiliva che “1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell’amministrazione di appartenenza. 2. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l’attuazione di quanto previsto dal comma 1”. I primi due commi dell’art. 30 sono stati modificati dapprima dal L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 16 e poi dal D.Lgs. n. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 49, che hanno sostituito la locuzione “passaggio diretto” con quella “cessione del contratto”; è rimasta invariata la previsione secondo cui con la procedura di mobilità volontaria è possibile coprire posti vacanti con “dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento”; come pure è rimasta invariata la previsione secondo cui è richiesto il consenso dell’amministrazione di appartenenza. Nuove modifiche sono state apportate dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 30, primi due commi, conv. con modif. in L. 11 agosto 2014, n. 114, che ha ripristinato la locuzione “passaggio diretto di dipendenti” in luogo di quella “cessione del contratto”. E’ stato pure ribadito che, per l’attuazione della mobilità, il dipendente che ne fa domanda deve possedere una “qualifica corrispondente” a quella relativa al posto vacante. Resta fermo che occorre la domanda del dipendente e l’assenso dell’amministrazione di appartenenza. E’ stato altresì espressamente precisato che le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere.

5. In tema di mobilità volontaria di personale da un’amministrazione all’altra il D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 30, questa Corte ha affermato che si verte in un’ipotesi di modificazione meramente soggettiva del rapporto (Cass., sez. un., n. 26420 del 2006 e n. 19251 del 2010). In tale contesto le Sezioni Unite, rilevato il carattere atecnico dell’espressione “passaggio diretto”, e la conseguente necessità di ricondurre la relativa fattispecie nell’ambito di uno “schema dogmatico”, hanno ritenuto di poter inquadrare il passaggio diretto nella fattispecie della cessione di contratto disciplinata dagli artt. 1406 c.c. e segg. che infatti, come precisato, ad esempio, da Cass. 5 novembre 2003 n. 16635, comporta il trasferimento soggettivo del complesso unitario di diritti ed obblighi derivanti dal contratto, lasciando immutati gli elementi oggettivi essenziali e realizzando soltanto una sostituzione soggettiva (v. pure Cass. n. 24724 del 2014).

6. Deve però anche osservarsi che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, stabilisce la regola, rimasta invariata nelle diverse versioni della norma succedutesi nel tempo, secondo cui con la procedura di mobilità volontaria è possibile coprire posti vacanti con “dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento” (“qualifica corrispondente”, nell’ultima versione della norma). E’ dunque richiesto, per il perfezionamento dell’accordo, che il dipendente “appartenga alla stessa qualifica” del posto resosi vacante e messo a disposizione dall’Amministrazione ad quem, ossia l’accordo trilaterale si perfeziona sulla base di tale requisito causale del contratto di cessione.

6.1. In particolare, con la presentazione della domanda, il dipendente manifesta la volontà di essere trasferito con la qualifica in quel momento dichiarata e posseduta presso altra Amministrazione dove si è verificata una corrispondente vacanza; con riferimento alla stessa domanda, l’Amministrazione ad quem è posta in grado di valutare la posizione e la qualifica dichiarata e rivestita dal dipendente rispetto alla necessità di ricoprire una precisa vacanza di posti in organico, secondo la programmazione del fabbisogno di personale e nel rispetto dei limiti di budget. Una volta perfezionato l’accordo su tali basi, si realizza il passaggio diretto, rispetto al quale restano del tutto irrilevanti eventuali successive modifiche della posizione di inquadramento del dipendente presso l’ente di provenienza. Difatti, siffatti provvedimenti, adottati successivamente al trasferimento o al momento in cui si è perfezionato l’accordo sul trasferimento, ancorchè con effetto ex tunc, sono riferibili all’ente di provenienza, ormai estraneo al rapporto di lavoro del dipendente trasferito.

7. Questa Corte intende, pertanto, dare continuità all’orientamento recentemente espresso con le sentenze nn. 19925 e 20328 del 2016 (22.6/10.10.2016), di cui si riportano – di seguito – i passaggi salienti.

7.1 Dall’intervenuto accoglimento della domanda di passaggio ad altra amministrazione in relazione alla qualifica esposta nella domanda stessa, con inquadramento nella qualifica corrispondente, non discende il diritto per il dipendente ad ottenere, in ordine al rapporto di lavoro costituito su tale base, il superiore inquadramento in ragione della qualifica superiore acquisita, nelle more del passaggio stesso, nell’amministrazione di provenienza, atteso che il passaggio è chiesto ed avviene proprio in ragione di una disponibilità creatasi nell’organico dell’Amministrazione di destinazione, nella qualifica prevista.

7.2. La domanda di passaggio non può essere scissa dalla qualifica per cui è chiesta in ragione delle disponibilità palesate dall’Amministrazione di destinazione, nè dall’atto di quest’ultima, che dà corso al passaggio, può essere scorporato quanto relativo al trasferimento da quanto relativo alla qualifica per cui lo stesso è effettuato, non sussistendo un diritto del dipendente al passaggio indipendentemente dal posto in organico per cui è stato chiesto e disposto”.

7.3. Non appare coerente con le esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, in ragione di quanto previsto dal citato D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30, che un ente terzo incida sul rapporto di lavoro presso altra P.A., potendone conseguire un possibile pregiudizio per l’organizzazione e la programmazione del fabbisogno di personale e delle risorse finanziarie dell’ente titolare del rapporto di lavoro, sia quando il superiore inquadramento sia disposto dall’Amministrazione di provenienza dopo il passaggio, con effetto ex tunc, sia quando lo stesso sia disposto dopo la domanda avente ad oggetto il passaggio in altra Amministrazione.

8. In conclusione, una volta perfezionato l’accordo trilaterale relativo alla copertura di un determinato posto vacante in organico, non possono influire le successive determinazioni dell’Amministrazione di provenienza, pur essendo le stesse, come nel caso di specie, adottate con efficacia ex tunc e riferite ad epoca nella quale il dipendente non era ancora transitato nei ruoli dell’Amministrazione ad quem. La soluzione proposta dall’originario ricorrente, oltre a confliggere con il principio generale sopra richiamato, non appare coerente con la esigenza costituzionalmente avvertita di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, laddove consente ad un ente terzo rispetto al rapporto di lavoro di incidere con propri provvedimenti sul detto rapporto, con possibile pregiudizio delle prerogative organizzative e di programmazione del fabbisogno del personale e delle risorse finanziarie dell’ente titolare del rapporto di lavoro (così Cass. n. 17117 del 2013).

9. Pertanto, correttamente il ricorrente è stato inquadrato, una volta transitato nei ruoli dell’INPS, nella posizione economica corrispondente a quella per la quale aveva avanzato domanda di passaggio e per la quale si era creata l’esigenza dell’Istituto di dare corso alla copertura mediante la procedura di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 30.

10. Il ricorso proposto dall’Istituto va dunque accolto e la sentenza deve essere cassata. Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la Corte decide nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda.

11. Tenuto conto dell’esito alterno nel giudizio di merito e della novità della questione, le spese di ogni fase del processo sono compensate tra le parti.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 gennaio 2017

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