Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3997 del 19/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3997 Anno 2014
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: ACIERNO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 27506-2012 proposto da:
RHARIBI HICHAM (RHRHHM75E17Z3300 elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI 8, presso lo studio
dell’avvocato PRECENZANO FRANCESCO, rappresentato e difeso
dall’avvocato CHILOVI VASCO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
QUESTURA DI TRENTO in persona del Questore pro-tempore e
MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti –

ACAO%

Data pubblicazione: 19/02/2014

avverso il decreto nel procedimento R.G. 3127/2012 del GIUDICE
DI PACE di TRENTO, depositato il 25/09/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO.

Ric. 2012 n. 27506 sez. M1 – ud. 17-12-2013
-2-

Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art.
380 bis cod. proc. civ. in ordine al procedimento civile
iscritto al R. G. 27506 del 2012;
“La Questura di Trento rigettava la richiesta di rinnovo del

considerazione del fatto che l’immigrato era stato condannato
per reati ostativi. Tale provvedimento veniva impugnato dal
cittadino straniero davanti al TAR, il quale rigettava
l’istanza di sospensiva da lui proposta. Nelle more del
giudizio amministrativo la Questura di Trento notificava a
Rharibi Hicham decreto di espulsione e ordine di
allontanamento sul rilievo che il cittadino straniero era
presente irregolarmente sul territorio nazionale, essendo
stata rigettata l’istanza di rinnovo del permesso di
soggiorno. Rharibi Hicham impugnava tempestivamente tali
provvedimenti davanti al giudice di pace di Trento, deducendo
che : l) il provvedimento espulsivo era illegittimo perché il
mancato rinnovo del permesso di soggiorno non era contemplato
da nessuna delle ipotesi di cui all’art. 13, comma 2, lett.
B, del TU 286 del 1998 come causa espulsiva; 2) il decreto
di espulsione doveva essere sospeso fino a quando il TAR non
si fosse pronunciato sull’impugnazione del decreto di diniego
del rinnovo del permesso di soggiorno, giacché il cittadino
straniero non poteva essere espulso sulla sola base del
rigetto della domanda di sospensiva rivolta al TAR, ma solo

permesso di soggiorno avanzata da Rharibi Hicham in

all’esito della pronuncia del giudice amministrativo; 3) il
questore, nel rigettare la richiesta di rinnovo del permesso
di soggiorno, non aveva considerato che, ai sensi dell’art.
29, comma 5 e 5 bis del D.lgs. 286 del 1998, avrebbe dovuto

e i vincoli familiari nel paese d’origine e la durata del
soggiorno in Italia. Il giudice di Pace respingeva il
ricorso, osservando che : l) il diniego di rinnovo del
permesso di soggiorno costituiva un efficace annullamento o
rifiuto implicito, non avendo comunque il ricorrente
dimostrato di possedere altro titolo equipollente; 2) la r
mancata sospensiva da parte del TAR costituiva espressione di
un giudizio che sarebbe stato vanificato ove il provvedimento
del g. d. p. fosse stato immotivatamente di segno opposto; 3)
il terzo motivo era inammissibile perché ritualmente proposto
davanti al giudice amministrativo.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione
Rharibi Hicham, affidandosi ai seguenti motivi:
con il primo è stata denunciata la violazione e falsa
applicazione dell’art. 13, comma 2, lett. b), del d.lgs. 286
del 1998 e dell’art. 5, comma 5 del d.lgs. 286 del 1998 dal
momento che, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di
pace, non poteva essere disposta l’espulsione per mancato
rinnovo del permesso di soggiorno. Secondo il ricorrente

operare un giudizio di bilanciamento tra il precedente penale

l’art. 13, comma 2, lett. b), del d.lgs. 286 del 1998, nel
prevedere che il decreto espulsivo possa essere emanato solo
“quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato
o rifiutato ovvero scaduto da più di sessanta giorni e non è

diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ricorrente nel
caso di specie;
con il secondo è stata dedotta la violazione dell’art. 13 del
TU 286 del 1998, in quanto il giudice di pace avrebbe dovuto
dichiarare l’illegittimità del decreto di espulsione per
essere stato adottato prima della pronuncia del TAR
sull’impugnazione del diniego del rinnovo del permesso di
soggiorno;
con il terzo motivo è stata censurata la violazione degli
artt. 29 e 5, comma 5 e 5 bis, del d.lgs. 286 del 1998, e
l’omessa motivazione, in quanto il Questore avrebbe potuto
procedere all’espulsione solo se, all’esito del giudizio di
bilanciamento, avesse ritenuto prevalente il precedente
penale riportato dal ricorrente rispetto ai legami familiari
e sociali intrattenuti nel paese d’origine e alla durata del
soggiorno in Italia.
Ha resistito con controricorso la Questura di Trento.
Ritenuto che il primo motivo e il secondo motivo, i quali
possono essere trattati congiuntamente per l’identità della

stato richiesto il rinnovo”, escluderebbe l’ipotesi del

norma che si assume violata, devono essere dichiarati
manifestamente infondati. Secondo il costante orientamento di
questa Corte, quando il permesso di soggiorno dello straniero
sia stato annullato, o revocato, ovvero ne sia stato negato

dell’art. 13, secondo comma, lettera b), del decreto
legislativo n. 286 del 1998, l’espulsione dello straniero
medesimo (ex multis Cass. 3 aprile 2003, n.5127; n. 1214 del
20/01/2005; n. 19447 del 2007; n. 4635 del 2012). Il giudice
di pace ha dunque correttamente ritenuto che il diniego di
rinnovo del permesso di soggiorno, pur non espressamente
previsto dal testo della norma in esame come causa espulsiva,
legittimasse l’adozione del provvedimento espulsivo, giacché
il presupposto dell’espulsione nei casi previsti dall’art.
13, comma 2, lett. b), è la presenza irregolare del cittadino
straniero nel territorio nazionale, la quale consegue alla
reiezione della richiesta di rinnovo del permesso di
soggiorno, se il cittadino straniero non vanta altro titolo
equipollente. Peraltro l’impugnazione del provvedimento di
diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, non sospende
il potere espulsivo, essendo quest’ultimo caratterizzato
dall’automatismo al mero decorrere da una situazione di
irregolare presenza sul territorio del cittadino
extracomunitario. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire
che in tema di disciplina dell’immigrazione, poiché il

il rinnovo, il prefetto è tenuto a disporre, in applicazione

provvedimento amministrativo di espulsione dello straniero
extracomunitario è obbligatorio e a carattere vincolato, il
giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare
l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di

configurare un obbligo di sospensione necessaria del relativo
procedimento qualora ne sia pendente un altro nel quale si
controverta dell’esistenza dei presupposti idonei a
legittimare l’adozione del relativo decreto (Cass. S. U. n.
22217 del 16/10/2006; S.U. 22221 del 16/10/2006; n. 22367
del 25/10/2007; n. 18432 06/08/2010);
che il terzo motivo è manifestamente infondato, nella parte
in cui si deduce l’omessa motivazione, avendo il giudice di
pace, seppure con motivazione sintetica, spiegato le ragioni
della ritenuta inammissibilità della doglianza, e
inammissibile laddove si denuncia del tutto genericamente il
vizio di violazione dell’art. 29 e 5, comma 5 e 5bis, del
d.lgs. 286 del 1998.
In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il
ricorso deve essere respinto.”
Ritenuto che il collegio aderisce senza rilievi alla
relazione e che deve essere applicato il principio della
soccombenza in ordine alle spese di lite;
P. Q. M.

legge che ne impongono l’emanazione, senza che sia possibile

C’1)

n–ttrt,i 9M- ;
11 Detu, cffit, leAt

La Corte,

r

rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento
delle spese del presente procedimento che liquida in euro

CL

1200, per compensi turo 200, per esborsi’ oltre accessori di

Così deciso in Roma nella camera di consiglio 17 dicembre
2013.

in favore della parte contro ricorrente.

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